Green Like July - Four-Legged
Fortune [Ghost
records 2011]
The Miningtown - Out
of Love [Arkham
Records 2011]
In attesa di decidere se la cristallina svolta folk rock dei Decemberists sia
stata la mossa migliore per la band di Colin Meloy, o leccandoci ancora le ferite
per la caduta di stile dell'ultimo Bright Eyes, potremmo ritrovare tutte le ragioni
di un suono e della sua estetica in un trio italiano a metà strada fra la provincia
nostrana e il Nebraska. Infatti, sono volati direttamente negli studi di Omaha
i Green lIke July, cogliendo l'occasione di lavorare a stretto contatto
con quelli che restano i loro padri ispiratori e ai quali giustamente non si vergognano
di tributare un omaggio, fin dalla scelta del loro nome. Qui finiscono però le
dipendenze dirette, perché Four-Legged Fortune è tutto meno che
una semplice replica, semmai una rielaborazione personale, spesso più sincera
dei presunti "originali". Certamente risulta un album equilibratissimo
nell'intreccio di atmosfere e parole, conciso proprio perchè ha da dire
tutto nello spazio che si preso, rendendo credibile la versione di Andrea Poggio
(chitarra acustica, voce) Nicola Crivelli (basso, cori) e Paolo Merlini (batteria)
alle prese con tradizione folk, le tonalità malinconiche dell'indie rock e le
sferzate dell'alternative country più sognante.
Le digressioni
bucoliche di Conor Oberst (Bright Eyes) ci sono tutte (da Cassadaga in poi), inutile
nasconderle, così come una forma di ballata brillante che in Jackson,
A Better Man e Was
It Worth After All? può accostanrsi con sicurezza al suono delle radici,
trovare persino riverberi degni dei Jayhawks e reintepretarli con in testa la
lezione di The Band. Nelle presenze fondamentali di A.J. Mogis (produttore
di casa alla Saddle-Creek), Jake Bellows (Neva Dinova) e Mike Mogis (Bright Eyes,
Monsters Of Folk) il lavoro di studio acquista una rotondità delle forme che raramente
capita di ascoltare a queste latitudini, trasformando le intenzioni dei Green
Like July in un concreto album dal respiro americano. Tutto questo non mette in
ombra le capacità di Andrea Poggio (una voce morbida e cantilenante la sua, adattissima
al genere) e Nicola Crivelli, nucleo storico della formazione che ha avuto la
lungimiranza di misurarsi all'estero con altri musicisti ed esperienze, cominciando
da un lungo soggiorno a Glagnow. La maturazione è stata effettivamente lunga e
la stessa uscita di questo Four-Legged Fortune molto travagliata, ma gli esiti
sono tutti da scoprire nell'esplosione cosmic country di Hardly
Thelma o nella conclusiva St. John Of The
Cross. Senza dubbio una delle rivelazioni dell'anno, per una volta
senza inutili distinzioni di provenienza geografica. (
7.5) (Fabio
Cerbone)
www.greenlikejuly.com www.ghostrecords.it
Non mi risulta che tra le etnie presenti nel sangue di Alejandro Escovedo ci sia
anche quella veneta, ma siccome Rovigo è città seria e laboriosa (così dicono…),
da quelle parti hanno risolto la questione in maniera molto pratica costruendosi
il loro Escovedo locale. Matteo Baldon, in arte Matt Waldon, sembra infatti aver
dato vita ai Miningtown partendo dallo stesso mix del buon Alejandro: il
sound della frontiera del Texas, lo spirito musicale della provincia americana
più sperduta (il "bel mezzo del nulla" citato da Jeff Tweedy, e lo avrebbe detto
anche del Polesine probabilmente), e il rude suono di alcune cavalcate decisamente
rock. Idealmente il sound del trio (completano la formazione Albert Wallace e
Robert Padovan, ma giureremmo che anche loro all'anagrafe non risultino come tali)
si pone a metà strada tra i True Believers e gli Uncle Tupelo, anche se i tre
nascono in verità come cover band d Ryan Adams (immaginiamo con risultati ben
meno remunerativi di una cover band di Vasco Rossi purtroppo…).
Waldon
dimostra di aver ben imparato tutte le lezioni dei maestri, offre ballate sapientemente
costruite come Breathe (il piano di Stefano
Boranga fa la differenza), l'oscura storia d'amore dark di Dead
Soul (Dan Stuart sarà sicuramente fiero di loro per questo numero alla
Green On Red) o la più rassicurante Back To You.
Oppure quando maneggia bene la materia country-roots con Gone
("..and together walkin on the exile main street" canta Waldon, giusto per togliere
ogni dubbio sulla direzione del cd) o Sweet Girl.
In alcuni casi la sua voce, un po' secca e tenuta sempre su toni bassi, sembra
frenare un po' i brani più lenti (succede in July),
tanto che i risultati sono decisamente più incisivi quando i suoni si induriscono
ed esce quella vena quasi da garage-rock che rende Sexy
N.o.i.l, She's Bad For Me (questa
davvero sembra rubata da una sessions dell' Escovedo più punkettaro) o Hello
Sunshine dei brani che si annunciano irresistibili alla prova del palco.
Disco registrato a Ferrara da Giampietro Viola con i difetti tipici dell'opera
prima e qualche piccola carenza nella cura dei suoni, Out of Love
è la prima importante pietra di una casa che potrebbe divenire importante se i
tre avranno voglia e entusiasmo per migliorare. D'altronde band come i Cheap Wine
o i Lowlands ce lo hanno insegnato: l'America è proprio qui dietro l'angolo, anche
nella nostra provincia più sperduta. Basta solo cercarla. (
7) (Nicola
Gervasini)
www.theminingtown.com
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