Bonnie Prince Billy
Best Troubador
[Domino/ Self 2017]

dragcity.com

File Under: remembering Hag

di Domenico Grio (06/06/2017)

Non c'è dubbio che quello passato è stato un annus horribilis per la musica rock, proprio lo stesso anno, ironia della sorte, in cui gli accademici di Stoccolma hanno assegnato alle canzoni di Bob Dylan la valenza di straordinarie opere letterarie. Da David Bowie a Leonard Cohen, da Keith Emerson a Paul Kantner, da Prince a George Martin, la lista degli artisti che ci hanno lasciato nel corso del 2016 è lunghissima e tra questi impossibile dimenticare Merle Haggard, uno dei grandi "fuorilegge" del country, eccellente songwriter e assiduo frequentatore delle charts americane. Bonnie Prince Billy, al secolo Will Holdham, non era un semplice fan di Merle ma nutriva nei suoi confronti un'autentica venerazione, ragion per cui questo album integralmente composto da cover del leggendario "troubador" di Bakersfield non sorprende affatto.

Certo, un'operazione del genere presentava ab origine grossi rischi e un atto di amore poteva facilmente trasformarsi in un tributo povero di slanci emozionali per eccessiva fedeltà o, al contrario, in un'eccentrica ed inconsciamente irriverente reinterpretazione di brani entrati a far parte del patrimonio comune. L'ex Palace Bros invece fa centro e riesce a cogliere l'essenza delle storie in musica narrate dal grande maestro. Non c'è nulla di banale nelle rivisitazioni offerte ma, al contempo, non c'è neppure nulla di inadeguato, di infedele, nulla di autoreferenziale o di omologato. La scelta dei brani appare già piuttosto significativa. Will non concede troppo al pubblico e scava soprattutto ai margini del repertorio di Merle, privilegiando evidentemente le atmosfere e le storie. Il cosiddetto "Baskersfield Sound" (contrapposto all'epoca al Nashville Sound) che prende a base il country folk di Jimmy Rodgers, arricchito dallo swing e dal rock'n'roll, viene addolcito dall'inserimento di diversi strumenti a fiato e rivisitato con arrangiamenti tenui e sofisticati. Le ballate si fanno evocative, anche grazie all'intreccio di voci (belli i duetti con A.J. Roach e Mary Feiock, ospiti del progetto assieme al fido Emmett Kelly ed all'ottimo chitarrista Matt Sweeney) e lo spirito dell'autore rimane vivido, imprescindibile.

Gli slanci elettrici non trovano dimora in questa ricerca introspettiva e la scelta di confezionare questo lungo ed elegante necrologio limita inevitabilmente lo spazio alle virate honky tonk. Tutto ciò evidenzia certamente una visione molto personale ed anche forse piuttosto eccentrica dell'universo espressivo di Merle ma manifesta il personalissimo accesso di Will a queste canzoni, la sua libera ed amorevole traduzione di quel mood che le ha prodotte. Del resto lo stesso titolo dell'album e l'idea di registrare i pezzi nell'intimità delle mura domestiche, tradiscono chiaramente questa ricerca poetica e, in questo senso la musica diventa solo il tramite per scavare a fondo l'animo dell'autore e contribuire a renderne inestinguibile la figura. Sincero e passionale, questo Best Troubador arricchisce la discografia di Bonnie Prince Billy ma si deve rispettosamente aggiungere anche alla produzione di Merle Haggard, alla stregua di una biografia atipica e fascinosa.

Tracklist
1 The Fugitive // 2 I'm Always On a Mountain When I Fall // 3 The Day the Rains Came // 4 Haggard (Like I've Never Been Before) // 5 I Always Get Lucky With You // 6 Leonard // 7 My Old Pal // 8 Roses In The Winter // 9 Some Of Us Fly // 10 Wouldn't That Be Something // 11 Pray // 12 That's the Way Love Goes // 13 Nobody's Darling // 14 What I Hate (Excerpt) // 15 I Am What I Am // 16 If I Could Only Fly



    

 


<Credits>