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celtic roots rock
di Fabio Cerbone (12/02/2021)
L’enigma (Conundrum)
è presto risolto: non lasciatevi fuorviare dalla copertina (mai giudicare
un libro…), da quell’aspetto dimesso e un po’ “operaio” che farebbe pensare
ad un folksinger irlandese, perché Michael Schatte, canadese dell’Ontario,
imbraccia la sua Telecaster in uno scatto posto all’interno del libretto,
chiarendo alcuni punti fermi. Inciso con il contributo dell’Ontario Arts
Counsil (ah, i paesi civili!), Conundrum è il secondo album
di questo chitarrista e autore tra i più stimati della scena locale, fresco
anche di una partecipazione al famoso Memphis International Blues Challenge,
sebbene gli manchi ancora l’opportunità di imporsi a livello internazionale.
Un peccato perché il talento c’è tutto e pure il suono: Conundrum
colpisce in prima battuta non per l’originalità, semmai per la freschezza
degli arrangiamenti, la vivacità dell’esecuzione, la cura delle sonorità
che intrecciano un folk rock brillante e una passione per il blues elettrico,
un rock che si fa tradizionale e si colora di spunti roots, senza mai
imbrigliarsi in una gabbia stilistica.
Bel traguardo per un musicista che ha alle spalle il solo Turn Back
the Vikings, esordio del 2015. Quello che sorprende è la scorrevolezza
dello strumentista, che oltre alla chitarra si giostra al mandolino, violino,
organo, accordion e dulcimer, facendosi supportare da un paio di batteristi,
un bassista e il sax di Carson Freeman all’occorrenza, sguciando fra i
generi e mettendo in mostra una tecnica invidiabile. Si potrebbe partire
dal fondo e si capirebbero molte cose di Michael Schatte: Good King
Richard è un medley strumentale di tradizionali folk che il chitarrista
canadese dedica al suo eroe musicale, Richard Thompson (nel mezzo del
brano anche una citazione di The Knife Edge dello stesso Thompson).
Ne comprendiamo benissimo le ragioni, visto che l’ombra protettiva del
buon Richard fa capolino sin dal’apertura scoppiettante con
Water in the Kettle, brano che pare uscire direttamente da
Hand of Kindness, uno dei capolavori della carriera di Thompson.
Un marchio, quello del folk rock dell’ex Fairpot Convention, che emerge
anche nella nervosa e incalzante Silly Old Man o nella stessa Conundrum,
con spirali più psichedeliche ed espanse, ma che non si limita ad un gesto
imitativo.
C’è personalità nella chitarra e nella voce di Michael Schatte, il quale
sembra dividersi tra un amore verso il rock più robusto di Dry Black
Power e gli effluvi roots e le ballate elettriche che in Genevieve
e Daria incontrano l’Americana e un retrogusto pop che ricorda
i maestri Nick Lowe ed Elvis Costello, mentre la piccante Please Don’t
Dance With My Brother e il trottante rock’n’roll di Longtime Lover
viaggiano nelle braccia dell’r&b di marca texana di Delbert McClinton.
Quindici brani in scaletta costituiscono un raccolto abbondante e dopo
la suggestiva Bread, Water, Love,
una poesia di John B. Lee musicata intrecciando folk rock e gospel, Conundrum
cala di tensione, giocando con i piaceri del boogie blues in Come on
Down oppure cercando il palcoscenico migliore per lasciar sfogare
le voglie soliste dello stesso Schatte (The Upper hand, A Mind
Mess), ma sono peccati veniali che non cancellano assolutamente la
destrezza di questo tour de force musicale messo in piedi dal bravo chitarrista
canadese.