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Lilith
and The Sinnersaints
The
Black Lady and The Sinner Saints
[Alpha South 2008]
Lilith è un demone, portatrice di disgrazie nelle religioni islamiche
e simbolo dell'emancipazione femminile nella cultura occidentale. Quella
Lilith è musa ispiratrice di quest'altra Lilith, una vocalist che
ha scritto la storia dell'underground italiano quando non esistevano ancora
gli odierni efficaci canali alternativi alle logiche dello show-business.
Lilith era la cantante dei Not Moving, una delle pagine più eccitanti
del post-punk italiano, e nel 1988 aveva anche intrapreso una breve carriera
solista, giusto un paio di dischi per fare di lei la Marianne Faithful
nostrana, prima di sparire negli inferi della vita di tutti i giorni.
Ma per Lilith nel 2005 è arrivata la reunion sul palco con i vecchi compagni
e la voglia di ripartire con un grande progetto. Lilith ha quindi creato
una propria backing-band (Tony Face Baciocchi alle pelli, Massimo Vercesi
e Betty Blue alle corde), li ha battezzati The Sinnersaints con
messa nera d'ordinanza, e ha pubblicato questo The Black Lady And
The Sinner Saints, rimestando a suo piacimento le parole di un
capolavoro di Charles Mingus ("The Black Saint And The Sinner Lady").
Lilith ha anche voluto una bella copertina in stile sixties-soul-album,
e ha deciso che per il suo come-back bisognasse celebrare un rito voodoo
per richiamare gli spiriti delle origini.
The Black Lady And The Sinner Saints vuole di fatto essere un concept-album,
una galleria delle radici e delle fonti di tutta la musica moderna per
esorcizzare gli ignari giovincelli del 2000 che si cibano di gruppuscoli
minori senza sapere da dove è iniziato tutto ciò. Lilith ci fa così da
Virgilio in un viaggio nei gironi dell'Ade alla ricerca degli idoli passati
e dimenticati, apre le danze con il mefistofelico racconto hard-blues
di Mumbo Jumbo Talking Blues, ci getta
come schiavi nel fango a cantare Hammer Ring,
zozzo spiritual scoperto da Alan Lomax e rimpastato in chitarre inacidite.
Lilith è sadica, proprio quando crediamo di poter trascorrere la nostra
pena tra i sapori del Delta, ci getta improvvisamente in faccia una sgangherata
versione di I Need Somebody degli
Stooges epoca Raw Power, e quando decidiamo che sì, siamo disposti a graffiarci
presto con del vero pre-punk, ci lecca le ferite con il giro tutto Bad
Seeds di Core Of The Time. Ma il blues,
il caro vecchio sabba del crocicchio, torna nella saltellante My
Cousin Martino, frutto scaturito dalla ri-frequentazione con
i Not Moving.
Ma a questo punto la cattiva Lilith pretende doni per continuare il viaggio:
si scomoda addirittura l'idolo underground Tav Falco, che solo
per lei si inventa un tango oscuro chiamato Secret
Rendez Vous, mentre lo storico bassista degli Stranglers J.J.
Burnell offre, senza probabilmente saperlo, una Pretty
Face da un suo dimenticato album solista del 1979 (Euroman
Cometh). Lilith vuole anche l'aiuto di un'altra storica band indipendente
italiana, i Julie's Haircut, che al gran completo rigettano i dannati
nelle atmosfere "nickcaveiane" di Something Happens
For The First Time. Lilith ha ancora fame di storia, e il trip
prosegue in ogni-dove, nel jazz di Autumn Leaves
(proprio il motivo di Jacques Prevert, nella sua versione inglese), nella
tradizione nostrana di XOdos (Struggente Dream),
brano in dialetto realizzato con i veronesi Peluqueria Hernandez, sorta
di Los Lobos scaligeri in chiave jazzy. E Lilith chiude con una firma
da vera idolatra, coprendo nientemeno che la stornellatrice romana Gabriella
Ferri in Grazie alla Vita (traduzione
italiana di un classico di Violeta Parra), ritrovando così la sua vera
anima da chanteuse di casa nostra.
Lilith forse ha esagerato, tra tante icone musicali così diverse, si rischia
di perdersi più nell'arte della scoperta della fonte e della citazione,
piuttosto che nella musica stessa. Ma da questa messa nera di blues italiano
così ben prodotto è difficile non uscirne con una nuova anima, nera e
fortissimamente donna come quella della cerimoniera.
(Nicola Gervasini)
www.lilithandthesinnersaints.com
www.alphasouth.it
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