Salvo Ruolo- Vivere
ci stanca
[Salvo Ruolo 2009]
Cesare Carugi - Open
24 Hrs [Cesare
Carugi 2010] Stefano
Frollano - Sense
of You [Stefano
Frollano 2010] Miss
Fraulein - The
Secret Bond [MK
/ Indipendead 2010]
Una spiazzante sorpresa questo Vivere ci stanca (bellissimo titolo
che adombra l'anima della musica stessa contenuta nel disco) di Salvo Ruolo,
raccolta di ballate livide, a tratti persino disturbanti, che propone coraggiosamente
un approccio "deviato" e originale alla canzone rock classica. Già animatore di
diversi progetti a più mani, tra cui Formelese e Noybas, Ruolo propone dieci episodi
(e una traccia fantasma) che sembrano calarsi negli anfratti più scuri e torbidi
dell'animo umano, con parole secche, immagini crude e un canto straziante che
sfiora il talkin' più che la vera e propria interpretazione vocale. La atmosfere
scelte per ammantare questo tipo di scrittura così "spietata" sono l'arma vincente
dell'album, prodotto da Antonio Gramentieri (Slummers, Cortez e mille altri
progetti) e suggellato dalle chitarre desertiche di quest'ultimo, che fra echi
e feedback stranianti conducono Vivere ci stanca nei territori di certo rock americano
"di frontiera", tra la polvere dei Giant Sand e le risonanze di quello
che fu il Paisley Underground (diverse le suggestioni che affiancano la musica
di Ruolo al Chris Cacavas solista, si veda un episodio quale Depurazione),
oppure di un suono che lambisce persino l'elettricità bluastra di certo grunge
d'epoca (Memorie underground, Forme
Lese). Si tratta di un fascino comune, sia ben chiaro, lo stesso che
ci porta verso la scrittura sghemba di Howe Gelb in Capovolti
o nell'ammaliante riverbero alternative-country di Notte
d'inganni, ma nulla toglie alle qualità peculiari di Salvo Ruolo, capace
di trascinarci nei lunghi otto minuti della ballata "dylaniata" Parlami
del mare, o ancora nel sinistro, sanguinante palpitare di Bangkok
blues, tra una slide di sottofondo e il ritmo soffuso della band (completata
tra gli altri dal basso di Rigo Righetti, ex Rocking Chairs, dalla batteria di
Denis valentini e dalle prcussioni di Diego Sanipoli). Denso e scarno, chiede
attenzione per essere assimilato, (
7.5) (Fabio
Cerbone)
www.myspace.com/formelese
Recensire un disco che ci annovera nei ringraziamenti non è esattamente la prassi,
per cui giochiamo a carte scoperte: Cesare Carugi lo abbiamo conosciuto
qualche anno fa come appassionato lettore del nostro sito, e oggi lo accogliamo
sulle nostre pagine come artista (ci era già finito in occasione della serata
tributo a Townes Van Zandt dello scorso anno). Cesare non è uno che ha fretta,
ci è voluto lo sprono di un gruppo di artisti che ruota intorno al mondo del duo
Massimiliano Larocca-Andrea Parodi per superare la fase di qualche scolastica
cover suonata per gli amici, periodo rappresentato da una Open
All Night (è la bonus track del Cd) che risulta infatti troppo ricalcata
sull'originale springsteeniano (coretti a parte…) per risultare significativa.
Invece i quattro brani autografi registrati per questo Open 24 Hrs
ci sorprendono, perché seppur lo stile sia ancora "derivativo" (Jackson Browne
e Springsteen i riferimenti più evidenti), l'interpretazione non lo è davvero,
ed è proprio per la sua ottima voce (con pronuncia inglese impeccabile, e già
qui parte avvantaggiato rispetto al 95% dei colleghi italiani), che brani come
Carry The Wind Home o Further On
riescono ad uscire dall'anonimato di un genere iper-inflazionato. La penna è comunque
già ben avviata, e il testo di 24 Hrs è quello
di una artista che non si basa solo su clichès consolidati. Certo, la produzione
casalinga fa sì che il finale quasi-gospel di Boulevards
faccia rimpiangere rifiniture più maestose, ma per ora basta così, il primo vero
disco è in cantiere, e questa volta arriverà seguito dalle nostre alte aspettative.
Non le deluda. (
7) (Nicola
Gervasini)
www.cesarecarugi.com
Nuovo capitolo "californiano" a cura di Stefano Frollano, che replica le
prestigiose collaborazioni del precedente omonimo esordio solista, coinvolgendo
in sessione le chitarre di Jeff Pevar e il piano e l'organo di James Raymond.
Per un autore (e appassionato) responsabile anche della stesura di volumi dedicati
all'avventura di Crosby Stills Nash & Young, giovarsi del supporto di alcuni collaboratori
storici di questi ultimi è evidentemente la prova di un forte legame artistico.
Un'ispirazione portata con orgoglio alla luce del sole, che si riflette ovviamente
in Sense of You, lavoro disseminato di morbida West Coast (la vellutata
slide guitar che accompagna la melodia di (She Won't)
Fly Away, e ancora Believe, Your
Eyes, Memory of Your Love), ballate
che fanno di una certa eleganza formale, di un pop rock levigato e persino ai
confini dell'easy listening (Chagall's Song,
ma soprattutto il singolo The Dance, riproposto
come bonus track nella versione "radio edit") il loro tratto distintivo. Registrato
tra l'Italia, la California e l'Oregon (negli studi dello stesso Pevar), il disco
segna una maturazione e indipendenza di Frollano in qualità di autore, il quale
firma tutte le canzoni e si giostra fra chitarre elettriche e acustiche, chiedendo
quindi il sostegno di una lunga lista di esperti musicisti italiani, tra cui si
distinguono la tromba di Franco Piana e la sezione ritmica formata da Francesco
Isola e Marco Vannozzi, oltre alle diverse voci femminili (Gabriella Paravati
protagonista nella chiusura acustica di Outro:Hello!)
che accompagnano lo stile affettato di Frollano. Qui forse un limite da ravvisare,
quanto meno per il nostro personale gusto di intendere certa american music: alcune
scelte stilistiche e di arrangiamento (la citata The Dance, la chitarra solista
che compare nella stessa Sense of You) appaiono
fin troppo "addomesticate", stendendo una patina di eccesiva pulizia sull'intero
album. (
6.5) (Fabio
Cerbone)
www.stefanofrollano.com
O voi orfani del grunge, che dalla metà degli anni 90 state ancora cercando disperatamente
la nuova Seattle, vi esortiamo a percorrere la Salerno-Reggio Calabria invece
che la Interstate 90 per una volta. Non garantiamo la stessa velocità di percorrenza,
ma passando da Cosenza potreste scoprire i Miss Fraulein, 5 ragazzi innamorati
di un suono tutto chitarre realizzato con grande cura e maturità. Gli elementi
tipici del genere ci sono tutti, con la band che si ritrova a cercare gli stessi
impasti voci-chitarre degli Alice In Chains (Grown High),
qualche riff alla Pearl Jam (Battle On Ice)
o qualche ruvidezza alla Soundgarden (In Confidence,
quasi una outtake di Badmotorfinger), e al massimo, per divagare sui generi, si
potrebbe sconfinare nello stoner-rock alla Kyuss. Ma soprattutto "fa grunge" il
modo di cantare un po' posseduto di Giulio Ancora, la chitarra sempre in bilico
tra metal e rumorismo alternativo di Aldo D'Orrico, e i testi che ti aspetti da
una band che esprime tutto il disagio umano di una città, e forse non solo quella,
che sta stretta a tutti. E a ben vedere, persino il divertente video realizzato
dall'attore Max Mazzotta (You Know Why) sa
di anni 90, con quel gusto tra l'allucinato e il grottesco che ricorda molte cose
viste in MTV in quegli anni. Una minestra riscaldata potrebbe opinare qualcuno,
ma quando ti fai produrre dal bravo Maurice Andiloro (una vita da sala
di registrazione per mille artisti italiani, dagli Afterhours a Vinicio Capossela,
fino a nomi grossi come Celentano e Ruggeri), quando comunque ci metti fantasia
(lo strumentale The Secret Bond, con la sua
guerra tra fiati e sei corde, finisce per essere una delle cose più sorprendenti
del disco) e ispirazione (la dark Human Hunter),
capace pure che ne esca una minestra sicuramente più buona di quella cucinata
da gran parte delle dimenticate (in quanto dimenticabili) band della seconda generazione
grunge. (
7) (Nicola
Gervasini)
www.myspace.com/missfraulein
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