Nonostante arrivino per la prima volta sulle nostre
pagine, TheFugitives sono all’attivo da almeno un ventennio
con una buona esposizione a livello indipendente. Il quartetto è nato
a Vancouver, British Columbia e ha già percorso un corposo tratto di strada
incidendo dischi caratterizzati da un forte sapore poetico e spesso da
un impegno artistico a tutto tondo che ha portato il precedente Trench
Songs (un insieme di brani legati dal tema della guerra ambientati
nel primo conflitto mondiale) ad essere rappresentato nel 2020 con il
titolo di Ridge nei teatri del nativo Canada con notevole successo.
Adrian Glynn (chitarre, basso, piano e percussioni) e Brendan McLeod (chitarre,
ukulele e banjo) sono i due autori della band ai quali si sono uniti il
banjoista Chris Suen, già con i Viper Central, altra band di Vancouver
che interpreta con personalità le radici folk e bluegrass, e la violinista
Carly Frey, membro per qualche tempo dei Coal Porters di Sid Griffin,
per dare vita ad un collettivo prettamente acustico che definisce coordinate
folk affascinanti e ispirate. No Help Coming è per certi
versi un disco ‘militante’, pur avvolto da un’aura tutt’altro che arrabbiata
o negativa, narrando le sensazioni del vivere in un pianeta sempre più
a rischio ambientale, con le conseguenze che quotidianamente rimarcano
un cambiamento climatico che anche in Canada vede l’alternanza di devastanti
incendi e ondate anomale di calore estremo.
Per questo sesto album i Fugitives portano quindi a termine un disco fortemente
coeso che si può leggere come un racconto in cui musicalmente salta subito
all’occhio una straordinaria attenzione per gli equilibri vocali dove
tutti i quattro i membri della band si alternano alle parti soliste e
presentano con grande cura i controcanti e le armonizzazioni, già dall’apertura
‘acappella’ di No Help. Ottimi sono gli intrecci chitarristici,
sempre vibrante e struggente il lavoro di Carly Frey al violino, pregevole
anche il banjo che da’ un’impronta ancora più tradizionale a brani che
presentano un suono folk filtrato da attitudini contemporanee. La produzione
è nitida e pulita senza però risultare fredda e distaccata grazie a Tom
Dobrzanski che ha scelto di alternare ‘takes’ quasi dal vivo e poco, pochissimo
lavoro in sede di mixing per mantenere il suono naturale in tutte le sue
caratteristiche peculiari.
Edge Of The Sea ha il sapore di certe
cose dei Waterboys o dei primissimi Mumford & Sons, così come la seguente
It Might Just Rain Like This For Days che contribuisce a segnare
la strada dell’album dopo la citata intro vocale. Simple Song ha,
come suggerisce il titolo, la semplicità degli Everly Brothers, a cui
si può accostare, Dead Money è invece quasi ‘grassy’ e più tradizionale.
Canzoni come Story Of Our Times e Advice (dalle sfumature
quasi ‘younghiane’) celebrano con bravura una classica canzone d’autore
di stampo folk mentre struggenti e commoventi sono le melodie della title-track
No Help Coming e After You’re Gone
(con la breve coda di un respiro, quello della Terra, che sfuma nel silenzio).
Un capitolo importante nella discografia dei Fugitives e anche l’occasione
di accostare una bella realtà della scena canadese.