Margo Price
Midwest Farmer's Daughter
[
Third Man Records
2016]

www.margoprice.net

File Under: honky tonk woman

di Davide Albini (28/04/2016)

Si fa un gran parlare attorno all'esordio di questa trentenne originaria dell'Illinois, assurta a nuova reginetta del country più verace. La stampa inglese, in modo particolare, ha già eletto Midwest Farmer's Daughter tra le sorprese della stagione, un po' come è accaduto di recente per i colleghi Chris Stapleton e Sturgill Simpson. Non li citiamo a casaccio, visto che con il secondo ci sono diversi punti di contatto: non solo perché Margo Price ci ha suonato insieme, non appena trasferitasi a Nashville, ma anche perché il sound di questo disco richiama stiliticamente quel "nuovo tradizionalismo" che ha reso così affascinanti i lavori di Simpson, passando in rassegna l'honky tonk elettrico più ruspante in About to Find Out, This Town Gets Around e Weekender, certo leggendario suono outlaw dei Settanta nella focosa Tennessee Song e in Four Years of Chances, e ancora romantiche ballate che sembrano uscite dalla stagione d'oro di Nashville, come nel caso di How the Mighty Have Fallen e della lunga Hands of Time, un romanzo biografico più che una canzone, con tanto di struggente arrangiamento per archi.

Andando con ordine, bisogna ammettere che il profilo di Margo sembra scritto appositamente da uno sceneggiatore di Hollywood molto scafato. Ci sono tutti gli elementi al posto giusto: cresciuta in un paesino sperduto, Aledo, ai confini con l'Iowa, pieno Midwest americano, con un lontano zio autore di canzoni per grandi stelle della country music, Margo ha studiato danza e teatro al college e ha affinato la voce nel coro della chiesa, prima di fare i bagagli per Nashville. Qui ha svolto tutti i lavori possibili, anche i più umili, ha inciso una manciata di dischi con la band del marito e bassista James Ivey, sotto il nome Buffalo Clover, quindi si è fatta notare da Jack White nei club cittadini. È quest'ultimo che le ha offerto un contratto per la personale etichetta Third Man Records, pubblicando Midwest Farmer's Daughter esattamente come era stato finanziato e inciso dalla stessa Margo ai mitici Sun Studios.

Un album nato indipendente dunque, che ha trovato poi la sua strada verso le stelle: merito della freschezza dei brani, della voce potente ma anche schietta, poco artefatta della Price, che dice di ispirarsi alle solite Harris e Parton e che si permette di citare esplicitamente la grande Loretta Lynn nel titolo (non ne foste a conoscenza, il riferimento è alla famosa canzone Coal Miner's Daughter). Con una band fatta in casa e formata dal compagno Jeremy Ivey al basso, Jamie Davis alle chitarre, Micah Hulscher al piano, Luke Schneider alla pedal steel e dobro e Dillon Napier alla batteria, Margo Price rastrella in pratica quarant'anni e più di country music, nelle sue diverse fasi di contaminazione, soprattutto con rock e soul, attraverso una padronanza dei linguaggi che è l'elemento più sorprendente.

Senza dubbio è presente una bella dose di "passatismo" fra le note di Midwest Farmer's Daughter, ma l'esempio di personaggi come Sturgill Simpson, o volendo dell'ultimo Daniel Romano, dimostrano che questo suono può ancora espandersi e riservare scorci inediti: vediamo che la brava Margo saprà seguire lo stesso esempio. Nel frattempo godiamoci le atmosfere genuine di questo spumeggiante inizio di carriera.


    


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