“Avevo in mente questo progetto da almeno quarant’anni”.
Con queste poche parole Rico Migliarini, armonicista, cantante,
compositore, sottolinea l’uscita del suo disco dal titolo accattivante,
ancorché non privo di una buona dose di autorevolezza. Come dire, dietro
quell’asciutta dichiarazione c’è in realtà il distillato di un intero
percorso, di una passione che accompagna Rico fin dagli esordi risalenti
alla fine degli anni Settanta, quando in Italia bisognava “fare i numeri”
per ascoltare un po’ di blues, a meno che non passasse in città, nella
fattispecie l’antica e insospettabile Gubbio, il carrozzone di Umbria
Jazz; il quale, per l’appunto nell’edizione ’78, dava un passaggio
a Buddy Guy e Junior Wells. Da lì, da quei giorni, un amore sincero
e profondo, tanto per le dodici battute, quanto per il piccolo strumento
(di cui, tra le altre, è insegnante accreditato), nonché l’avvio di
una serie di avventure, sia solo che in formazione (½ Blues Band, Wolves
Blues Band, Rico Blues Combo), che nel corso dei successivi decenni,
gli hanno permesso di scrivere una pagina del blues di casa nostra.
Suono i blues a casa mia è dunque la sigla di questa recente
fatica, al tempo stesso un progetto estremamente interessante, per il
quale l’artista eugubino conferma l’impegno e la dedizione necessari
per conciliare universi paralleli. Come dire, occorre, se possibile,
avere elaborato per intero quel percorso cui accennavamo poco sopra,
spogliarsi di inevitabili pregiudizi e trasportare “in casa propria”
gli elementi culturali e stilistici che il caso richiede, simboli compresi,
che siano un fiume o un treno. Da qui l’intuizione di scrivere testi
e storie quasi osservate dalla propria finestra, per poi farle volare
lontano su un prezioso canovaccio musicale in quattro quarti e dodici
battute; i riferimenti sono palesi, dai maestri di Chicago, Little Walter,
Jimmy Reed, Walter Horton in primis, alle più recenti generazioni della
west coast. Pezzi come la title-track, shuffle nella miglior tradizione,
l’eccellente slow in minore E’ Finito Lo Show, lo strumentale
Camignano River o la splendida Sicilian Heart, sono proprio
questo, bozzetti che affondano le radici nella tradizione del blues,
disegnati e suonati da Rico e dalla sua band, ovvero Mirco Capecci (basso),
Giuliano Bei (batteria), Edoardo Commodi (chitarra); non mancano episodi
di assoluto rilievo, come Buffone o Manca il treno, classico
stomp ferroviario, i quali rendono ancor più considerevole il lavoro.
Microcosmi lontani si incontrano tra i solchi di un progetto “coraggioso”;
in fondo, al netto di isolati e poco significativi precedenti in cui
prevale l’esercizio estetico, sono pochi i lavori come questi. E il
soffio della meravigliosa armonica di Rico fa il resto. Ascolto consigliato.