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TK & The Holy Know-Nothings
The Incredible Heat Machine
[Mama Bird Record 2021]

Sulla rete: tkandtheholyknownothings.com

File Under: outlaw country rock bar band


di Fabio Cerbone (11/12/2021)

Sorta di piccola leggenda locale della comunità di musicisti di Portland, in Oregon, Taylor Kingman si pone alla testa dei suoi Holy Know-Nothings con l’intenzione di resuscitare un robusto suono country elettrico a metà strada fra l’esperienza dei cosiddetti “outlaw” degli anni Settanta e il piglio più operaio del roots rock nato nella periferia americana. Onesto e diretto nelle liriche, che indagano i fallimenti, gli abusi e le disillusioni della vita on the road di un musicista, Kingman non cede alla tentazione del lamento anche quando affronta gli stereotipi del genere (il dittico rappresentato da I Lost My Beer e Bottom of the Bottle), semmai recupera un briciolo dell’ironia di John Prine (Hell of a Time e Just the Right Amount potrebbero arrivare direttamente da lì), la fa passare attraverso il rock’n’roll alticcio degli Stones più bucolici (il pencolare di Serenity Prayer) e ci aggiunge una vena western psichedelica nonché un atteggiamento irruento da classico alternative country, che riporta alla migliore stagione del genere (la stessa Incredible Heat Machine, che sbuffa come ai tempi di Jason & The Scorchers).

Protagonista insieme al suo quartetto del “Santo Non So Nulla” delle serate alla Laurelthirst Public House, piccolo club indipendente tra i più longevi presenti in città, con una programmazione decisamente orientata al circuito minore di Portland, Kingman approccia la materia roots con la fierezza di un “working-class hero”, incidendo in pochi giorni il nuovo album The Incredible Heat Machine nelle sperdute lande dell’Oregon, tutto in presa diretta e facendo tesoro della vesatilità dei compagni, Jay Cobb Anderson (chitarra e armonica), Lewi Longmire (basso, pedal steel, lap steel, flugelhorn e mellotron), Sydney Nash (tastiere, basso, slide guitare tromba) e Tyuler Thompson (batteria). Il risultato, molto vicino peraltro al già apprezzabile Arguably OK del 2019 (che a questo punto andrebbe recuperato), è un album freschissimo nella sua espressività, eppure senza la pretesa di conquistare chissà quali nuovi orizzonti musicali, oscillando fra ballate sornione e improvvisi scatti di elettricità, spesso tutto concentrato nello stesso brano, come testimoniano l’apertura di Frankenstein, e ancora Laid Down & Cried e She Wonders.

A irrompere sulla scena è di tanto in tanto la solista di Anderson, un mordi e fuggi che sembra promettere scintille dal vivo, con ogni probabilità la dimensione ideale nella quale godersi il tono impertinente del gruppo. Definita in modo eccentrico dallo stesso Taylor Kingman come “psychedelic doom boogie”, la musica di TK & The Holy Know-Nothings suona nient’altro che l’ennesimo, godibile distillato di american music dal più sperduto dei bar di provincia.


    


<Credits>