Nel deserto mi affascina il fattore dell'erosione. In queste superfici hai
un tasso di erosione rapido, basta un niente e l'ambiente è diverso, cambia, non
è più lo stesso. Se piove poi….la cosa è istantanea. Ecco, il sound della mia
band ha a che fare con il concetto dell'erosione, cambia tutti i giorni, sembra
la stessa ma se guardi bene non lo è affatto. (Howe Gelb)
Proveniente dalla Pennsylvania
il giovane diciannovenne Howe Gelb, stralunato ragazzo appassionato
sia di musica country che di rock alternativo, decide di sistemarsi
a Tucson, nel deserto dell' Arizona, il luogo d'origine del padre
e dove ha passato vari anni della sua infanzia. Il suo punto d'appoggio
si chiama Rainer Ptacek, amico d'infanzia e musicista slide appassionato
dei grandi interpreti della musica country. Grazie a Rainer, Howe
non fatica ad ambientarsi e nel giro di poco ha già formato la sua
prima band ovvero i Giant Sandworms, tradotto "Vermi Giganti",
prendendo spunto dal film Dune di David Lynch e dalla somiglianza
che riscontrava tra i vermi e gli abitanti di Tucson. I compagni
di quella prima avventura si chiamavano Dave Seger, un pessimo bassista/chitarrista
amante del metal e Billy Sed alla batteria, oltre al già citato
Ptacek. Il gruppo propone vecchie cover e dopo la registrazione
dell' ep appena abbozzato Willow Wallow And Roam si rende subito
conto della difficoltà di poter sfondare in un luogo quale Tucson,
che dal punto di vista musicale non ha nulla da offrire. Da qui
la scelta di spostarsi a New York alla ricerca della loro grande
occasione. Ma la decisione si dimostra ben presto sbagliata: infatti
la città d'America che in quegli anni è in grado di fornire linfa
e stimoli alle nuove generazioni è Los Angeles, piuttosto di New
York, che dopo il glorioso decennio dei 70' cadrà nella più becera
deriva pop. Frustati dell'esperienza e reduci di Ptacek che mal
volentieri sopportava le stravaganze della band, i Vermi si sciolgono.
Howe dopo un periodo di clausura passato in luoghi sperduti nel
South Dakota a ricaricare le batterie suonando musica country rientra
a Tucson con l'intento di ripartire da zero.
La nuova avventura prende il nome di Giant Sand e vede impegnati
al fianco del nostro Scott Gaber al basso e Tom Larkins alla batteria.
Con la partecipazione di Chris Cacavas, tastierista dei concittadini
Green On Red, nel 1985 la band da alle stampe il meraviglioso esordio
di Valley Of Rain, opera che segna un grandioso passo
avanti di Gelb sia nello songwriting che nella tecnica chitarristica.
Valley Of Rain contribuisce alla notorietà della band grazie ad
un suono acido, selvaggio e profondamente radicato nei luoghi aridi
dell'Arizona, che rende i Giant Sand una band diversa dal resto
dei gruppi californiani ed in particolare del cosiddetto Paisley
undeground. Assieme ai Thin White Rope, che nello stesso anno esordiscono
con Exploring The Axis, i Giant Sand diventano i fondatori del cosidetto
"desert rock" per via di un approccio musicale post punk,
segnato da continui cambi di ritmo e sonorità visionarie che evocano
le atmosfere e i paesaggi del deserto. L'anno seguente, con l'ingresso
della futura moglie di Gelb, Paula Jean Brown alla chitarra, i Sand
realizzano il loro primo capolavoro ovvero Ballad Of Thin
Line Man che prosegue il sentiero di un rock di frontiera
visionario e selvaggio ma ne amplia l'orizzonte musicale con la
presenza di brani caratterizzati da sonorità più legate alle tradizioni
e alla polvere del deserto. Nello stesso periodo Gelb, sempre più
instancabile, da vita assieme a Ptacek al progetto parallelo di
forte impronta country Band Of Blacky Ranchette che frutterà
l'album Hearland e i successivi Sage Advise del 1990' e Still Lookin'Good
To Me del 2003.
Raggiunto un certo livello di fama e di riconoscimento all'interno
del nascente movimento roots, Howe Gelb sente il bisogno di non
assuefarsi al suono che la band ha maturato e decide di ripartire
da zero ricercando nuovi percorsi sonori meno battuti e più ostici.
I successivi due album Storm del 1987 e The
Love Songs (1988), sono dei tentativi riusciti solo in parte
di ricercare una dimensione musicale più ampia e non convenzionale.
In Storm, i Sand abbandonano in parte l'irruenza delle chitarre
elettriche per sperimentare un suono più cantautorale e meno irruento,
mentre con The Love Song, album che segna l'ingresso del drumming
John Convertino, Gelb si diverte a passare da sonorità funk, pop
con continui cambi di ritmo. La vera svolta musicale che sancisce
il passaggio all'età adulta della band è però il successivo stralunato
Long Stem Rant. L'album vien realizzato in soli 3
giorni in una baracca dispersa a Rimrock, California nel pieno deserto
Mojave, dove Gelb in compagnia del solo Convertino si rifugia per
esorcizzare i demoni del recente divorzio. L'album che ne esce è
un insieme di schegge impazzite, appunti, idee abbozzate che spaziano
tra il rock classico, l'heavy-metal, il country e folk e perfino
il rap tutto a testimoniare un approccio sperimentale e domestico.
L'album oltre rappresentare uno primi esempi di musica Lo-Fi, sancisce
il cambio d'indirizzo della band sempre più interessata ad un linguaggio
musicale a bassa fedeltà in grado di esprimere gli stati d'animo
e di cogliere l'attimo. Le tre opere successive sanciscono il nuovo
corso e seppur profondamente diverse tra loro vengono etichettate
come una santa trilogia del deserto inteso sempre più come luogo
della mente e dell'anima.
Nel 1990 esce l'ottimo Swerve, l'album segnato dalla
presenza di ospiti eccellenti dell'epopea paisley quali il solito
Cacavas e Steve Wynn, ha una forte impronta elettrica e rimanda
a certe sonorità degli anni 70 e al Dylan più anfetaminico, ovviamente
il tutto riletto con il solito approccio sperimentale. Ramp
del 1991 sancisce l'entrata nel gruppo del bassista Joey Burns,
fortemente raccomandato da Convertino, ed è un lavoro atipico per
un epoca che ancora non ha conosciuto la rivoluzione no depression.
Metà dell'album è infatti rappresentata da tracce d'impronta totalmente
country influenzate dal nuovo padre spirituale il vecchio cowboy
Poppy Allen che diventerà ospite fisso della comitiva. Nel 1992,
dopo l'uscita dell'esordio discografico solista di Gelb (Dreaded
Brown Recluse 1991) esce Center Of Universe ed è un
vero e proprio pugno nello stomaco. La band rilegge la propria dimensione
desertica con un approccio grunge prendendolo a prestito da Sonic
Youth e Nirvana, un alto condensato di feedback e rumore bianco.
Dopo un disco di transizione quale Purge e Slouch,
nel 1994 i Sands danno alle stampe il capolavoro della maturità
ovvero l'arido Glum. Con la presenza sporadica dei
soliti amici (Victoria Williams, Poppy Allen, Chris Cacavas, Rainer
Ptacek, Lisa Germano) la band, mai come in questo caso completamente
coesa, ci regala un opera scontrosa ma ricca di fascino dove le
sonorità visionarie e le chitarre aspre e sbilenche, ci catapultano
nel lato più selvaggio del deserto.
Gli anni a venire segnano
un lungo periodo di pausa per il gigante di sabbia che verrà intervallato
dall'uscita di inutili raccolte (Good & Service), album dal vivo
(Backyard Barbecue Broadcast) e bootleg ufficiali ( Volume 1: Official
Bootleg Series). I nuovi protagonisti del dopo Glum diventano in
realtà Burns e Convertino, che entrati in contatto con i concittadini
Friend of Dean Martin danno vita ad un progetto parallelo denominato
Calexico (il cui nome deriva proprio dalla città di confine
Calexico, California a sua volta frutto del un mix tra California
e Mexico) volto al recupero delle tradizioni messicane e dei suoni
del confine. Un'altra interpretazione del deserto più folkloristico
e popolare a differenza dell'approccio visionario e mentale dei
Sands. Nel 1997 i tre Sands si ritrovano riuniti nel progetto OP8
che vede il supporto musicale alla ex musa ispiratrice di John Mellencamp,
Lisa Germano, straordinaria violinista nonché valida cantautrice
che già aveva partecipato alle sedute di Glum. Il progetto OP8 produrrà
l'ottimo Slush, dove il songwriting dimesso e malinconico della
Germano si sposa alla meraviglia con le sonorità domestiche ed ambientali
dei Sands. Il 1998 è segnato dalla morte dell'amico fraterno Rainer,
cresciuto tra le radiazioni dell'Arizona che già in passato uccisero
John Wayne. La musica che ne seguirà sarà un condensato di ricordi,
memorie e dolore per una perdita che lascierà in Gelb un segno profondo.
Il lutto ed il ricordo confluiranno prima nell'album solista Hisser,
opera personale carica di ballate dolenti e cantautorati, per poi
affiorare nel 2000 in modo più meditato e riflessivo nel capolavoro
assoluto dei Giant Sand, quel Chore of Enchantment
che ne segnerà inesorabilmente il crepuscolo. Proprio quando nessuno
se l'aspettava, la band realizza un meraviglioso condensato di ballate
ipnotiche, riflessive e minimali che rileggono in maniera personale
le tradizioni country e folk con una approccio domestico, sussurrato,
volutamente in grado di mettere in risalto quei dettagli, quei silenzi,
spesso nascosti nei solchi dei dischi. L'episodio successivo, Cover
Magazine del 2002, è un album prevalentemente di cover che
poco aggiunge alla storia e al percorso musicale dei tre Sands che
decidono di comune accordo e senza alcuna frizione di sciogliersi.
Il resto è storia di oggi, se da un lato i Calexico continuano nel
loro percorso producendo dischi ormai sempre più uguali tra loro,
Gelb attivo e mutevole come al solito trova nella collaborazione
con i nuovi giovani musicisti danesi Anders Pedersen (chitarra,
lap steel e mandolino), Thoger T. Lund (basso e contrabbasso) e
Peter Dombernowsky (batteria) già presenti nel disco solista The
Listener, la scintilla per rigenerare clamorosamente il marchio
Giant Sand. Nel 2004 il nuovo progetto produrrà il frizzante It's
All Over Map poi seguito nel 2008 dall'altrettanto positivo
ProVision, lavori che seppure non aggiungano nulla
a quanto già detto hanno il merito di portare un'ondata di aria
fresca nonchè di ottima musica, che non perde il proprio legame
con i paesaggi aridi e le atmosfere del deserto. L'uscita in questo
ultimo periodo del positivo Blurry
Blue Mountain ci conferma ancora una volta come Howe
Gelb continui ad essere indispensabile.
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Ballad of Thin Line Man [Zippo, 1986]
Dopo
il positivo esordio di Valley Of Rain, con l'ep Ballad of Thin line man
che segna l'ingresso nella band della cantante chitarrista (e futura moglie di
Gelb) Paula Jean Brown, i Giant Sant raggiungono la completa maturità artistica.
Opera di primo piano da annoverarsi assieme a In The Spanish Cave dei Thin White
Rope tra i migliori esempi del nascente desert rock americano degli anni '80,
Thin Line Man prosegue nella strada di un polveroso e acido folk rock di frontiera
nato sulle ceneri della rivoluzione punk, ma rispetto all'album d'esordio offre
una straordinaria varietà di soluzioni e idee in grado di riassumere in poco più
di 30 minuti il meglio della musica americana di quel decennio. Da ballate incendiarie
che ricordano a tratti i Gun Club (Thin Line Man),
a straordinarie cavalcate desertiche (Body Of War,
A Hard Man To Get To Know) da struggenti
tracce crepuscolari (You Can't Put Arms Around A Memory)
fino a bucoliche country ballads che rimandano al progetto parallelo di Gelb Band
of Blacky Ranchette (Who Am I, Graveyard),
Thin Line Man è senza dubbio una pietra miliare che ha contribuito in modo determinate
a dettare le regole della nuova rivoluzione roots. Ancora lontani dalla svolta
lo-fi ed ancorati alla forma convenzionale dei brani, i Giant Sand stupiscono
per la loro capacità di cambiare il ritmo in corsa, di passare improvvisamente
da momenti di selvaggio furore post punk a tratti suggestivi carichi di silenzio
e pioggia, dove il fraseggio disordinato e visionario di una chitarra elettrica
ci catapulta in paesaggi aspri e desertici. Howe Gelb, oltre a confermare le sue
straordinarie doti compositive, stupisce per lo straordinario stile chitarristico
che, mettendo in primo piano il groove e la capacità di comunicare emozioni tramite
poche note evocative e ipnotiche rispetto alla perfezione tecnica, appare degno
discepolo del Neil Young visionario degli anni '70. Il credito verso il passato
viene assolto con le potenti e stralunate cover di Dylan (All
Along The Watchtover) e di Johnny Thunders (Can't
Put Your Arms Around A Memory ) mentre una meravigliosa quanto romantica
Desperate Man, che conclude l'album, si erge
come inno giovanile di una generazione sotterranea che sta riscrivendo le basi
dell'american music moderna.
Long Stem Rant [Homestead, 1989]
Bistrattato
dalla stampa e dagli stessi critici, che nel giro di qualche anno avrebbero acclamato
la rivoluzione Lo Fi dei Pavement, Sebadoh, Polvo (per citarne alcuni), Long
Stem Rant testimonia il cambio di indirizzo della band sempre più interessata
ad un linguaggio musicale non convenzionale e a bassa fedeltà in grado di esprimere
gli stati d'animo e di cogliere l'attimo. Musica domestica che arriva subito al
nocciolo e alla sostanza senza copioni da seguire e senza formalismi, come ci
spiegherà Howe Gelb. Vero spartiacque tra la fase post punk di gioventù e la maturità
artistica, Long Stem Rant nasce principalmente come bisogno di staccare la spina
dopo un periodo carico di stress. Il pesante tour che ha coperto sia gli USA che
l'Europa, ed in particolare il divorzio artistico e privato di Gelb con Paula
Jean Brown, induce Howe in compagnia del solo John Convertino a rifugiarsi per
tre giorni come perfetti eremiti in una baracca a Rimrock nel deserto Mojave vicino
al Joshua Tree, carichi solo di strumenti di infima qualità e della voglia di
lasciar affluire le proprie idee in completa libertà. Il risultato che ne esce
è musica piena di energia, che coglie l'attimo con la massima sincerità. Sono
schegge impazzite, appunti, idee abbozzate e traccie più compiute che spaziano
liberamente dal country (Loving cup), all'heavy-metal
(Bloodstone, Anthem),
dal jazz (Smash Jazz), e perfino al rap (Sandman).
C'è spazio anche per tracce più compiute quali gli stupendi country rock Paved
Road To Berlin, Get To Leave e
lo stralunato blues di frontiera Return of The Big Red
Guitar, ma appaiono momenti di passaggio in un'opera dove la durata
media dei brani è di due minuti. Musica come terapia e purificazione dell'anima,
dove il deserto diventa luogo della mente e del cuore in continua mutazione. Dopo
Long Stem Rant i Sands non saranno più gli stessi.
Glum [Imago, 1994]
Meno
sgangherato e frammentario rispetto ai lavori precedenti, Glum ci
catapulta in viaggio affascinante nel lato più selvaggio e inospitale del deserto.
Il sound è aspro, scarno a tratti ostile e un atmosfera sinistra percorre le note
di 11 meravigliose tracce in bilico tra un rock teso, visionario, lunare e ballate
di un country polveroso e cosmico. Glum è una terra di nessuno in cui il Lou Reed
più cinico incontra il Neil Young di Zuma e On the Beach, dove innocue country
songs si trasformano in una vortice di lampi e feedback e dove sgangherate e bucoliche
ballate ci scaldano il cuore, fornendo un temporaneo riparo dalla tempesta. Registrato
e mixato a New Orleans dal produttore sudista Malcom Burn (Human Wheels di Mellencamp,
American Caesar di Iggy Pop), Glum è un capolavoro indiscusso in cui l'eclettico
songwriting di Gelb trova la perfetta sintonia in una band per la prima volta
coesa e completamente a suo agio nei cambi di ritmo e nelle atmosfere lunari dell'album.
L'album inizia con la stupenda title track, arpeggio dimesso, voce spettrale,
fino all'improvviso assolo scheletrico che rimanda al Neil Young di Dead Man,
invertendo il groove del brano verso un country elettrico, acido e psichedelico.
Yer Ropes è un grande country-rock polveroso
e compatto con tanto di dobro suonato dall'amico Rainer e controcanto femminile,
Happestance, drammatica e sinistra ci proietta
in un paesaggio lunare con un assolo da brividi. Frontage
Road è una ballata elettrica lenta, sporca e carica di feedback, mentre
Helvakowoby è un deviato jazz-lounge da French Quarter con Cacavas all'organo
e Lisa Germano al violino. Dopo l'elettrica Painted Point
è la volta dei due capolavori del disco: una sbilenca quanto struggente Spun
con la voce fragile e dolente di Victoria Williams e Left
una stupenda ballata country cantata con voce svogliata, che si tramuta nel mezzo
in una tempesta elettrica stile Grunge per poi recuperare sul finale l'andamento
pacato. Dopo Faithful in cui sembra di intravedere
Lou Reed alla deriva sotto il sole infuocato di Zabriskey Point, è la volta di
una stonata Bird Song dove una base ritmica
a bassa fedeltà accompagna il sinistro canto di bambini. L'album si conclude con
I'm so lonesome I could cry di Hank Williams
cantata dal vecchio cowboy Pappy Allen, amico e mentore di Howe Gelb scomparso
durante le registrazioni, a cui è dedicato l'album. Imperdibile.
Is All Over the Map [Thrill Jockey, 2004]
Dopo
le dichiarazioni di scioglimento consensuale che hanno accompagnato lo sbiadito
Cover Magazine del 2002, Gelb imprevedibile e camaleontico come sempre stupisce
tutti ripartendo da zero, rifondando la band con nuovi musicisti e rimpiazzando
gli storici Convertino e Burns, ormai impegnati a tempo pieno nel progetto mariachi
dei Calexico, con giovani musicisti danesi. Che il progetto Giant Sand
fosse in qualche modo associato in maniera inequivocabile agli umori e alle idee
del suo fondatore era risaputo, ma che dopo circa vent'anni di carriera il marchio
venisse stravolto rinascendo con musicisti europei che poco hanno in comune con
le atmosfere e la cultura dei grandi spazi e del deserto americano, nessuno se
lo sarebbe aspettato. A seguito del matrimonio con la danese Sofie Albertsen,
il raggio d'azione di Gelb si sposta sempre più dal deserto di Tucson alla vecchia
Europa ed in particolare alla Danimarca, dove viene in contatto con giovani musicisti
locali che forniscono a Gelb quegli stimoli e quelle idee tali da convincerlo
a riprendere in mano il percorso interrotto. I nuovi giganti di sabbia assumono
il volto di Anders Pedersen alla chitarra, Thøger T. Lund al basso e Peter Dombernowsky
alla batteria, musicisti che già avevano già dato positivamente accompagnato Gelb
nell'ultima prova solista "The Listener". Is All Over The Map stupisce
tutti per la freschezza dei suoni e del songwriting che testimoniano un' energia
e nuova vitalità che sembrava ormai perduta. Certo, impossibile attendersi innovazioni
sostanziali, ma di certo l'album non va confuso con le inutili operazioni di restyling
di band ormai obsolete che più nulla hanno da offrire. Gelb appare rinfrancato,
sereno ed il suo approccio musicale, più diretto meno camaleontico del solito,
appare più maturo e consapevole, contribuendo a creare un album godibile e senza
sfumature. L'atmosfera sotterranea del deserto, filtrata con gli schemi di un
rock ipnotico e riflessivo già adottati in Chore, continua ad essere il leit motiv
del nuovo corso (Classico, Cracklin'
Water, Hood (View From A Heidelburg Hotel)
ma entrano in scena anche rimandi alla vecchia europa quali la bellissima Les
Forçats Innocents dove atmosfere bohemien francesi si coniugano alla
perfezione con ritmi bossanova, o lo spaghetti western intimista di Napoli.
Da ricordare il blues acido Remote o le bellissime
stralunate ballate polverose NYC of Time,
Flying around the sun at remarkable speed,
Muss ovvero gli episodi più classicamente
Giant Sand. I nuovi Giant Sand non saranno certo ricordati per innovazione o sperimentalismo,
ma senza dubbiocontinuano a rappresentare con dignità e valore quel rock marginale
di frontiera sempre più privo di nuovi punti di riferimento.
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Valley of Rain
[Enigma, 1985]
Il
disco d'esordio dei Giant Sand è un fiume in piena, un condensato di acidi
folk rock che puzzano di punk e di tradizioni. Esattamente la quintessenza del
roots rock di quegli anni, ovvero musica nata sulle ceneri della rivoluzione punk-hardcore
ma che, come scrisse sul Mucchio Selvaggio di allora Vito Morawetz "odora" di
passato ma non è passato e neppure ci assomiglia. I Giant Sand di Valley
Of Rain si distinguono però dal resto dei gruppi californiani di quegli
anni ed in particolare dal movimento Paisley per il loro distintivo background
desertico, frutto della loro provenienza dall'Arizona, che li avrebbe associati
semmai alla musica arida e visionaria di una altra grande band quali i Thin White
Rope, i quali proprio nello stesso anno avrebbero esordito con Exploring The Axis.
L'avrebbero chiamato Desert Rock per la capacità di queste band di evocare, grazie
a sonorità selvagge e allo stesso tempo visionarie e segnate da continui cambi
di ritmo, i paesaggi del deserto pieni di suggestione e colori. Le 10 tracce di
Valley Of Rain, seppur disco d'esordio, ci consegnano una band che già dimostra
di aver raggiunto un'invidiabile maturità artistica ed in grado di rileggere i
maestri del passato (Neil Young, Bob Dylan, Grateful Dead) con uno stile personale
e distintivo. L'album è un mix di incendiarie cavalcate post punk segnate da uno
stile ipnotico e febbrile, dove a dettare i ritmi è la chitarra selvaggia di Gelb
in grado di guidare la band verso momenti infernali di deflagrazione elettrica
per poi passare improvvisamente a momenti di pausa e silenzio. Pezzi quali Down
On Town (Love's No Answer), Black Venetian
Blind, Course Of Thousand Flames,
Tumble of Tear sono cavalcate elettriche
tra le più potenti mai scritte da Gelb, mentre ballate apparentemente innocue
quali il country acido di Artist e Death,
Dying And Channel 5 si tramutano improvvisamente in bombe nucleari.
Da ricordare il capolavoro dell'album, ovvero la straordinaria quanto romantica
title track dove il contributo di Cacavas concorre a trasformare la ballata in
un momento di assoluta poesia. Un esordio importante.
Swerve [Restless,
1990]
Uscito
nel 1990 dopo l'album Sage Advice del progetto Band of Blacky Ranchette, Swerve
è un lavoro che seppur caratterizzato dal solito approccio Lo Fi e da momenti
di libera divagazione del post Long Stem Rant, segue un chiaro e definito tema
musicale in linea con un rock elettrico che rimanda agli anni 70' e al Paisely
underground e dove le chitarre sono sempre rigorosamente in primo piano. Al fianco
del duo Gelb - Convertino e al bassista Marc Walton, c'è una sgangherata comitiva
di losers che annovera tra gli altri Chris Cacavas, fuoriclasse dei primi Green
On Red (già frequentatore in passato della tribù), Steve Wynn reduce dal doloroso
scioglimento dei Dream Syndicate e pronto alla pubblicazione del debutto solista
Kerosene Man, la giovane cantante e bassista dei Blake Babies Juliana Hatfield,
che avrebbe esordito a breve con l'album campione d'incassi Hey Babe e la strana
band hawaiana Poi Dog Pondering, portatrice di una combinazione musicale tra folk
music ed elettronica. Swerve si fa ricordare, oltre che per l'ottima qualità compositiva
delle tracce, per un suono essenziale, diretto e composto da forti venature psichedeliche,
dove il contributo degli ospiti ed in particolare dall'organo di Cacavas risulta
essenziale. L'album spazia dalle ballate anfetaminiche con riferimenti al Dylan
dei sixties quali la cover Every Grain Of Sand
e la straordinaria Trickle Down System, in
cui l'atmosfera comunitaria ci ricorda i Basement Tapes o il weekend perso di
Danny & Dusty, a brani tipicamente Paisley ovvero caratterizzati da un giusto
condensato di psichedelica ed elettricità quali la straordinaria Dream
Stay, Some Kind of e Sister
& Brothers. Capolavoro dell'album è senza dubbio l'ubriaca Angel
at Nights, dove un travolgente mix di chitarre scordate e voci sbilenche
colorano una ballata dal ritmo medio che viene stravolta e ribaltata da continui
cambi di ritmo. C'è poi spazio per il power pop Can't
Find Love che assolve il ruolo di brano da copertina, per un condensato
di suoni funk, jazz, blues quale Former Versions of Ourselves
e per l'immancabile serie di tracce di suoni e rumori fuori programma che ci confermano
ancora una volta la straordinaria voglia di sperimentare di Gelb.
Ramp [Restless, 1991]
A
distanza solo di un anno dalla pubblicazione dell'elettrico Swerve, esce l'album
Ramp, segnato dall'ingresso nella band del bassista Joey Burns,
raccomandato da John Convertino, con il quale nel giro di qualche anno fonderà
i Calexico. Con Burns, bassista dotato di uno stile diretto ed ordinato che si
coniuga alla perfezione con il drumming jazzato e multifunzionale di Convertino,
si consolida così una nuova sezione ritmica in grado di bilanciare alla perfezione
l'istinto sperimentale ed il chitarrismo eclettico di Gelb. L'album, nonostante
sia meno originale del predecessore e caratterizzato a tratti da una certa semplicità
compositiva, si mantiene su livelli più che dignitosi. Suddiviso in maniera paritetica
tra brani di stampo rigorosamente country che assorbono le intuizioni del progetto
roots Band of Blacky Ranchette e brani di stampo più tipicamente elettrico caratterizzati
dai consueti cambi di ritmo, Ramp viene ricordato come uno dei dischi più ordinati
e "convenzionali" della band. In anticipo di qualche anno dall'esplosione del
fenomeno Uncle Tupelo, i Sands, come al solito in controtendenza, non si vergognano
di attingere dall'immenso serbatoio della musica tradizionale americana e riempono
quasi la metà del disco con tracce di un country alternativo e polveroso che vedono
la presenza del nuovo guru spirituale di Gelb, il vecchio cowboy's singer Pappy
Allen (Welcome to my world e Nowhere)
di Victoria Williams (Seldom Matters, Wonder
e in Resolver dove suona il banjo) e dell'immancabile
amico fratello Rainer al banjo. Il resto dell'album è composto da pezzi elettrici
e tirati, che rimandano ad un country arruffato alla Crazy Horse e al Lou Reed
di Rock'n Roll Animals. Bella e pop l'inziale Warm Storm
con il ritornello cantato assieme alla moglie Paula Jean Brown e che entra subito
nel cervello. Meravigliosa e tirata è Romance of Falling
che rimanda al primo desert rock di Valley of Rain, il torrido folk-rock con ritmi
tribali di Z.Z Quicker Foot, e la loureediana
Always Horses Coming. L'album si chiude con
il solito stralunato blues (Patsy's Blues)
che accompagna le urla e le grida della figlia di Gelb, Indiosa.
Center of Universe [Restless, 1992]
Opera
che divide critica e fans, per molti autentico capolavoro da annoverarsi tra i
10 album più rappresentativi del decennio, per altri un inascoltabile concentrato
di difetti e rumori fastidiosi. Come al solito in questi casi probabilmente la
verità sta nel mezzo. Per capire di cosa stiamo parlando il termine musicale forse
più consono per definire il suono di Center of Universe è senza
dubbio Country's Grunge. Camaleontico e mutevole fino al midollo, Gelb decide
infatti di analizzare l'anima e lo spirito del nuovo rock alternativo americano,
rileggendo a suon di rumore e di feedback le sue sbilenche e sperimentali visioni
desertiche. La grandezza della band è fuori discussione ed in pochi potrebbero
permettersi un esperimento simile senza cadere nel banale o semplicemente senza
uscire dal percorso di un progetto musicale che deve comunque rimanere ancorato
alle tradizioni. I Sands non devono imparare da nessuno e maneggiano la materia
come fossero dei maestri del genere, risultando in certi brani addirittura più
credibili di Nirvana e compagni. L'universo poetico di Gelb, fatto di visioni
desertiche, di aspri folk-rock, di arruffati country polverosi o ipnotiche ballate
di frontiera, viene stravolto con un arrangiamento spiazzante carico di rumore
bianco e di chitarre che sembrano motoseghe. A tratti il muro sonoro di feedback
è talmente dirompente da farci credere di essere finiti in un album dei Melvins
(Seede 'tween bone and bark) o dei Sonic Youth
(Sonic Drive Inn, Untitled),
in altri casi concorre a colorare meravigliose ballate di frontiera (Loretta
and the insect world, Pathfinder,
Off Ramp Man, Live
to Tells) o straordinari country rock che rimandono al solito Neil
Young (Salomon's Ride). Essenziale come al
solito è il contributo di Cacavas, che concorre ad indirizzare la title track,
una lenta e ipnotica ballata grunge che puzza di catrame, verso sonorità psichedeliche
e sixties. Ad alleggerire il boccone ci pensano un pugno di ballate acustiche
che sanno di diavoli e polvere e che ci rimandano ai tramonti rosso fuoco del
deserto (Thing Like That, Unwed
And Well Sped). Center of Universe è un opera importante perché concorre,
seppur con i difetti e gli errori del caso ad ampliare quel lavoro di ricerca
e di sperimentazione della musica tradizionale americana che ha rappresentato
la vera grande conquista delle giovani generazioni di musicisti nell'epoca post
punk. Che lo chiamino countr'ys grunge o semplicemente alternative country, di
certo i Giant Sand sono degli autentici visionari.
Storm
[What Goes On, 1988]
The Love Songs [Homestead, 1988]
Purge & Slouch [Restless, 1993]
Backyard
Barbecue Broadcast [Koch, 2009]
Cover Magazine [Thrill Jockey, 2002]
ProVISIONS [Thrill Jockey, 2008]
Per
una band che ha fatto della sperimentazione e della ricerca un caposaldo della
propria carriera musicale, è lecito attendersi in trent'anni di carriera che non
tutto possa dirsi essenziale, parliamo ovviamente di alcune opere che seppur mai
completamente disprezzabili, riascoltate con un approccio retrospettivo appaiono
meno incisive e comunque riservate ai veri affezionati. E' il caso in particolare
delle opere seguenti i due torrenziali album d'esordio Valley of Rain e Ballad
of Thin Line Man, ovvero il terzo album Storm del 1987 ed il quarto
The Love Song del 1988. Entrambi i lavori, seppur diversi fra loro,
più cantautorale e melodico il primo più elettrico e variegato il secondo, appaiono
semmai delle opere di transito dei tentativi ancora sfuocati di una band ancora
alla ricerca della propria maturità musicale. In Storm, il cambio di registro
verso un suono più addomesticato e carico di ballate da stazione radiofonica spiazza
tutti. Appaiono i fantasmi di un rock mainstream fatto di sonorità easy listening
con rimandi agli anni 50. Belle le pop rock Bigger Than
That, Uneven Light of Day, Town
Where No Town Belongs, la country song Three
6xies, la rock'n roll Big Rock
e le ballate quali Town With A Little Or No Pity,
The Replacement. C'è spazio anche per ballad
introspettive solo voce e piano come Was Is a Big Worl
alla Randy Newman e per una cover di The Weight
della Band. Discorso diverso per The Love Song del 1988, qui il suono torna ad
essere in parte elettrico e torrenziale, ma a differenza del sound post punk dell'esordio,
i Sand iniziano a dare i primi segnali di insofferenza per qualsiasi forma di
ordine lasciando intravedere i primi indizi di quell'approccio nomade e sperimentale
che ne segnerà la maturità artistica. Se canzoni quali l'iniziale Wearing
The Robes Of Bible e Block e Almost
The politician's Wife rimandano ad un Dylan ad alto tasso alcolico,
pezzi quali One Man's Women/No Man's Land
ed in parte Love Like Train sono delle vere
e proprie spiazzanti incursioni nella musica funky & Soul. C'è spazio per un bel
condensato di revival rock'n roll ad alto tasso elettrico con pezzi quali
Mad Dog A Man e Mountain Of Love, che
confluiscono poi in stridenti e fumose ballate da piano bar alla Tom Waits quali
Is That All There Is. Insomma c'è un po di
tutto, anche intromissioni di pop elettronica come Finger
Nail Moon, per un disco che seppur godibile e pieno di buone intuizioni
appare comunque di transizione.
Altro lavoro che svolge il ruolo di riempitivo
tra la trilogia del deserto Swerve, Ram e Center e il successivo capolavoro Glum
è l'album Purge & Slouch del 1993 che conta la presenza in aggiunta
al trio storico di ospiti quali Susan Cowsill e Vicki Peterson (ex Bangles). L'album
è un condensato di allucinati frammenti, idee e appunti che spaziano da un genere
all'altro con alcune eccezionali intuizioni come la bellissima Elevator
Music. Non essenziale ma godibile. Gli anni '90 proseguono poi con
l'avvento di un infinità di compilation (Good & Service 1996 ) album live (Stromausfall
1993 e Backyard Barbecue Broadcast 1995) ed un fiume di bootleg ufficiali venduti
in rete dalla band (Volume Official Bootleg Series, Volume 2, The Rock Opera Years,
Volume 3 Unsunglumm etc…) per un eccesso di pubblicazioni riservate ai fans più
incalliti. L'ultima fatica del trio Gelb Convertino e Burns, è Cover Magazine
del 2002 dove con la presenza di ospiti del calibro di PJ Harvey e della tromba
jazz Noah Thomas rileggono con il solito appiglio visionario e desertico cover
tra gli altri di Johnny Cash (I'm Leaving Now),
Neil Young (Out Of Weekend), The X (Johnny
Hit And Run Pauline) e Cave (Red Right And).
I nuovi Giant Sand rinati dopo l'ottimo It'Over The Map danno alle stampe nel
2008 all'altrettanto positivo ProVISIONS, dove proseguono con un
approccio maturo e meno stralunato rispetto al passato il loro percorso verso
sonorità notturne e desertiche. Canzoni quali Belly Full
Of Fire, Muck Machine, il country
di The Deseperate Kingdom Of Love o il lento
incidere di brani quali Pitch & Sway probabilmente
non aggiungono nulla a quanto già detto in precedenza ma ci confermano una band
che è ancora in grado di fare buona musica. | |
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