Fabio
Cerbone
Fuorilegge
d'America Hank
Williams,Johnny Cash,Steve Earle
[Selene Edizioni]
pp.156
Secondo Terry Allen sarebbe stato opportuno
promulgare una legge contro "la solare California del Sud". Per Truman
Capote chiunque in California ci abitasse avrebbe perso un punto percentuale d'intelligenza
per ogni anno di domicilio. Evidentemente alcune zone del mondo nuocciono alla
salute dei neuroni più di altre. Mi sto invece convincendo sia particolarmente
salubre l'aria di Cremona e dintorni, perché è proprio da quelle parti che Fabio
Cerbone scrive i suoi articoli e i suoi libri, e chiunque abbia letto anche
uno solo dei primi o una singola porzione dei secondi avrà intuito al volo che
tra le loro righe ci sono, nell'indagare i territori della canzone d'autore americana
e non, una dedizione, un'onestà e un rigore non comuni.
Sento già levarsi
le grida dei più attenti tra i custodi dei sacri principi del giornalismo, che
giustamente avverseranno ogni forma o sospetto di conflitto d'interesse: come,
diranno costoro, un redattore della webzine RootsHighway autorizzato a
esprimere un'opinione su di un libro recante in calce la firma di chi quello stesso
sito dirige? Sapete che vi dico? Hanno ragione! Ci sono ormai così tanti mercanti
nel tempio che è diventata una vera e propria faticaccia distinguere l'approfondimento
dalla marchetta, la cronaca dei fatti dallo spottone interessato, perciò via a
calci in culo Sadducei e Farisei e largo alle nuove leve armate di curiosità e
amore per la professione. Tuttavia, vedete, io credo proprio che Fabio faccia
parte di queste "nuove leve" (magari non nuovissime: in fondo il suo percorso
su carta è iniziato quasi dieci anni fa), e sento di poterlo dire perché nelle
avventure che abbiamo condiviso come in quelle che gli ho visto affrontare in
solitaria di soldi non ne sono circolati proprio. Perché si tratta di avventure
contrassegnate indubbiamente da molto altro: partecipazione, slancio, innamoramento.
Un po' come i musicisti che si ostinano a realizzare cd e a imbarcarsi in tour
estenuanti non tanto per afferrare il colpaccio che li renderà nababbi, e che
a occhio e croce non arriverà mai, bensì per sfogare una propria urgenza espressiva,
per intrecciare una storia personale con quella del potenziale pubblico. Possiamo
chiamarla, più semplicemente, "passione": non un ingrediente esclusivo del rock'n'roll,
ma senz'altro l'unico fattore che lo renda degno d'essere amato e ascoltato.
E
di passione ce n'è tanta anche in Fuorilegge d'America: passione
per l'immaginario mitico di un certa America selvaggia e incontaminata, passione
per i personaggi ai margini (quelli che decidono consapevolmente di vivere dal
lato sbagliato della strada), per le storie malinconiche di sconfitta e redenzione,
per alcuni tra i viaggi più illuminanti e significativi all'interno di quella
musica che siamo soliti definire "delle radici", dove le radici sono quelle di
un popolo, della sua terra e del suo culto individualista, libertario e solitario.
Attenzione, però, questo non vuol dire che tra le pagine di Fuorilegge d'America
non potrete rintracciare uno scrupoloso lavoro preparatorio o quel congruo ammontare
di dati che rendono un "saggio" credibile e non solo suggestivo. Anzi. Nel ripercorrere
le vite di Hank Williams, Johnny Cash e Steve Earle, Fabio
ha compiuto una meticolosa operazione di ricerca che gli ha permesso di metterle
in parallelo con quelle di altrettanti fuorilegge "storici" come William "Billy
the kid" Bonney, Jesse James e John Wesley Hardin (i cui relativi capitoli sono
raccontati in prima persona, alla maniera di un romanzo autobiografico) con assoluta
esattezza documentale. E parimenti, secondo le regole di un protocollo ritrattistico
osservato con grande senso di equilibrio, la dimensione dell'analisi storiografica
non soverchia mai il fascino delle storie raccontate, che volutamente mantengono
un carattere narrativo e impressionista, reso ancor più efficace da una prosa
sobria e priva di orpelli. Il segmento più voluminoso di Fuorilegge d'America
è giocoforza quello dedicato a Cash, dove sono inglobate digressioni su Kris Kristofferson,
Merle Haggard e Waylon Jennings, mentre quello su Earle risulta maggiormente
incentrato sull'aneddotica discografica. La parte riservata ad Hank Williams è
invece, e non poteva essere altrimenti, quella più sensibile alle seduzioni interpretative,
poiché trattasi di quella più lontana nel tempo nonché di quella deputata a stabilire
il tono delle due successive. Tono peraltro assolutamente omogeneo, e sempre e
comunque somigliante a una resa amorosa senza condizioni al temperamento elusivo
e romantico di una nazione irresistibilmente attratta dalla solitudine del singolo.
Poteva chiamarsi "Individualisti d'America", questo libro, e non sarebbe
stato meno azzeccato e importante: sarebbe ancora una testimonianza lucida e appassionata
sulla musica come riflesso delle contraddizioni di un paese, sulle carriere di
tre musicisti come specchio fedele dei miti fondanti di un'intera cultura popolare.
Se credete, come lo credo io e come suggerisce Fabio Cerbone, che Hank Williams,
Johnny Cash e Steve Earle altro non siano, in fondo, se non (grandissimi) artisti
che hanno deciso di guardare negli occhi il proprio destino con lo scopo dichiarato
di inseguire una visione, o di varcare una "frontiera" irripetibile e tutta interiore,
allora Fuorilegge d'America è il libro che fa per voi. L'ha scritto Fabio, amico
mio. (Gianfranco Callieri) www.edizioniselene.it |