Autore e chitarrista olandese tra i più apprezzati
sulla scena europea, un curriculum internazionale che lo ha portato a
collaborare con diversi musicisti americani e inglesi (per esempio con
Iain Matthews, nel progetto Matthews Southern Comfort), Eric Devries
si propone in veste quasi totalemente acustica nel nuovo album
Song & Dance Man. Dodici brani originali incisi dal vivo in studio
con l’apporto di un ristretto manipolo di strumentisti, tra i quali spiccano
il produttore Janos Koolen, il bassista Lucas Beukers e il violinista
Joost van Es, mentre Sophie Janna (The Lasses) partecipa in qualità di
seconda voce femminile, arricchendo la dolcezza di queste ballate.
American roots music nella sua forma più pura, con evidenti influenze
bluegrass e folk, la proposta di Devries conferma una volta di più le
qualità del movimento nord-europeo quando si tratta di interpretare questi
linguaggi e di risultare credibili tanto quanto gli “originali” americani.
Devries d’altronde dispone di mezzi tecnici per non scadere in una copia
impersonale, sa giostrare la materia, che frequenta dalla fine degli anni
Settanta (gli esordi in ambito più rock), avendo poi dato vita a numerosi
progetti, paralleli alla sua carriera solista, come Songwriters United
o gli Hidden Agenda Deluxe insieme al collega BJ Baartmans. Un’esperienza
che si riversa nella costruzione certosina di questo album dalla natura
intima, con liriche che si ispirano alla migliore tradizione dei songwriter
americani, prestando attenzione ai duri colpi della vita, alla fragilità
umana, alla lotta fra l’inseguire i propri sogni e il prezzo di scelte
sbagliate.
Tutto questo si traduce nel sound rurale del disco, aperto dalla scopiettante
chitarra in abiti rockabilly di Little White
Lies, uno dei pochi brani dalla leggera spinta elettrica, e
subito proiettato verso la campagna di Jericho Walls, con banjo
e violino a spandere profumi country/ bluegrass. Cura delle parti vocali,
intrecci acustici che ci riportano a un’altra Nashville dove migliaia
di folksinger hanno cercato fortuna, Song & Dance Man distende
il passo con il mandolino che conduce per mano la melodia del brano manifesto,
Ballad of a Song & Dance Man, mentre
Time is All è un gioiellino che si
colora di tramonti sudisti e movenze hillbilly (le stesse che ritorneranno
in Another Round). In Matters of Love riemerge una timida
chitarra elettrica, ma il cuore del brano resta pacifico e “unplugged”,
buon esempio di ballata Americana, come oggi si definirebbe, che assume
toni più romantici in All I Know How to Do, con tanto di arrangiamento
per archi e una bella interpretazione vocale di Devries (timbrica accogliente
la sua, senza picchi ma adatta come un guanto al repertorio).
Tra gli episodi che ancora si distinguono, in un album certamente omogeneo
per ambientazioni sonore, vanno ricordate la semplicità folk di Mary,
due acustiche a dialogare e una voce, oltre all’elegante chiusura di Sunday
Eve in Amsterdam, ballata con una melodia antica che si ammanta
di un raffinato contributo del clarinetto e degli archi.