Jeremy Ivey
The Dream and the Dreamer

[Anti- 2019]

anti.com

File Under: alternative Nashville

di Fabio Cerbone (18/09/2019)

Rivoltato, rivisitato e corretto più volte, si tratta pur sempre del buon vecchio “sogno americano”, che Jeremy Ivey non ha paura di investigare in questo The Dream and the Dreamer, a costo di far pagare un prezzo troppo alto alle sue canzoni. Trattandosi poi di un esordio, a quarant’anni suonati, c’è da alimentare ogni tipo di sospetto, fugato tuttavia dalle prime note di Diamonds Back to Coal, chitarra cadenzata a passo country rock di frontiera, riverberi e voce cantilenante, che saranno il leit motiv di tutto l’album. Ivey ha deciso di esporsi dopo una lunga gavetta, retrovie del suono country soul con il progetto Buffalo Clover, ma soprattutto chitarrista al fianco della compagna Margo Price, brillante stella della scena Americana di oggi, la quale restituisce fiducia al marito e lo sprona in questo viaggio solitario.

Autore già apprezzato in abbondanza dai colleghi dell’altra Nashville, è qui che Jeremy, in un piccolo studio di registrazione casalingo con Evan Donahue alla sei corde solista, Coley Hinson al basso, Josh Minyard ala batteria e Alex Munoz alla lap steel, dà forma alle sue ballate impigrite e dai tratti noir, alternando country elettrico dalle tenui volute psichedeliche e modi più spicci che ricordano vecchi honky tonk e la stagione d’oro del genere al crepuscolo dei sixties. Diamonds Back to Coal, come accennato, traccia il sentiero, ha un’anima ecologista e una visione incupita dalle conseguenze del “Make America great again” dell’era trumpiana. Il resto, con la sognante Falling Man, segue per corollario, con carezze sospese, inquietudini e note autobiografiche, che si allungano nella indolente tensione di Story of a Fish (Ivey figlio adottivo che si paragona ad un salmone) e la seconda voce di Margo Price che prende a braccetto Jeremy nell’ode alla strada per eccellenza di Greyhound (l’isprazione un viaggio dal Massachusetts giù fino alla nativa Georgia).

Quest’ultimo brano infoltisce la parte più “tradizionalista” del disco, qualche nota di piano honky tonk che risale la corrente nell’agrodolce Worry Doll e una pencolante filastrocca folk rock dai sapori sudisti intitolata Ahead, Behind. C’è da ipotizzare che Ivey abbia scavato nei solchi di Willie Nelson e George Jones, ma si sia premurato di studiare a memoria anche Bob Dylan e Leonard Cohen: la tenebrosa chitarra che squarcia la solitudine di Laughing Willy a spanne sembra proprio sbucare da quei sentieri, mentre l’inflessione un po’ monocorde di Gina the Tramp, sempre scossa dall’eco distante del twang delle chitarre, o la svogliata dolcezza della stessa The Dream and the Dreamer ricordano da vicino un collega contemporaneo come Kevin Morby alle prese con la tradizione.

Con la sua musica Jeremy Ivey dichiara di voler colmare “i buchi che riesco a vedere nella scena”: come a dire, la sceneggiatura è sempre quella, ma gli interpreti possono fare la differenza.


    


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