La genesi di Standards riassume in sé la storia, la carriera e l'indole
di Lloyd Cole, enfant prodige protagonista di due bellissimi esordi, Rattlesnakes
(con i Commotions) nel 1984 e l'omonimo debutto solista nel 1990, e di molti ups
e altrettanti downs che l'hanno accompagnato fin qui. Quando è uscito Tempest,
a chi gli aveva chiesto una recensione Lloyd Cole rispose che non era soltanto
uno dei migliori dischi che Dylan avesse mai fatto, ma che aveva una carica di
energia stupefacente, senza contare i 72 anni sulle spalle. Detto senza errori
di traduzione, Lloyd Cole ha sentito Tempest come "un calcio nel culo". Messa
da parte per un attimo la sua proverbiale autoindulgenza, si è domandato cosa
sarebbe successo se avesse lavorato con la stessa passione dylaniana alla sua
disordinata raccolta di versi, appunti e frammenti di canzoni.
Una questione
delicata, una risposta dignitosa. Fin dalla scelta dei musicisti, Standards riparte
da lontano, ovvero proprio da Lloyd Cole: Matthew Sweet al basso (un altro che
dovrebbe seguire l'esempio dylaniano), l'indispensabile Fred Maher alla batteria
e persino il tastierista dei Commotions, Blair Cowan. Manca soltanto Robert Quine,
che nel frattempo se ne è andato, ed è sostituito alle chitarre da Mark Schwaber,
Matt Cullen e dallo stesso Loyd Cole (nonché dal figlio Will), ma neanche in quattro
riescono a rimpiazzarlo. L'idea di fondo di Standards, quella di recuperare le
vibrazioni di un certo sound di New York, da Lou Reed in poi, rimane una promessa,
una delle tante. Ci sono degli Standards dichiarati come California
Earthquake scritta milioni di anni fa da John Hartford e resa nota
ai più nella versione dei Mamas & Papas, ci sono degli Standards come il riff
di Opposite Days, che è una variazione sul
tema di Marquee Moon e comunque non è una scoperta visto che anche con i Commotions
Lloyd Cole concludeva i concerti con Glory, dal secondo disco dei Television,
Adventure.
C'è un piccola autocitazione di fondo in Blue
Like Mars che somiglia molto da vicino a No Blues Skies (dal suo primo
disco solista) e bisogna dire che una certa grazia, almeno nelle ballate, Lloyd
Cole non l'ha mai persa. C'è tutto sommato un buon disco che, pur essendo persino
meglio del precedente Broken Record, e di sicuro uno dei suoi migliori, fino all'ultima
nota di Diminished Ex sembra volerci ricordare che per raggiungere Standards
più elevati (e nemmeno quelli di Dylan, che stanno in un'altra dimensione) esiste
soltanto una particolare spinta e che quel "calcio nel culo" Lloyd Cole avrebbe
dovuto prenderlo o darselo molti anni fa.