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alt-country, roots noir di
Davide Albini (01/05/2015)
Questo
disco conferma la sensazione che andiamo ripetendo da tempo, ovvero sia che per
certe sonorità tipicamente etichettabili come "Americana", in questo caso a cavallo
fra alternative country e desert rock, l'Europa è diventata una sorta di seconda
patria, spesso più fedele dell'originale. Questione di suggestioni, forse, ma
non è la prima volta che constatiamo di avere in giro, tra nord Europa, Germania,
Inghilterra e naturalmente Italia, gente più "realista del re", come si suol dire
in questi casi. Che poi tutti questi signori siano all'altezza delle loro fonti
di ispirazione è un altro paio di maniche. L'affascinante musica di questo quintetto
olandese, giustamente definitasi Dark Americana, sembra però appartenere alla
categoria di chi è riuscito a far proprie certe sonorità, senza scadere nella
mera imitazione dei modelli, semmai contribuendo allo sviluppo del genere con
una propria sensibilità.
Il primo nucleo dei Point Quiet - Pascal
Hallibert, Hans Custers, Daan van Diest, Simone Manuputty e Jan van Bijnen - nasce
nel 2007 sotto una diversa sigla, Deseronto, nome ispirato a una sperduta cittadina
dell'Ontario, già richiamando dunque quel tipico suono folk rock legato alle radici.
Debuttano ufficialmente con l'omonimo album nel 2011: a quattro anni di distanza,
i cinque musicisti, nei quali spicca il polistrimentista Jan van Bijnen (essenziale
infatti il suo apporto, diviso tra dobro, pedal steel, banjo, accordion e tromba),
definiscono meglio i contorni della loro proposta musicale, attraverso questi
undici episodi che sanno di terre desolate, di luoghi oscuri, non solo geografici
ma direi dell'anima.
Mi hanno ricordato immediatamente la malinconia agrodolce
dei canadesi Deep Dark Woods, una delle migliori realtà dell'alt-country di questi
anni, ma anche qualche riflesso "morriconiano" dei Calexico e tutto
il suono più scuro del movimento roots di queste stagioni. Alla ricetta loro aggiungono
degli accenti che li fanno assomigliare ad una band che frequenta il border texano
(le colorazioni spanish in alcuni passaggi strumentali). Qualche volta si sconfina
in un suono più smaccatamente country rock (NY or Not
NY, la commovente Told), tra marcette un po' sinistre (Trembling
Stars) e ballate aride, più in generale la formazione predilige i toni
cupi, acustici e blandi (The West Wind), intrecciando
sapori rurali ed eleganti passaggi per archi e accordion. Le canzoni di Ways
And Needs Of A Night Horse, a cominciare dall'affascinante title track,
camminano comunque sulle loro gambe e possiedono fascino da vendere.