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  Fabrizio Poggi
Basement Blues
[Appaloosa records 2022]

Sulla rete: appaloosarecords.it

File Under: the blues of a man


di Roberto Giuli (19/01/2023)

“Il mio incontro con il blues è avvenuto guardando il film “The Last Waltz”, alla fine degli anni Settanta”. Le parole sono di Fabrizio Poggi, cantante, armonicista, compositore con poco bisogno di presentazioni; il riferimento, oltre che a un palco storico, è alla performance di Muddy Waters e al suono dell’armonica di Paul Butterfield, punti essenziali della pellicola. Forse non è un caso che, tanti anni dopo, lo stesso Fabrizio si sia ritrovato su quel palco, forse ci dev’essere un filo conduttore tra quel film e la collaborazione con Garth Hudson, eroe tanto amato e ovviamente colonna di The Band. Il filo magari sta semplicemente nella passione riversata in un piccolo strumento che l’artista di Voghera ha contribuito a rendere così grande, facendolo uscire dai rigidi confini di una nicchia di stile e di genere.

Fatto sta che da quel lontano decennio il musicista si è dedicato al blues approfondendo, scrivendo e collaborando con i più grandi, da Guy Davis a Eric Bibb, Bob Margolin, Otis Taylor, costruendo parallelamente una carriera solista, con o senza i Chicken Mambo, arrivando a lambire un Grammy, “secondo solo agli Stones”. I capitoli della sua corposa discografia, unitamente a opere letterarie quali L’armonica a bocca: il violino dei poveri e Angeli Perduti del Mississippi, rendono perfettamente conto del livello raggiunto in senso emozionale e tecnico; a tal proposito e come esempio basterebbe ascoltare, relativamente a questo Basement Blues, l’assolo in Black Coffee o il lavoro nella dixoniana Little Red Rooster, entrambe con Davis dal vivo nel 2014; ogni singola nota, scelta, centellinata, sembra contenere un’infinita gamma di espressioni, come fossero altrettante note.

Non è poco per un personaggio rimasto così legato al messaggio originario, ci dev’essere un legame tra quei “basement tapes” e il titolo del nuovo disco, ancora così verace da riuscire a varcare confini impensabili fino a qualche decennio fa. Quelle che compongono l’album sono tutte canzoni facenti parte della storia del blues e di Fabrizio stesso, brani ripresi da un cassetto dei sogni pieno di outtakes, registrazioni dal vivo, prove di studio, insomma tutto il necessaire per un ennesimo viaggio nell’universo delle dodici battute. Cose come il tradizionale John The Revelator (insieme al menzionato Garth Hudson, outtake da Mercy del 2008), l’articolata Your Light e Up Above My Head (dalla penna di Rosetta Tharpe) con Ronnie Earl, la splendida The Soul Of A Man (Blind Willie Johnson), See That My Graveyard Is Kept Clean (“forse il più bel blues di sempre” cit.), la bellissima e malinconica Blues For Charlie o la potente Hole In Your Soul, tutte e tredici le tracce meriterebbero una trattazione accurata; a noi resta la magia dell’ascolto.

E via via assaporando Basement Blues si fa mezzanotte, l’ora di Midnight Train, quel treno del blues che non si ferma mai. Ottimo.


    

 


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