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american music, southern rock di
Silvio Vinci (27/05/2013)
La nuova "Big Thing" del 2013 arriva direttamente dagli inesauribili pozzi di
Austin, Texas, si chiama Uncle Lucius. Vi confesso di non riuscire a smettere
di ascoltare il loro nuovo disco, And You are Me, bello vibrante,
fresco, ricco di quegli ingredienti che miscelati tra loro mi garantisce l'entusiasmante
sapore della novità e allo stesso tempo il rassicurante profumo del vintage rock.
Uncle Lucius, innanzi tutto, nascono come trio per diventare presto un quintetto,
passando da un country rock moderno a un più sofisticato e ricco soul rock blues
con marchiate influenze southern e rhythm and blues bianco, sono Texani dicevo
e hanno sapientemente unito generi e influenze tipicamente americani per arrivare
con questo loro terzo lavoro alla maturità piena. Il nome curioso nasce dal casuale
incontro con quello che fu il primo batterista con il Kevin Galloway Trio, che
presero in seno al gruppo un amico di un nonno, lo Zio Lucius per l'appunto, tale
J. Armstrong, poi sostituito dall'attuale Josh Greco; completano la band Mike
Carpenter, chitarra solista, Hal Jon Vorphal, bassista, Jon Grossman, tastierista
e seconda voce solista, e il leader, il barbuto Kevin Galloway, alla chitarra
ritmica e alla voce.
La band arriva, dopo due album e innumerevoli concerti
alle spalle, al terzo maturo lavoro, prodotto in parte a Nashville e rifinito
ad Austin da R.S. Fields, già produttore di Sonny Landreth, Todd Snider, Scott
Miller e Hayes Carll. L'apertura con Set Ourselves Free
è di quelle che lasciano il segno, ritmica dei nativi e iniziale riff
chitarristico capace di sollevare la polvere del deserto con l'incedere boogie-southern
rock, bello anche l'arrangiamento che frena sapientemente e trattiene come il
morso di un cavallo che vorrebbe correre nella prateria, la naturale propensione
della canzone a dilatarsi, per lasciare poi il podio alla mirabile Pocket
Full Of Misery, ricca di spunti e richiami al glorioso sound primi
settanta (Little Feat, Wet Willie) con tanto di sezione fiati a ingrassare una
song già ben ricamata (dal piano e dall''organo). Rosalia,
cantata a due voci, è una splendida rock-ballad, alla Band, periodo Big Pink,
capace di collocarsi come hit single nelle radio locali; Willing
Wasted Time, cantata dal tastierista Jon Grossman, è certamente in
linea con lo stile dei Little Feat; Keep The Wolves Away
si ritaglia come deliziosa ballata acustica, tra tanta elettricità, innescando
qua e là misurati interventi di hammond e chitarre del confine.
Il disco
scivola via che è una bellezza, sono estasiato dalla capacità degli Uncle Lucius
di far coagulare i diversi stili e generi che hanno caratterizzato la storia del
rock americano: in modo particolare su Somewhere Else
ricordano l'Allman Brothers Band periodo Brothers and Sisters. All
We've Got is Now è l'ennesimo spettacolare esempio di come ci sia una
linea comune per gruppi come Black Crowes, Gov't Mule e gli Uncle Lucius, veramente
bravi a introdurre anche frammenti gospel, con quelle pause, giochi di chitarra
ritmica e tappetti di organo, come si sente nella successiva New Drug e
ancor di più nella lenta "souleggiante" Just Keep Walking.
L'album per nostra fortuna è lungo, e abbiamo il piacere di ascoltare anche il
rovente rock blues There Is No End, con duetto
chitarra/hammond degno del miglior periodo Bad Company. Everybody Got Soul,
ancora rock southern, è una delle tre bonus tracks dell'edizione europea del disco,
che è ulteriormente arricchito con Liquor Store
(notevole l'arrangiamento cori) e la bella dilatata e morbida A Million Ways.
Grande lavoro per gli Uncle Lucius, sicuramente una bella sorpresa per
il sottoscritto, e immagino per tutti gli amanti del genere Americana, quale perfetto
connubio tra il sound americano delle radici e l'evoluzione moderna del rock che
accomuna i lettori di RootsHighway: io con And You are Me ho già il primo posto
occupato per la playlist dell'anno.