Joni
Mitchell, James Taylor & Phil Ochs Amchitka
[Greenpeace 2009]
Da dove preferireste che si cominciasse? Da un'introduzione su Greenpeace
e sui suoi nobili obiettivi? Dalle considerazioni su questa uscita (in ritardo
di quasi quarant'anni) e sui tanti benefit-concert sparsi negli anni che mancano
ancora all'appello discografico? Oppure che vi parlassimo dei tre protagonisti
di questa serata? Decidiamo noi: partiamo da Phil Ochs, ma come pretesto
per parlare di tutto. Che vuol dire partire da uno sconfitto che vuole combattere
ancora mille battaglie, da un ex folk singer del Greenwich Village che nel 1970
si è giocato tutto il credito che il mondo era disposto a dargli (pochissimo a
dir la verità…), e che a febbraio licenziò con l'improbabile Greatest Hits (il
titolo più ironico della storia del rock) il suo ultimo album in studio. Persi
i contratti e la voglia di scrivere nuove canzoni, Ochs sarebbe andato subito
alla deriva (ci arrivò con più calma sei anni dopo) se non avesse incontrato
Irving Stowe, colui che nel 1966, cercando di fermare i test nucleari statunitensi
nell'isola Amchitka in Alaska, inventò quasi per caso l'organizzazione ecologista
Greenpeace. Questo concerto interamente acustico, organizzato da Stowe
nell'ottobre del 1970, è da sempre considerato il vero e proprio start-up dell'organizzazione
a livello internazionale, e da qui in poi Ochs avrebbe dato vita e partecipato
a concerti di beneficienza per tutti gli ultimi anni della sua vita, con tutta
la sua tipica cieca caparbietà, ma anche una lucida abilità nel cogliere i temi
di interesse futuro per cui combattere. Amchitka potrebbe dunque
essere il primo dei tanti possibili omaggi che si dovrebbero fare a questo sfortunato
e lungimirante artista, se solo si scavasse bene negli archivi e si cercassero
i suoi concerti a favore di Salvador Allende, John Sinclair, George McGovern o
la gran celebrazione della fine della guerra del Vietnam ("War Is Over" del 1975,
con John Lennon tra i tanti illustri ospiti), da lui fortemente voluta, e incredibilmente
mai pubblicata su disco. Anche perché il suo set qui presente rappresenta il meglio
dell'Ochs più tagliente e incazzato, con convinte versioni di Rhythms
of Revolution, Chords of Fame,
l'immancabile I Ain't Maching Anymore e la
torrenziale Joe Hill. Una testimonianza ben
lontana da quella che offrirà il suo ultimo live Gunfight at Carnegie Hall (pubblicato
nel 1975, ma registrato sei mesi prima di questo concerto), dove scimmiottava
Elvis Presley per affondare definitivamente la sua credibilità di giornalista-cantante.
La parte di Ochs occupa metà del primo dei due cd, giusto il tempo di
suonare otto brani prima di farsi sostituire da un James Taylor fresco
di insperato successo e notorietà, come lui stesso ribadisce presentando Carolina
In My Mind. La parte di Taylor, costituita da sette strafamose canzoni
tratte dai suoi primi tre album (Fire And Rain
è sempre un colpo al cuore in qualunque veste la si presenti) è interessante soprattutto
perché non vi sono sue testimonianze live del periodo, anche se James non è uomo
da grandi variazioni sul tema e si tiene ligio agli originali. L'intero secondo
cd è invece dedicato alla giovane Joni Mitchell, vera mattatrice della
serata. Cinquanta minuti frizzanti e convinti i suoi, che servirono anche a presentare
al pubblico alcuni inediti che costituiranno l'ossatura del suo disco successivo
(il capolavoro Blue), vale a dire My Old Man,
A Case Of You (presentata con un titolo molto
più lungo) e una versione da dieci minuti di Carey
in medley con una Mr. Tambourine Man di Dylan
cantata a due voci con James Taylor. La Mitchell appare in forma, e la giocosa
versione di Big Yellow Taxi che si trasforma
nel classico Boney Maroney (con la memorabile
rima iniziale "I got a girl name of Boney Maroney, she's as skinny as a stick
of macaroni"), così come i classici Woodstock
e The Circle Game, sono più che vibranti.
Una testimonianza importante che va a coprire il periodo più da folk singer pura
della Mitchell, visto che di lì a quattro anni il live Miles Of Aisles racconterà
già una Joni diversa. Considerazioni sociali a parte sull'argomento
Greenpeace (per le quali rimandiamo al ben redatto booklet di 48 pagine, che racconta
tutto il raccontabile sull'argomento), il gran valore musicale di Amchitka è quello
di essere formato da tre live realmente inediti e storicamente necessari per capire
i percorsi di tre grandi artisti della canzone americana. E vista la gran quantità
di materiale pressoché inutile e ridondante, pubblicato dalle case discografiche
in questi ultimi vent'anni di forsennato recupero di vecchi archivi, non è davvero
poco. (Nicola Gervasini)
www.amchitka-concert.com
www.greenpeace.it
La scaletta Disc One 1. Introduction Irving Stowe
2. Introduction of Phil Ochs 3. "The Bells" 4. "Rhythms of Revolution"
5. "Chords of Fame" 6. "I Ain't Maching Anymore" 7. "Joe Hill"
7:10 8. "Changes" 9. "I'm Gonna Say It Now" 10. "No More Songs"
11. Introduction of James Taylor 12. "Something in the Way She Moves"
13. "Fire and Rain" 14. "Carolina in My Mind" 15. "Blossom"
16. "Riding On a Railroad" 17. "Sweet Baby James" 18. "You Can Close
Your Eyes" Disc Two 1. Introduction of Joni Mitchell 2. "Big Yellow
Taxi"/"Bony Maroney" 3. "Cactus Tree" 4. "The Gallery" 5. "Hunter"
6. "My Old Man" 7. "For Free" 8. "Woodstock" 9. "Carey"/"Mr.
Tambourine Man" (Bob Dylan) [duet with Taylor] 10. "A Case of You" 11.
"The Circle Game" [duet with Taylor] |