Condividi
     
 

Ryley Walker
Course in Fable
[Husky Pants/ Goodfellas 2021]

Sulla rete: ryleywalker.com

File Under: confini rock


di Fabio Cerbone (06/04/2021)

Non manca il senso del rischio a Ryley Walker, una costante revisione del suo linguaggio musicale, qualcosa che forse dipende dai suoi stessi luoghi oscuri, essendo un artista e un uomo con più di un fantasma appollaiato sulle spalle. Da qui l’impressione che, strada facendo, imbrigliare la sua opera in uno stereotipo sarà sempre più complicato. La risposta è nei sette brani e nei quaranta minuti di Course in Fable, il primo album di materiale non strumentale, se si eccettua l’eccentrico esperimento di The Lillywhite Sessions, da tre anni a questa parte. Un periodo trascorso abbandonandosi in mille rivoli e collaborazioni, che sono sempre stati il confronto quotidiano per alimentare il fuoco della sua ispirazione, e che tuttavia qualche volta sentono l’esigenza di tornare sulla via principale, tagliando adesso il traguardo del quinto album ufficiale.

Il seguito ideale di Deafman Glance ribadisce lo scarto “progressivo” dell’autore di Chicago, ora trasferitosi a New York: sulla linea più cerebrale che ha assunto il suo gesto musicale, Ryley Walker sembra abbandonare quasi del tutto il lirismo folk degli esordi, quella pastoralità che caratterizzava dischi rivelazione come Primrose Green e che via via si è sfilacciata in trame ritmiche più complesse, se non del tutto arzigogolate, in melodie nascoste fra sperimentazioni più ardite. Un bene o un male a seconda delle inclinazioni personali d’ascolto, ma la verità forse la conosce soltanto Walker, che di certo non ha svenduto la ricerca della sua arte, qui messa a contatto con una sorta di padre spirituale per la sua formazione di musicista, quel John McEntire, maestro del post rock di Chicago, che produce e smussa con interventi risolutivi, facendo di Course in Fable un omaggio nemmeno tanto celato alla stagione musicale cittadina vissuta negli anni Novanta (dai fondamentali Tortoise a Jim O’Rourke).

Insieme a una quartetto completato da collaboratori fidati di Ryely Walker - Andrew Scott Young (Health & Beauty) al basso, Bill Mackay alla seconda chitarra e piano, Ryan Jewell alla batteria - l’intero album sguscia tra momenti di improvvisazione e scansioni rimiche figlie di Krautrock, musica cosmica e scie prog, di tanto in tanto facendo affiorare ancora un rivolo di folk dalle tinte psichedeliche. Per nulla accomodante nel suo sviluppo, Course in Fable richiede una sintonia assoluta per entrare in contatto con le sue eccentricità e quel procedere sonico che lo contraddistingue: i contorni jazz rock di Striking Your Big Premier e l’apertura melodica del canto cercano di farci accomodare, e altrettanto la leggadria di Rang Dizzy, con l’incontro tra folk rock e progressive, forse l’episodio più affezionato al passato di Ryley insieme alla conclusione di Shiva With Dustpan, persino con una delicata sezione d’archi arrangiata da Douglas Jenkins. L’apparizione di A Lenticular Slap è già un’altra storia, il suo ordito di chitarre e l’inseguirsi di accelerazioni/decelarazioni segna uno stacco che avrà uno sviluppo nella più scontrosa Axis Bent, pronta a deragliare in un finale da cacofonia noise rock, mentre Clad with Bunk allarga le maglie psichedeliche. Il punto di non ritorno è collocato in Pond Scum Ocean, beat elettronici su incedere post rock minimalista che potrebbero coinvolgere i Wilco più avventurosi.

Un po’ astratta, spesso e volentieri impressionistica e criptica nella stessa stesura dei testi, la scrittura musicale di Ryley Walker è un codice da decifrare nella sua mente.


    


<Credits>