Copertina rossa stile Che Guevara con un’elegante
sagoma nera di un uomo con la sua chitarra e un titolo, Still
Walkin’. Cosi si presenta il nuovo lavoro di Mauro Ferrarese
ripreso dall’immagine di copertina, essenziale e crudo come il suo nuovo
album. Lui è proprio così! Un album dalla lunga gestazione, che premia
l’attesa in un periodo magro di interessanti pubblicazioni degne di
nota. Le dieci tracce di Still Walkin’ celano la bontà di un
artista che sa emozionare con poco e sempre ad alti livelli, una garanzia
nel panorama del blues acustico italiano e non solo.
Era dal sorprendente album Wounds,
Wine & Words che mancava all’appello in una veste solitaria
e acustica a tutto tondo. La voce è più navigata, matura e greve e il
suono della sua resofonica sempre inconfondibile. Questo nuovo lavoro
ce lo restituisce nella sua dimensione piena, solo chitarra e voce.
Negli ultimi anni diversi i progetti che lo hanno visto impegnato, seppure
in sordina e di difficile repereribilità. Uno in particolare, Sacred
Roots, merita una citazione di attenzione. Un lavoro dal tiro più
soul, spiritato e avvolgente, in compagnia di diversi amici musicisti.
Si ricorderà in giro per i festival l’altro progetto laterale con Alessandra
Cecala, Reverend
& The Lady, un gran rispolvero delle tradizioni in tre album.
Il ritorno all’ovile con Still Walkin' era da un po’ di tempo
nell’aria. Un ritorno a quel blues che Mauro ama definire “agricolo”
e che ha la forza di arrivarci senza fronzoli e orpelli. Come dieci
anni fa i blues sono diretti, scarni, autentici. Realizzato e registrato
tra le pareti domestiche, i brani contenuti in Still Walkin’
narrano di esperienze personali, stati d’animo, condizioni di vita che
come per molti hanno segnato in questo periodo il mondo della musica.
Possono bastare i primi 30 secondi in apertura del disco della biografica
All I Can I Do per immergersi nel suo stile e prendere quota
con le note metalliche della sua resofonica. Magari battendo il piede
sinistro come avviene in Let me walk with you e continuando a
farlo in Trouble Bound, ispirata
al movimento ambientalista Fridays for Future. Altro pezzo di rilievo
e soprattutto di elevazione spirituale è Everybody
ought to treat a stranger right, in cui si recupera e fa
sua una traccia di Blind Willie Johson. Contagioso ritrovarsi a cantare
con Mauro Everybody should treat a stranger right, long ways from
home… Il brano scivola a fior di pelle e scuote nella sua espressività.
Un gospel blues d’autore! Le corde della resofonica di Mauro sono lucidate
a dovere dal bottleneck. Mentre il brano Another one appare una
parentesi a parte, con la voce di Mauro al centro profonda e avvolgente.
La sua voce è penetrante, riconoscibile e allignata alla scuola
dei grandi maestri del country blues.
La scelta di (ri)intraprendere l’audace sfida di un progetto da solista
a tutto tondo riflette il lungo matrimonio dell’artista con la materia:
un blues nudo e fortemente espressivo. Lo stile chitarristico semplice,
solido, percussivo, intriso di quel old time picking, quel ragtime che
tanto ci piace. Il lavoro è stato affidato alla lanciata Trulletto Records
di Sebastiano Lillo, che ha rivisto sapientemente i suoni dei master.
Chapeau! La restituzione è un lavoro ben fatto, un suono che cattura
lo spirito delle tracce e il mood del musicista. Il brano omonimo Still
walkin’ chiude il cerchio di quasi quaranta minuti volati
e vi verrà automatico ripartire dal All I can do…caro Mauro ci
vediamo dal vivo!