[Home]
|
||
inserito
20/10/2006
|
Guido
Marzorati & The Blugos Ci sono, in verità sempre più di rado, dischi che sarebbe
un vero peccato lasciare che non abbiano un meritato risalto, solo perché
hanno diffusione limitata che li fa diventare oggetti per pochi intimi.
Una fine questa che non merita sicuramente Journey Of Hope,
affascinante conferma della bontà del songwriting di Guido Marzorati,
veneziano che aveva esordito qualche anno fa con il valido Live At Home,
in completa solitudine, mostrando una stoffa da storyteller che gli aveva
permesso di reggere un disco intero affidandosi soltanto alla sua voce,
ad un'armonica e a una Takamine acustica. In questo caso il suo progetto
prende il nome di Guido Marzorati & The Blugos, i quali sono Elisa
Marzorati al piano, Iliano Vincenzi al basso e Andrea Scarpani
alla batteria, qui al servizio insieme alla solita Takamine di una
manciata di gran belle canzoni. L'impianto sonoro richiama atmosfere di
cantautorato di gran classe anni'70, per l'uso continuo del piano, con
una ritmica e una chitarra mai invadenti. Un profumo di California sembra
sprigionarsi dalle casse, quando in ordine sparso, è Virtual
Love, morbida ballata, a farsi apprezzare. Journey Of Hope
in apertura ed Out Of My Skin, dai toni appena più decisi ma sempre
controllati, con il pianoforte di Elisa che le segna e ci emoziona, sono
altri due ottimi esempi delle capacità compositive di Guido, il quale
dà un ulteriore sfoggio delle sue qualità ed i Blugos del loro essere
sicuramente più di una qualsiasi backing band in Songs From The Next
World, uno dei pezzi migliori, progressione di accordi assolutamente
cantautorali, incorniciati da un piano sempre dietro la voce, che, se
chiudiamo gli occhi, ci trasporta d'incanto al di là dell'oceano, dalle
parti di Los Angeles, all'incirca trent'anni fa… Blooming Roots
alza appena il ritmo, ma in modo molto piacevole; Keep Beating ha
un taglio più urbano, a dispetto della bella intro strumentale di slide
e ci mostra un altro volto di Guido, che non si nasconde se c'è da pigiare
un po' di più sul gas, come avveine in What Can I Do? vhe ci conduce
alla fine di questo viaggio sui binari sciolti di un bel rock sempre ammorbidito
dal piano. Un disco completo che cresce dopo ogni ascolto e che non ha
nulla da invidiare a produzioni più blasonate d'oltreoceano, a cui in
alcuni casi manca sicuramente il cuore con cui Guido Marzorati porta avanti
il suo discorso musicale. |