Giant Sand
"Il deserto, luogo dell'anima"

Imprevedibili, sperimentali, anticipatori di tendenze e suoni, i Giant Sand hanno percorso con assoluta dignità artistica più di vent'anni di rock alternativo e marginale, rileggendo le radici e le tradizioni della musica americana con un approccio non convenzionale, visionario e rigorosamente lo-fi. Fondatori assieme ai Thin White Rope nella prima metà degli anni 80' del cosidetto desert-rock, per via della capacità di coniugare il verbo post-punk con le atmosfere aride della frontiera, con il trascorrere del tempo "il deserto", assoluto protagonista del loro percorso musicale, da semplice luogo fisico e geografico è diventato sempre più un luogo della mente, uno stato d'animo, una radiografia dell'anima dove tutto è possibile e dove non c'è alcun copione da seguire. L'uscita del nuovo album Blurry Blue Mountain (disco del mese di novembre) e la recente ristampa (le anniversary edition per la Fire records) dei primi lavori è un'ottima occasione per rileggere i 25 anni di carriera di una delle band più visionarie e sperimentali del roots rock.

A cura di Gianluca Serra

 
:: Il ritratto

 

Nel deserto mi affascina il fattore dell'erosione. In queste superfici hai un tasso di erosione rapido, basta un niente e l'ambiente è diverso, cambia, non è più lo stesso. Se piove poi….la cosa è istantanea. Ecco, il sound della mia band ha a che fare con il concetto dell'erosione, cambia tutti i giorni, sembra la stessa ma se guardi bene non lo è affatto. (Howe Gelb)

Proveniente dalla Pennsylvania il giovane diciannovenne Howe Gelb, stralunato ragazzo appassionato sia di musica country che di rock alternativo, decide di sistemarsi a Tucson, nel deserto dell' Arizona, il luogo d'origine del padre e dove ha passato vari anni della sua infanzia. Il suo punto d'appoggio si chiama Rainer Ptacek, amico d'infanzia e musicista slide appassionato dei grandi interpreti della musica country. Grazie a Rainer, Howe non fatica ad ambientarsi e nel giro di poco ha già formato la sua prima band ovvero i Giant Sandworms, tradotto "Vermi Giganti", prendendo spunto dal film Dune di David Lynch e dalla somiglianza che riscontrava tra i vermi e gli abitanti di Tucson. I compagni di quella prima avventura si chiamavano Dave Seger, un pessimo bassista/chitarrista amante del metal e Billy Sed alla batteria, oltre al già citato Ptacek. Il gruppo propone vecchie cover e dopo la registrazione dell' ep appena abbozzato Willow Wallow And Roam si rende subito conto della difficoltà di poter sfondare in un luogo quale Tucson, che dal punto di vista musicale non ha nulla da offrire. Da qui la scelta di spostarsi a New York alla ricerca della loro grande occasione. Ma la decisione si dimostra ben presto sbagliata: infatti la città d'America che in quegli anni è in grado di fornire linfa e stimoli alle nuove generazioni è Los Angeles, piuttosto di New York, che dopo il glorioso decennio dei 70' cadrà nella più becera deriva pop. Frustati dell'esperienza e reduci di Ptacek che mal volentieri sopportava le stravaganze della band, i Vermi si sciolgono. Howe dopo un periodo di clausura passato in luoghi sperduti nel South Dakota a ricaricare le batterie suonando musica country rientra a Tucson con l'intento di ripartire da zero.

La nuova avventura prende il nome di Giant Sand e vede impegnati al fianco del nostro Scott Gaber al basso e Tom Larkins alla batteria. Con la partecipazione di Chris Cacavas, tastierista dei concittadini Green On Red, nel 1985 la band da alle stampe il meraviglioso esordio di Valley Of Rain, opera che segna un grandioso passo avanti di Gelb sia nello songwriting che nella tecnica chitarristica. Valley Of Rain contribuisce alla notorietà della band grazie ad un suono acido, selvaggio e profondamente radicato nei luoghi aridi dell'Arizona, che rende i Giant Sand una band diversa dal resto dei gruppi californiani ed in particolare del cosiddetto Paisley undeground. Assieme ai Thin White Rope, che nello stesso anno esordiscono con Exploring The Axis, i Giant Sand diventano i fondatori del cosidetto "desert rock" per via di un approccio musicale post punk, segnato da continui cambi di ritmo e sonorità visionarie che evocano le atmosfere e i paesaggi del deserto. L'anno seguente, con l'ingresso della futura moglie di Gelb, Paula Jean Brown alla chitarra, i Sand realizzano il loro primo capolavoro ovvero Ballad Of Thin Line Man che prosegue il sentiero di un rock di frontiera visionario e selvaggio ma ne amplia l'orizzonte musicale con la presenza di brani caratterizzati da sonorità più legate alle tradizioni e alla polvere del deserto. Nello stesso periodo Gelb, sempre più instancabile, da vita assieme a Ptacek al progetto parallelo di forte impronta country Band Of Blacky Ranchette che frutterà l'album Hearland e i successivi Sage Advise del 1990' e Still Lookin'Good To Me del 2003.

Raggiunto un certo livello di fama e di riconoscimento all'interno del nascente movimento roots, Howe Gelb sente il bisogno di non assuefarsi al suono che la band ha maturato e decide di ripartire da zero ricercando nuovi percorsi sonori meno battuti e più ostici. I successivi due album Storm del 1987 e The Love Songs (1988), sono dei tentativi riusciti solo in parte di ricercare una dimensione musicale più ampia e non convenzionale. In Storm, i Sand abbandonano in parte l'irruenza delle chitarre elettriche per sperimentare un suono più cantautorale e meno irruento, mentre con The Love Song, album che segna l'ingresso del drumming John Convertino, Gelb si diverte a passare da sonorità funk, pop con continui cambi di ritmo. La vera svolta musicale che sancisce il passaggio all'età adulta della band è però il successivo stralunato Long Stem Rant. L'album vien realizzato in soli 3 giorni in una baracca dispersa a Rimrock, California nel pieno deserto Mojave, dove Gelb in compagnia del solo Convertino si rifugia per esorcizzare i demoni del recente divorzio. L'album che ne esce è un insieme di schegge impazzite, appunti, idee abbozzate che spaziano tra il rock classico, l'heavy-metal, il country e folk e perfino il rap tutto a testimoniare un approccio sperimentale e domestico. L'album oltre rappresentare uno primi esempi di musica Lo-Fi, sancisce il cambio d'indirizzo della band sempre più interessata ad un linguaggio musicale a bassa fedeltà in grado di esprimere gli stati d'animo e di cogliere l'attimo. Le tre opere successive sanciscono il nuovo corso e seppur profondamente diverse tra loro vengono etichettate come una santa trilogia del deserto inteso sempre più come luogo della mente e dell'anima.

Nel 1990 esce l'ottimo Swerve, l'album segnato dalla presenza di ospiti eccellenti dell'epopea paisley quali il solito Cacavas e Steve Wynn, ha una forte impronta elettrica e rimanda a certe sonorità degli anni 70 e al Dylan più anfetaminico, ovviamente il tutto riletto con il solito approccio sperimentale. Ramp del 1991 sancisce l'entrata nel gruppo del bassista Joey Burns, fortemente raccomandato da Convertino, ed è un lavoro atipico per un epoca che ancora non ha conosciuto la rivoluzione no depression. Metà dell'album è infatti rappresentata da tracce d'impronta totalmente country influenzate dal nuovo padre spirituale il vecchio cowboy Poppy Allen che diventerà ospite fisso della comitiva. Nel 1992, dopo l'uscita dell'esordio discografico solista di Gelb (Dreaded Brown Recluse 1991) esce Center Of Universe ed è un vero e proprio pugno nello stomaco. La band rilegge la propria dimensione desertica con un approccio grunge prendendolo a prestito da Sonic Youth e Nirvana, un alto condensato di feedback e rumore bianco. Dopo un disco di transizione quale Purge e Slouch, nel 1994 i Sands danno alle stampe il capolavoro della maturità ovvero l'arido Glum. Con la presenza sporadica dei soliti amici (Victoria Williams, Poppy Allen, Chris Cacavas, Rainer Ptacek, Lisa Germano) la band, mai come in questo caso completamente coesa, ci regala un opera scontrosa ma ricca di fascino dove le sonorità visionarie e le chitarre aspre e sbilenche, ci catapultano nel lato più selvaggio del deserto.

Gli anni a venire segnano un lungo periodo di pausa per il gigante di sabbia che verrà intervallato dall'uscita di inutili raccolte (Good & Service), album dal vivo (Backyard Barbecue Broadcast) e bootleg ufficiali ( Volume 1: Official Bootleg Series). I nuovi protagonisti del dopo Glum diventano in realtà Burns e Convertino, che entrati in contatto con i concittadini Friend of Dean Martin danno vita ad un progetto parallelo denominato Calexico (il cui nome deriva proprio dalla città di confine Calexico, California a sua volta frutto del un mix tra California e Mexico) volto al recupero delle tradizioni messicane e dei suoni del confine. Un'altra interpretazione del deserto più folkloristico e popolare a differenza dell'approccio visionario e mentale dei Sands. Nel 1997 i tre Sands si ritrovano riuniti nel progetto OP8 che vede il supporto musicale alla ex musa ispiratrice di John Mellencamp, Lisa Germano, straordinaria violinista nonché valida cantautrice che già aveva partecipato alle sedute di Glum. Il progetto OP8 produrrà l'ottimo Slush, dove il songwriting dimesso e malinconico della Germano si sposa alla meraviglia con le sonorità domestiche ed ambientali dei Sands. Il 1998 è segnato dalla morte dell'amico fraterno Rainer, cresciuto tra le radiazioni dell'Arizona che già in passato uccisero John Wayne. La musica che ne seguirà sarà un condensato di ricordi, memorie e dolore per una perdita che lascierà in Gelb un segno profondo.

Il lutto ed il ricordo confluiranno prima nell'album solista Hisser, opera personale carica di ballate dolenti e cantautorati, per poi affiorare nel 2000 in modo più meditato e riflessivo nel capolavoro assoluto dei Giant Sand, quel Chore of Enchantment che ne segnerà inesorabilmente il crepuscolo. Proprio quando nessuno se l'aspettava, la band realizza un meraviglioso condensato di ballate ipnotiche, riflessive e minimali che rileggono in maniera personale le tradizioni country e folk con una approccio domestico, sussurrato, volutamente in grado di mettere in risalto quei dettagli, quei silenzi, spesso nascosti nei solchi dei dischi. L'episodio successivo, Cover Magazine del 2002, è un album prevalentemente di cover che poco aggiunge alla storia e al percorso musicale dei tre Sands che decidono di comune accordo e senza alcuna frizione di sciogliersi. Il resto è storia di oggi, se da un lato i Calexico continuano nel loro percorso producendo dischi ormai sempre più uguali tra loro, Gelb attivo e mutevole come al solito trova nella collaborazione con i nuovi giovani musicisti danesi Anders Pedersen (chitarra, lap steel e mandolino), Thoger T. Lund (basso e contrabbasso) e Peter Dombernowsky (batteria) già presenti nel disco solista The Listener, la scintilla per rigenerare clamorosamente il marchio Giant Sand. Nel 2004 il nuovo progetto produrrà il frizzante It's All Over Map poi seguito nel 2008 dall'altrettanto positivo ProVision, lavori che seppure non aggiungano nulla a quanto già detto hanno il merito di portare un'ondata di aria fresca nonchè di ottima musica, che non perde il proprio legame con i paesaggi aridi e le atmosfere del deserto. L'uscita in questo ultimo periodo del positivo Blurry Blue Mountain ci conferma ancora una volta come Howe Gelb continui ad essere indispensabile.

 
 
:: Il capolavoro
 

Chore of Enchantment
[Thrill Jockey, 2000]

1. Overture // 2. (Well) Dusted (For the Millennium)// 3. Punishing Sun // 4. X-Tra Wide // 5. 1972 // 6. Temptation of Egg // 7. Raw // 8. Wolfy // 9. Shiver // 10. Dirty from the Rain // 11. Astonished (In Memphis) // 12. No Reply // 13. Satellite // 14. Bottom Line Man // 15. Way to End the Day // 16. Shrine

 

Selezionare un unico capolavoro, tra una ventina di dischi e quasi trent'anni di onorata carriera spesa a sperimentare e ad reinventare il suono "americana", è impresa estremamente ardua. Tanto più difficile per una band visionaria come i Giant Sand che nell'ossessione di non voler arrugginire ripetendo all'infinito la stessa musica si è costantemente reinventata, seguendo spesso percorsi non convenzionali e producendo opere in taluni casi completamente diverse fra loro. A tal proposito la scelta di selezionare un album come Chore Of Enchantment, che non rappresenta l'energia innovativa del gruppo (come ad esempio può essere Ballad of Thin Man) ne tanto meno la sua maturità artistica (che potrebbe essere Glum) ma è bensì l'opera che ne sancisce inesorabilmente il crepuscolo (con tutto il rispetto per i Giant Sant successivi) può sembrare azzardato quanto discutibile. Altro elemento che farà storcere il naso ai puristi è senza dubbio il fatto che Chore of Enchantment per la sua omogeneità stilistica ed unità d'insieme rappresenta esattamente l'antitesi del copione musicale prediletto dalla band che ha sempre seguito un approccio libero e irrazionale. Ma quello che emerge dall'ascolto di queste meravigliose tracce, che mescolano le tradizioni della musica folk e country ad un rock ipnotico mai come in questo caso riflessivo, intimo e minimale non ha altre definizioni se non assoluta poesia. Sarà il dolore e il lutto per la perdita dell'amico fraterno Rainer (a cui Gelb aveva già dedicato Hisser), sarà per le indirette influenze dei Calexico che trapelano nel contributo di Convertino e Burns, mai come in questo caso propositivi, o sarà esclusivamente per l'esperienza ormai ventennale maturata dalla band, ma la musica che esce dall'album è una rilettura affascinante del passato con una approccio domestico, sussurrato a tratti dimesso, volutamente in grado di mettere in risalto quei dettagli, quei silenzi, quelle piccole sfumature spesso nascoste tra i solchi di un brano che fanno sempre la differenza tra dischi normali e autentici capolavori. Incredibile come il disco non abbia sofferto in alcun modo della lunga gestazione ed in particolare del contributo offerto da tre produttori diversi (John Parish, Jim Dickinson, Kevin Salem) nonché di altrettanti luoghi di registrazione (Tucson, Memphis e New York), distinguendosi dagli altri album per omogeneità e coesione. Dopo una breve intro di archi (Overture) l'album entra subito nel vivo con una meravigliosa quanto tenebrosa Dusted, dove il suono sussurrato e l'atmosfera noir rimanda ad alcune intuizioni dei Calexico (Hot Rail). E' poi la volta del primo brano tipicamente country-folk ovvero una purissima Punishing Sun dove la voce cavernosa ed un arpeggio sbilenco di chitarra acustica dettano le regole per una magistrale rivisitazione delle tradizioni. Il brano successivo è l'ipnotica X-Tra Wide segnata dall'ottima combinazione tra radici e pop moderno. Dopo un veniale episodio rumorista (1972) l'album tocca i vertici con le tradizionali Shiver e Dirty from The Rain che ci catapultano in un meraviglioso viaggio lungo la desolazione del deserto e splendide ballate dissonanti cariche di suggestione e malinconia quali Temptation Of Eggs (dall'album Hisser con Juliana Hatfield alla seconda voce) No Reply, Wolfy e Astonished (in Memphis), dove le tradizioni country e folk vengono stravolte con arrangiamenti elettronici. C'è spazio ancora per una straordinaria Satellite in cui le sonorità dissonanti e desertiche si coniugano alla perfezione con il songwriting di Lou Reed e per una fumosa e intima Botton Line Man. Se il deserto è un luogo della mente e dell'anima, allora i Giant Sand ce l'hanno fatto scoprire.

 
:: Dischi essenziali
 

Ballad of Thin Line Man [Zippo, 1986]

Dopo il positivo esordio di Valley Of Rain, con l'ep Ballad of Thin line man che segna l'ingresso nella band della cantante chitarrista (e futura moglie di Gelb) Paula Jean Brown, i Giant Sant raggiungono la completa maturità artistica. Opera di primo piano da annoverarsi assieme a In The Spanish Cave dei Thin White Rope tra i migliori esempi del nascente desert rock americano degli anni '80, Thin Line Man prosegue nella strada di un polveroso e acido folk rock di frontiera nato sulle ceneri della rivoluzione punk, ma rispetto all'album d'esordio offre una straordinaria varietà di soluzioni e idee in grado di riassumere in poco più di 30 minuti il meglio della musica americana di quel decennio. Da ballate incendiarie che ricordano a tratti i Gun Club (Thin Line Man), a straordinarie cavalcate desertiche (Body Of War, A Hard Man To Get To Know) da struggenti tracce crepuscolari (You Can't Put Arms Around A Memory) fino a bucoliche country ballads che rimandano al progetto parallelo di Gelb Band of Blacky Ranchette (Who Am I, Graveyard), Thin Line Man è senza dubbio una pietra miliare che ha contribuito in modo determinate a dettare le regole della nuova rivoluzione roots. Ancora lontani dalla svolta lo-fi ed ancorati alla forma convenzionale dei brani, i Giant Sand stupiscono per la loro capacità di cambiare il ritmo in corsa, di passare improvvisamente da momenti di selvaggio furore post punk a tratti suggestivi carichi di silenzio e pioggia, dove il fraseggio disordinato e visionario di una chitarra elettrica ci catapulta in paesaggi aspri e desertici. Howe Gelb, oltre a confermare le sue straordinarie doti compositive, stupisce per lo straordinario stile chitarristico che, mettendo in primo piano il groove e la capacità di comunicare emozioni tramite poche note evocative e ipnotiche rispetto alla perfezione tecnica, appare degno discepolo del Neil Young visionario degli anni '70. Il credito verso il passato viene assolto con le potenti e stralunate cover di Dylan (All Along The Watchtover) e di Johnny Thunders (Can't Put Your Arms Around A Memory ) mentre una meravigliosa quanto romantica Desperate Man, che conclude l'album, si erge come inno giovanile di una generazione sotterranea che sta riscrivendo le basi dell'american music moderna.


Long Stem Rant
[Homestead, 1989]

Bistrattato dalla stampa e dagli stessi critici, che nel giro di qualche anno avrebbero acclamato la rivoluzione Lo Fi dei Pavement, Sebadoh, Polvo (per citarne alcuni), Long Stem Rant testimonia il cambio di indirizzo della band sempre più interessata ad un linguaggio musicale non convenzionale e a bassa fedeltà in grado di esprimere gli stati d'animo e di cogliere l'attimo. Musica domestica che arriva subito al nocciolo e alla sostanza senza copioni da seguire e senza formalismi, come ci spiegherà Howe Gelb. Vero spartiacque tra la fase post punk di gioventù e la maturità artistica, Long Stem Rant nasce principalmente come bisogno di staccare la spina dopo un periodo carico di stress. Il pesante tour che ha coperto sia gli USA che l'Europa, ed in particolare il divorzio artistico e privato di Gelb con Paula Jean Brown, induce Howe in compagnia del solo John Convertino a rifugiarsi per tre giorni come perfetti eremiti in una baracca a Rimrock nel deserto Mojave vicino al Joshua Tree, carichi solo di strumenti di infima qualità e della voglia di lasciar affluire le proprie idee in completa libertà. Il risultato che ne esce è musica piena di energia, che coglie l'attimo con la massima sincerità. Sono schegge impazzite, appunti, idee abbozzate e traccie più compiute che spaziano liberamente dal country (Loving cup), all'heavy-metal (Bloodstone, Anthem), dal jazz (Smash Jazz), e perfino al rap (Sandman). C'è spazio anche per tracce più compiute quali gli stupendi country rock Paved Road To Berlin, Get To Leave e lo stralunato blues di frontiera Return of The Big Red Guitar, ma appaiono momenti di passaggio in un'opera dove la durata media dei brani è di due minuti. Musica come terapia e purificazione dell'anima, dove il deserto diventa luogo della mente e del cuore in continua mutazione. Dopo Long Stem Rant i Sands non saranno più gli stessi.


Glum
[Imago, 1994]

Meno sgangherato e frammentario rispetto ai lavori precedenti, Glum ci catapulta in viaggio affascinante nel lato più selvaggio e inospitale del deserto. Il sound è aspro, scarno a tratti ostile e un atmosfera sinistra percorre le note di 11 meravigliose tracce in bilico tra un rock teso, visionario, lunare e ballate di un country polveroso e cosmico. Glum è una terra di nessuno in cui il Lou Reed più cinico incontra il Neil Young di Zuma e On the Beach, dove innocue country songs si trasformano in una vortice di lampi e feedback e dove sgangherate e bucoliche ballate ci scaldano il cuore, fornendo un temporaneo riparo dalla tempesta. Registrato e mixato a New Orleans dal produttore sudista Malcom Burn (Human Wheels di Mellencamp, American Caesar di Iggy Pop), Glum è un capolavoro indiscusso in cui l'eclettico songwriting di Gelb trova la perfetta sintonia in una band per la prima volta coesa e completamente a suo agio nei cambi di ritmo e nelle atmosfere lunari dell'album. L'album inizia con la stupenda title track, arpeggio dimesso, voce spettrale, fino all'improvviso assolo scheletrico che rimanda al Neil Young di Dead Man, invertendo il groove del brano verso un country elettrico, acido e psichedelico. Yer Ropes è un grande country-rock polveroso e compatto con tanto di dobro suonato dall'amico Rainer e controcanto femminile, Happestance, drammatica e sinistra ci proietta in un paesaggio lunare con un assolo da brividi. Frontage Road è una ballata elettrica lenta, sporca e carica di feedback, mentre Helvakowoby è un deviato jazz-lounge da French Quarter con Cacavas all'organo e Lisa Germano al violino. Dopo l'elettrica Painted Point è la volta dei due capolavori del disco: una sbilenca quanto struggente Spun con la voce fragile e dolente di Victoria Williams e Left una stupenda ballata country cantata con voce svogliata, che si tramuta nel mezzo in una tempesta elettrica stile Grunge per poi recuperare sul finale l'andamento pacato. Dopo Faithful in cui sembra di intravedere Lou Reed alla deriva sotto il sole infuocato di Zabriskey Point, è la volta di una stonata Bird Song dove una base ritmica a bassa fedeltà accompagna il sinistro canto di bambini. L'album si conclude con I'm so lonesome I could cry di Hank Williams cantata dal vecchio cowboy Pappy Allen, amico e mentore di Howe Gelb scomparso durante le registrazioni, a cui è dedicato l'album. Imperdibile.


Is All Over the Map
[Thrill Jockey, 2004]

Dopo le dichiarazioni di scioglimento consensuale che hanno accompagnato lo sbiadito Cover Magazine del 2002, Gelb imprevedibile e camaleontico come sempre stupisce tutti ripartendo da zero, rifondando la band con nuovi musicisti e rimpiazzando gli storici Convertino e Burns, ormai impegnati a tempo pieno nel progetto mariachi dei Calexico, con giovani musicisti danesi. Che il progetto Giant Sand fosse in qualche modo associato in maniera inequivocabile agli umori e alle idee del suo fondatore era risaputo, ma che dopo circa vent'anni di carriera il marchio venisse stravolto rinascendo con musicisti europei che poco hanno in comune con le atmosfere e la cultura dei grandi spazi e del deserto americano, nessuno se lo sarebbe aspettato. A seguito del matrimonio con la danese Sofie Albertsen, il raggio d'azione di Gelb si sposta sempre più dal deserto di Tucson alla vecchia Europa ed in particolare alla Danimarca, dove viene in contatto con giovani musicisti locali che forniscono a Gelb quegli stimoli e quelle idee tali da convincerlo a riprendere in mano il percorso interrotto. I nuovi giganti di sabbia assumono il volto di Anders Pedersen alla chitarra, Thøger T. Lund al basso e Peter Dombernowsky alla batteria, musicisti che già avevano già dato positivamente accompagnato Gelb nell'ultima prova solista "The Listener". Is All Over The Map stupisce tutti per la freschezza dei suoni e del songwriting che testimoniano un' energia e nuova vitalità che sembrava ormai perduta. Certo, impossibile attendersi innovazioni sostanziali, ma di certo l'album non va confuso con le inutili operazioni di restyling di band ormai obsolete che più nulla hanno da offrire. Gelb appare rinfrancato, sereno ed il suo approccio musicale, più diretto meno camaleontico del solito, appare più maturo e consapevole, contribuendo a creare un album godibile e senza sfumature. L'atmosfera sotterranea del deserto, filtrata con gli schemi di un rock ipnotico e riflessivo già adottati in Chore, continua ad essere il leit motiv del nuovo corso (Classico, Cracklin' Water, Hood (View From A Heidelburg Hotel) ma entrano in scena anche rimandi alla vecchia europa quali la bellissima Les Forçats Innocents dove atmosfere bohemien francesi si coniugano alla perfezione con ritmi bossanova, o lo spaghetti western intimista di Napoli. Da ricordare il blues acido Remote o le bellissime stralunate ballate polverose NYC of Time, Flying around the sun at remarkable speed, Muss ovvero gli episodi più classicamente Giant Sand. I nuovi Giant Sand non saranno certo ricordati per innovazione o sperimentalismo, ma senza dubbiocontinuano a rappresentare con dignità e valore quel rock marginale di frontiera sempre più privo di nuovi punti di riferimento.

 
:: Il resto
 

Valley of Rain [Enigma, 1985]

Il disco d'esordio dei Giant Sand è un fiume in piena, un condensato di acidi folk rock che puzzano di punk e di tradizioni. Esattamente la quintessenza del roots rock di quegli anni, ovvero musica nata sulle ceneri della rivoluzione punk-hardcore ma che, come scrisse sul Mucchio Selvaggio di allora Vito Morawetz "odora" di passato ma non è passato e neppure ci assomiglia. I Giant Sand di Valley Of Rain si distinguono però dal resto dei gruppi californiani di quegli anni ed in particolare dal movimento Paisley per il loro distintivo background desertico, frutto della loro provenienza dall'Arizona, che li avrebbe associati semmai alla musica arida e visionaria di una altra grande band quali i Thin White Rope, i quali proprio nello stesso anno avrebbero esordito con Exploring The Axis. L'avrebbero chiamato Desert Rock per la capacità di queste band di evocare, grazie a sonorità selvagge e allo stesso tempo visionarie e segnate da continui cambi di ritmo, i paesaggi del deserto pieni di suggestione e colori. Le 10 tracce di Valley Of Rain, seppur disco d'esordio, ci consegnano una band che già dimostra di aver raggiunto un'invidiabile maturità artistica ed in grado di rileggere i maestri del passato (Neil Young, Bob Dylan, Grateful Dead) con uno stile personale e distintivo. L'album è un mix di incendiarie cavalcate post punk segnate da uno stile ipnotico e febbrile, dove a dettare i ritmi è la chitarra selvaggia di Gelb in grado di guidare la band verso momenti infernali di deflagrazione elettrica per poi passare improvvisamente a momenti di pausa e silenzio. Pezzi quali Down On Town (Love's No Answer), Black Venetian Blind, Course Of Thousand Flames, Tumble of Tear sono cavalcate elettriche tra le più potenti mai scritte da Gelb, mentre ballate apparentemente innocue quali il country acido di Artist e Death, Dying And Channel 5 si tramutano improvvisamente in bombe nucleari. Da ricordare il capolavoro dell'album, ovvero la straordinaria quanto romantica title track dove il contributo di Cacavas concorre a trasformare la ballata in un momento di assoluta poesia. Un esordio importante.


Swerve [Restless, 1990]

Uscito nel 1990 dopo l'album Sage Advice del progetto Band of Blacky Ranchette, Swerve è un lavoro che seppur caratterizzato dal solito approccio Lo Fi e da momenti di libera divagazione del post Long Stem Rant, segue un chiaro e definito tema musicale in linea con un rock elettrico che rimanda agli anni 70' e al Paisely underground e dove le chitarre sono sempre rigorosamente in primo piano. Al fianco del duo Gelb - Convertino e al bassista Marc Walton, c'è una sgangherata comitiva di losers che annovera tra gli altri Chris Cacavas, fuoriclasse dei primi Green On Red (già frequentatore in passato della tribù), Steve Wynn reduce dal doloroso scioglimento dei Dream Syndicate e pronto alla pubblicazione del debutto solista Kerosene Man, la giovane cantante e bassista dei Blake Babies Juliana Hatfield, che avrebbe esordito a breve con l'album campione d'incassi Hey Babe e la strana band hawaiana Poi Dog Pondering, portatrice di una combinazione musicale tra folk music ed elettronica. Swerve si fa ricordare, oltre che per l'ottima qualità compositiva delle tracce, per un suono essenziale, diretto e composto da forti venature psichedeliche, dove il contributo degli ospiti ed in particolare dall'organo di Cacavas risulta essenziale. L'album spazia dalle ballate anfetaminiche con riferimenti al Dylan dei sixties quali la cover Every Grain Of Sand e la straordinaria Trickle Down System, in cui l'atmosfera comunitaria ci ricorda i Basement Tapes o il weekend perso di Danny & Dusty, a brani tipicamente Paisley ovvero caratterizzati da un giusto condensato di psichedelica ed elettricità quali la straordinaria Dream Stay, Some Kind of e Sister & Brothers. Capolavoro dell'album è senza dubbio l'ubriaca Angel at Nights, dove un travolgente mix di chitarre scordate e voci sbilenche colorano una ballata dal ritmo medio che viene stravolta e ribaltata da continui cambi di ritmo. C'è poi spazio per il power pop Can't Find Love che assolve il ruolo di brano da copertina, per un condensato di suoni funk, jazz, blues quale Former Versions of Ourselves e per l'immancabile serie di tracce di suoni e rumori fuori programma che ci confermano ancora una volta la straordinaria voglia di sperimentare di Gelb.


Ramp
[Restless, 1991]

A distanza solo di un anno dalla pubblicazione dell'elettrico Swerve, esce l'album Ramp, segnato dall'ingresso nella band del bassista Joey Burns, raccomandato da John Convertino, con il quale nel giro di qualche anno fonderà i Calexico. Con Burns, bassista dotato di uno stile diretto ed ordinato che si coniuga alla perfezione con il drumming jazzato e multifunzionale di Convertino, si consolida così una nuova sezione ritmica in grado di bilanciare alla perfezione l'istinto sperimentale ed il chitarrismo eclettico di Gelb. L'album, nonostante sia meno originale del predecessore e caratterizzato a tratti da una certa semplicità compositiva, si mantiene su livelli più che dignitosi. Suddiviso in maniera paritetica tra brani di stampo rigorosamente country che assorbono le intuizioni del progetto roots Band of Blacky Ranchette e brani di stampo più tipicamente elettrico caratterizzati dai consueti cambi di ritmo, Ramp viene ricordato come uno dei dischi più ordinati e "convenzionali" della band. In anticipo di qualche anno dall'esplosione del fenomeno Uncle Tupelo, i Sands, come al solito in controtendenza, non si vergognano di attingere dall'immenso serbatoio della musica tradizionale americana e riempono quasi la metà del disco con tracce di un country alternativo e polveroso che vedono la presenza del nuovo guru spirituale di Gelb, il vecchio cowboy's singer Pappy Allen (Welcome to my world e Nowhere) di Victoria Williams (Seldom Matters, Wonder e in Resolver dove suona il banjo) e dell'immancabile amico fratello Rainer al banjo. Il resto dell'album è composto da pezzi elettrici e tirati, che rimandano ad un country arruffato alla Crazy Horse e al Lou Reed di Rock'n Roll Animals. Bella e pop l'inziale Warm Storm con il ritornello cantato assieme alla moglie Paula Jean Brown e che entra subito nel cervello. Meravigliosa e tirata è Romance of Falling che rimanda al primo desert rock di Valley of Rain, il torrido folk-rock con ritmi tribali di Z.Z Quicker Foot, e la loureediana Always Horses Coming. L'album si chiude con il solito stralunato blues (Patsy's Blues) che accompagna le urla e le grida della figlia di Gelb, Indiosa.


Center of Universe [Restless, 1992]

Opera che divide critica e fans, per molti autentico capolavoro da annoverarsi tra i 10 album più rappresentativi del decennio, per altri un inascoltabile concentrato di difetti e rumori fastidiosi. Come al solito in questi casi probabilmente la verità sta nel mezzo. Per capire di cosa stiamo parlando il termine musicale forse più consono per definire il suono di Center of Universe è senza dubbio Country's Grunge. Camaleontico e mutevole fino al midollo, Gelb decide infatti di analizzare l'anima e lo spirito del nuovo rock alternativo americano, rileggendo a suon di rumore e di feedback le sue sbilenche e sperimentali visioni desertiche. La grandezza della band è fuori discussione ed in pochi potrebbero permettersi un esperimento simile senza cadere nel banale o semplicemente senza uscire dal percorso di un progetto musicale che deve comunque rimanere ancorato alle tradizioni. I Sands non devono imparare da nessuno e maneggiano la materia come fossero dei maestri del genere, risultando in certi brani addirittura più credibili di Nirvana e compagni. L'universo poetico di Gelb, fatto di visioni desertiche, di aspri folk-rock, di arruffati country polverosi o ipnotiche ballate di frontiera, viene stravolto con un arrangiamento spiazzante carico di rumore bianco e di chitarre che sembrano motoseghe. A tratti il muro sonoro di feedback è talmente dirompente da farci credere di essere finiti in un album dei Melvins (Seede 'tween bone and bark) o dei Sonic Youth (Sonic Drive Inn, Untitled), in altri casi concorre a colorare meravigliose ballate di frontiera (Loretta and the insect world, Pathfinder, Off Ramp Man, Live to Tells) o straordinari country rock che rimandono al solito Neil Young (Salomon's Ride). Essenziale come al solito è il contributo di Cacavas, che concorre ad indirizzare la title track, una lenta e ipnotica ballata grunge che puzza di catrame, verso sonorità psichedeliche e sixties. Ad alleggerire il boccone ci pensano un pugno di ballate acustiche che sanno di diavoli e polvere e che ci rimandano ai tramonti rosso fuoco del deserto (Thing Like That, Unwed And Well Sped). Center of Universe è un opera importante perché concorre, seppur con i difetti e gli errori del caso ad ampliare quel lavoro di ricerca e di sperimentazione della musica tradizionale americana che ha rappresentato la vera grande conquista delle giovani generazioni di musicisti nell'epoca post punk. Che lo chiamino countr'ys grunge o semplicemente alternative country, di certo i Giant Sand sono degli autentici visionari.


Storm
[What Goes On, 1988]
The Love Songs
[Homestead, 1988]
Purge & Slouch [Restless, 1993]
Backyard Barbecue Broadcast
[Koch, 2009]
Cover Magazine
[Thrill Jockey, 2002]
ProVISIONS
[Thrill Jockey, 2008]

Per una band che ha fatto della sperimentazione e della ricerca un caposaldo della propria carriera musicale, è lecito attendersi in trent'anni di carriera che non tutto possa dirsi essenziale, parliamo ovviamente di alcune opere che seppur mai completamente disprezzabili, riascoltate con un approccio retrospettivo appaiono meno incisive e comunque riservate ai veri affezionati. E' il caso in particolare delle opere seguenti i due torrenziali album d'esordio Valley of Rain e Ballad of Thin Line Man, ovvero il terzo album Storm del 1987 ed il quarto The Love Song del 1988. Entrambi i lavori, seppur diversi fra loro, più cantautorale e melodico il primo più elettrico e variegato il secondo, appaiono semmai delle opere di transito dei tentativi ancora sfuocati di una band ancora alla ricerca della propria maturità musicale. In Storm, il cambio di registro verso un suono più addomesticato e carico di ballate da stazione radiofonica spiazza tutti. Appaiono i fantasmi di un rock mainstream fatto di sonorità easy listening con rimandi agli anni 50. Belle le pop rock Bigger Than That, Uneven Light of Day, Town Where No Town Belongs, la country song Three 6xies, la rock'n roll Big Rock e le ballate quali Town With A Little Or No Pity, The Replacement. C'è spazio anche per ballad introspettive solo voce e piano come Was Is a Big Worl alla Randy Newman e per una cover di The Weight della Band. Discorso diverso per The Love Song del 1988, qui il suono torna ad essere in parte elettrico e torrenziale, ma a differenza del sound post punk dell'esordio, i Sand iniziano a dare i primi segnali di insofferenza per qualsiasi forma di ordine lasciando intravedere i primi indizi di quell'approccio nomade e sperimentale che ne segnerà la maturità artistica. Se canzoni quali l'iniziale Wearing The Robes Of Bible e Block e Almost The politician's Wife rimandano ad un Dylan ad alto tasso alcolico, pezzi quali One Man's Women/No Man's Land ed in parte Love Like Train sono delle vere e proprie spiazzanti incursioni nella musica funky & Soul. C'è spazio per un bel condensato di revival rock'n roll ad alto tasso elettrico con pezzi quali Mad Dog A Man e Mountain Of Love, che confluiscono poi in stridenti e fumose ballate da piano bar alla Tom Waits quali Is That All There Is. Insomma c'è un po di tutto, anche intromissioni di pop elettronica come Finger Nail Moon, per un disco che seppur godibile e pieno di buone intuizioni appare comunque di transizione.

Altro lavoro che svolge il ruolo di riempitivo tra la trilogia del deserto Swerve, Ram e Center e il successivo capolavoro Glum è l'album Purge & Slouch del 1993 che conta la presenza in aggiunta al trio storico di ospiti quali Susan Cowsill e Vicki Peterson (ex Bangles). L'album è un condensato di allucinati frammenti, idee e appunti che spaziano da un genere all'altro con alcune eccezionali intuizioni come la bellissima Elevator Music. Non essenziale ma godibile. Gli anni '90 proseguono poi con l'avvento di un infinità di compilation (Good & Service 1996 ) album live (Stromausfall 1993 e Backyard Barbecue Broadcast 1995) ed un fiume di bootleg ufficiali venduti in rete dalla band (Volume Official Bootleg Series, Volume 2, The Rock Opera Years, Volume 3 Unsunglumm etc…) per un eccesso di pubblicazioni riservate ai fans più incalliti. L'ultima fatica del trio Gelb Convertino e Burns, è Cover Magazine del 2002 dove con la presenza di ospiti del calibro di PJ Harvey e della tromba jazz Noah Thomas rileggono con il solito appiglio visionario e desertico cover tra gli altri di Johnny Cash (I'm Leaving Now), Neil Young (Out Of Weekend), The X (Johnny Hit And Run Pauline) e Cave (Red Right And). I nuovi Giant Sand rinati dopo l'ottimo It'Over The Map danno alle stampe nel 2008 all'altrettanto positivo ProVISIONS, dove proseguono con un approccio maturo e meno stralunato rispetto al passato il loro percorso verso sonorità notturne e desertiche. Canzoni quali Belly Full Of Fire, Muck Machine, il country di The Deseperate Kingdom Of Love o il lento incidere di brani quali Pitch & Sway probabilmente non aggiungono nulla a quanto già detto in precedenza ma ci confermano una band che è ancora in grado di fare buona musica.

 
:: Riepilogo (discografia)


Valley Of Rain (Enigma, 1985) 7.5
Ballad Of Thin Line Man (Zippo, 1986) 8
Storm (What Goes On, 1988) 6.5
The Love Songs (Homestead, 1988) 6.5
Long Stem Rant (Homestead, 1989) 7.5
Giant Songs (Demon, 1989) NG - Antologia
Giant Sandwich (What Goes On, 1989) Ng - Antologia
Swerve (Restless, 1990) 7
Ramp (Restless, 1991) 7
Center Of The Universe (Restless, 1992) 7
Stromausfall (Normal, 1993) NG
Purge & Slouch (Restless, 1993) 6.5
Glum (Imago, 1994) 8
Giant Songs Vol. 2 -- The Best Of Giant Sand (Demon, 1994) NG - Antologia
Goods And Services (Enemy/Brake Out, 1995) NG - Antologia
Backyard Barbecue Broadcast (Koch, 1996) 6.5
Chore Of Enchantment (Thrill Jockey, 2000) 9
Selections Circa 1990-2000 (Amazing Black Sand, 2001) 7
Cover Magazine (Thrill Jockey, 2002) 6.5
It's Over The Map (Thrill Jockey, 2004) 7.5
ProVISIONS (Thrill Jockey, 2008) 7
Blurry Blue Mountain (Fire, 2010)

Bootleg
Volume 1: Official Bootleg Series" Amazing Black Sand adm. Bug Music 1997
Volume 2: O.B.S. - The Rock Opera Years" Amazing Black Sand adm. Bug Music 2000
Volume 3: O.B.S. - Unsungglum" Amazing Black Sand adm. Bug Music 2001 Infiltration Of Dreams" Amazing Black Sand adm. Bug Music 2002
Volume 4: O.B.S. - Infiltration Of Dreams" Amazing Black Sand adm. Bug Music 2003 "
Volume 5: O.B.S. - Too Many Spare Parts...." Amazing Black Sand adm. Bug Music 2003


Giant Sand "Yer Ropes"


 


<Credits>