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Continuano le coccole di Veronica Sbergia e dei Red Wine Serenaders con l'atteso The Mexican Dress, sicuramente un importante traguardo nella loro produzione discografica. Infatti, al di là delle consuete difficoltà, Mexican Dress rilancia un evergreen fondamentale che l'unione fa la forza e si puo' riuscire a pubblicare anche con l'aiuto di tutti gli appassionati (in modo intelligente internet puo' avere una marcia in più, in questo caso attraverso l'ausilio di music raiser). Tra le novità troviamo l'ingresso in pianta stabile nella formazione di Dario Poleari al contrabbasso che si aggiunge a Max De Bernardi, chitarre e banjo, e Veronica Sbergia, voce, ukulele, washboard e kazoo. Il progetto di Veronica rappresenta l'emblema professionale della rinascita artistica indie del buon Made In Italy, meritatamente riconosciuto in tutta Europa. Non è stato un caso che lo scorso anno siano stati premiati all'European Blues Challenge e sono tuttora molto seguiti in tutta Europa. L'album Mexican Dress segue quanto seminato fino ad esso, aggiungendo qualità e ulteriore personalità ad un coerente percorso artistico in forte ascesa. Modello di rispetto di un Italia che stenta a uscire da una superficiale scena musicale indipendente imbastardita dalla musica suonata nel dopo lavoro e dall'intrattenimento a basso costo, dove credere di assemblare un paio di accordi fa ormai sentire artista chiunque. Torniamo alle entusiasmanti note del quinto album del progetto di Veronica Sbergia, che prende sempre più internazionalità. Infatti The Mexican Dress è stato registrato in Italia e negli Stati Uniti con il contributo di Denny Hall, dei The Nite Café, e mostra una diversificazione di interpretazioni in perfetto equilibrio. Interessante l'inserimento di brani autografi a partire dalla title track, puro esempio di come riportare al presente con propri contenuti e freschezza le indimenticabili atmosfere di un secolo fa. Le sonorita' vintage dal tiro più blues sono proposte anche nelle interpretazione dei brani di Denny Hall, multi strumentista ivi presente, con Didn't Mean A Thing e Gloryland, un trionfo di corde e corde vocali, la prima cantata da Max, la seconda da Veronica. Due i momenti, anche opportuni, che spezzano la tendenza dell'album: il primo e' il cameo strumentale di Max De Bernardi The Resurrection Of Honey Badger, un brano dedicato al tasso del miele, un particolare animale che sa difendersi molto bene, anche con attacchi molto violenti, competendo con gli sciacalli per le sue prede. L'altro brano è invece Curse The Day una dolcissima ballata che ci propone una Veronica Sbergia calata in una situazione più folk e con tocchi irlandesi, quest'ultimi favoriti dall'inserimento di una cornamusa (uilleann pipes) suonata da Denny Hall, anche autore del brano. Riprendono freschezza brani come Weed Smoker's Dream, che prende forma in una versione che dona vivacità ad un brano molto interpretato e diffuso. Analogamente accade con la rivisitazione di Dope Head Blues tributo a Victoria Spivey, un blues che ci riporta alle atmosfere musicali di St.Louis di un secolo fa, luogo dove visse a lungo la texana Spivey. Nulla è da risparmiare tra le 15 tracce di The Mexican Dress, in chiusura un brano nascosto Baby Please Loan Me Your Heart di Papa Charlie Jackson chiude un lavoro con i fiocchi. Mentre oltre oceano il fenomeno dei Carolina Chocolate Drops sembra essere giunto al capolinea, possiamo invece andare fieri di avere dalle nostre parti la miglior string band in circolazione. |