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Spoon
Lucifer on the Sofa
[Matador 2022]

Sulla rete: spoontheband.com

File Under: rock reincarnation


di Fabio Cerbone (21/02/2022)

È curioso e anche un po’ colpevole il fatto che le strade di RootsHighway non si siano mai incrociate con la carriera musicale degli Spoon: avrei giurato che almeno il loro celebrato exploit di critica e pubblico del 2007, Ga Ga Ga Ga Ga, ritenuto giustamente uno degli album chiave dell’indie rock di quella stagione, avesse fatto capolino da queste parti. Pazienza, non è mai troppo tardi per recuperare il tempo perduto e parlare oggi della band texana (da lì arrivano i due membri fondatori rimasti, il vocalist Britt Daniel e il batterista Jim Eno), specialmente se in occasione di un disco, il decimo di studio dall’esordio del 1996, che sembra riportare tutto a casa, all’essenza più rock con cui si erano formati.

Lucifer on the Sofa possiede tutte le caratteristiche per colpire nel segno, sia per chi li ha sempre apprezzati e agognava magari un ritorno alle trame più grezze e instintive del passato, sia per chi non li ha mai presi in considerazione e scoprirà in questi dieci brani una rock’n’roll band che riesce a suonare classica e inventiva al tempo stesso, con i piedi ben saldi nelle fondamenta post punk e “indipendenti” che li hanno caratterizzati fin dagli esordi. Per compiere questo salto, Britt Daniel e soci si sono lasciati alle spalle la sborna di suoni più sintetici che avevano preso il sopravvento soprattutto nel precedente Hot Thoughts (2017), ricreando invece le dinamiche live nella stessa incisione di studio, tenutasi fra Los Angeles e Austin con il produttore Mark Rankin (Adele, Queens of the Stone Age). Proprio il contatto con l’amata Austin, casa natale degli Spoon, da dove partì la loro avventura musicale a metà degli anni Novanta, è stata la miccia che ha acceso il fuoco di Held, curiosa cover di un brano di Bill Callahan (Smog), spesso suonata dal vivo dagli Spoon e qui piazzata in apertura per dettare il passo all’intera prima parte di Lucifer on the Sofa.

Con il twang pungente delle chitarre che avanza in The Hardest Cut l’album prosegue su questo sentiero, affondando mani e piedi nella terra blues e classic rock, un po' come fecero a suo tempo i Primal Scream, rileggendola con la sensibilità moderna del gruppo, che non si dimentica di avere tra le sue armi migliori una qualità degli arrangiamenti sempre in grado di suscitare esplosioni pop (My Babe, Feels Alright, i colori sixties espressi in Astral Jacket), ritmiche combattute fra ricordi new wave (il peana di On The Radio) e funk, e un uso intelligente degli intrecci fra tastiere e chitarre (Satellite). Accade poi che i fiati dettino l’andatura soulful di The Devil & Mister Jones, mentre il singolo Wild pulsa con un beat accattivante e si avvia sulle tracce di una ballata rock dall’epica stradaiola, sebbene il gioiello inaspettato sia posto in chiusura, proprio con Lucifer on the Sofa, un sinuoso brano notturno che sguscia tra suoni d’ambiente e sax.

Disco dalla lunga gestazione artistica, iniziato addirittiura alla fine del 2018 dopo la chiusura del tour del citato Hot Thoughts, ripreso e interrotto più volte nei due anni successivi, anche a causa delle restrizioni interventute con la pandemia, Lucifer on the Sofa si trascina così appresso diversi piani e approcci, ma il lavoro finale di produzione (nel quale sono intervenuti anche Justin Raisen e Dave Fridmann) ha rimesso insieme tutti i pezzi, fornendo una uniformità invidiabile alle singole canzoni.


    


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