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Grand Drifter
Only Child
[Sciopero Records 2021]


File Under: jingle jangle mornings

facebook.com/GrandDrifter

di Nicola Gervasini

Avevamo già incontrato Andrea Calvo e il suo progetto musicale Grand Drifter (a sua detta “a volte una band, a volte un solista”, da buon manuale dell’artista indie 2000) nel 2018, con l’album Lost Spring Songs, e volentieri segnaliamo anche il successore Only Child, uscito già nella fine del 2021. Secondo il vecchio detto che squadra che vince non si cambia, Grand Drifter si è affidato ancora una volta ai musicisti del giro Yo Yo Mundi (Andrea Cavalieri, Eugenio Merico, Chiara Giacobbe, Simone Lombardo), band in cui ha anche militato, lasciando così la produzione nelle salde mani di Paolo Enrico Archetti Maestri, stavolta affiancato dall’esperto Dario Mecca Aleina. Disco autunnale e giocato su una serie di mid-tempo dallo stile melodico molto uniforme, da cui forse proprio l’inizio etereo di A Deal with the Rain si discosta un poco. Il suo è uno stile che potrebbe avere molti rimandi all’indie-folk degli anni 2000 così come a certo post-punk chitarristico degli anni Ottanta, con Bookends e Haunted Life, ad esempio, che potrebbero anche essere il risultato di una collaborazione tra Ben Watt (l’ex Everything But The Girl) e Johnny Marr, e bene o male anche il resto dei brani segue la stessa traccia stilistica, con l’aggiunta di qualche inserto strumentale a differenziare (Diary of Sorts insiste sulle chitarre jingle-jangle, To The Evening Stars si caratterizza per una slide-guitar a ricamo, in Hidden From Your Sight fa capolino la fisarmonica di Fabio Martino, in The Big Without il violino di Chiara Giacobbe). Da notare anche As a Light Farewell, che non va molto lontano dalla lezione del pop degli Housemartins, e una Debris che parte lenta per poi riallinearsi al ritmo del disco. Album che scorre benissimo, molto intimo, e fatto di testi che sono più delle piccole fotografie delle emozioni personali dell’autore più che vere e proprie storie da raccontare, Only Child conferma Grand Drifter come uno dei nomi nostrani da seguire attentamente.


 


Country Feedback
Intermission
[MiaCameretta Records 2021]


File Under: Slave to the Rhythm

facebook.com/countryfeedback

di Nicola Gervasini

Non molla l’osso il frusinate Antonio Tortorello, in arte Country Feedback, e continua con il secondo album Intermission a seguire una sua personalissima via che definirei, prendendomi non poche licenze poetiche, “indie-pop tribale”. Il nuovo album parte infatti là dove finiva il precedente Season Premiere, da un lavoro di studio e ricerca sulle ritmiche, sempre partendo un po’ dai battiti isterici dei Talking Heads più evoluti (o, se vogliamo aggiornare un po’ i riferimenti, potremmo anche tirare in ballo gli LCD Soundsytem), ma con in più anche quei controtempi tipici dei primi XTC o dei Gang Of Four (sentite Enemy), e l’evidente amore per la black music più d’avanguardia di ogni epoca (da Ornette Coleman a Kanye West). Ma questa volta, sempre producendo un po’ tutto da solo, con l’aiuto tecnico di Filippo Strang e qualche musicista (Costantino Mizzoni, Massimo Ceci, Lucia Scaccia, Riccardo Cacciarella), i due anni di lavoro si sono concentrati molto anche sui particolari melodici, anche con interventi strumentali molto più articolati (ad esempio i fiati di Giulio Bozzo e Damiano Drogheo di Not Quite My Tempo, titolo che già dice tutto sullo spirito del disco, che ritornano anche nello strumentale Reverse Engineering, che sperimenta l’incrocio con una base ritmica più elettronica). Per il resto i pezzi vivono di quell’elettricità percussiva tipica di quegli anni musicali, come in Orson Welles che apre il disco, ma è l’uso del pianoforte che sposta il focus più sulla canzone in episodi come Music is a Mirror e Nothing’s Really Changed, mentre Home appare come l’episodio più ipnotico, al limite dell’acido. The Shape of Things to Come è invece un finale quasi acustico e in controtendenza con un disco interessante, non immediato, ma in ogni caso non ostico, frutto di un evidente voglia di conciliare quello che suonava sperimentale quarant’anni fa con il nuovo modo di comporre canzoni più intimo e racchiuso degli anni Duemila.


 


<Credits>