Ted Gioia
Musica. Una
storia sovversiva [Shake
Edizioni, pp.436]
“Una canzone può contenere un cataclisma”
(Ted Gioia)
Per una volta bisognerebbe soprattutto concentrarsi sul sottotitolo,
anche perché l’argomento principale è vasto quanto l’evoluzione culturale
dell’umanità stessa. Quella “storia sovversiva” fa la differenza e rende
il saggio di Ted Gioia uno dei più importanti tentativi di abbracciare
l’argomento musica da una visuale ampia e alternativa. Si badi bene,
un atteggiamento quest’ultimo che non ha nulla a che fare con l’accademia,
quanto di più lontano possono restituire le pagine di Musica.
Una storia sovversiva, con il loro tono denso, minuzioso nel
raccogliere riscontri e testimonianze a favore delle proprie tesi, ma
mai staccate dal vero obiettivo dell’autore: porsi come un appassionato
ricercatore che suggerisce un percorso di decodificazione del linguaggio
musicale e del suo potente agire sulla storia umana.
D’altronde, Gioia è critico e saggista che ha già ampiamente dimostrato,
con le sue ricognizioni sul jazz (la sua grande passione personale)
e sul blues (imperdibile Delta
Blues) di saper cogliere l'origine dei mutamenti, non dimenticandosi
però di usare uno stile ironico e pungente, arrivando oggi a padroneggiare
persino interi secoli di musiche e musicisti. Sì, è un libro importante
Musica. Una storia sovversiva, tanto importante che andrebbe
quasi adottato come testo di insegnamento scolastico, sebbene Gioia
non sarebbe d’accordo, proprio per la sua idea di offrire una versione
diversa da quella ufficiale e irregimentata. Quella di Ted Gioia è presto
detta: “L’innovazione in musica procede dal basso verso l’alto e
da fuori a dentro”, ovvero sia dagli emarginati, dai ribelli, dagli
schiavi, che non devono essere per forza ligi alle convenzioni della
società, per paradosso più “liberi” nell'espressione musicale, salvo
poi questi ultimi essere a loro volta adattati e digeriti dal potere
costituito, dalle quelle élite che formano il cosiddetto mainstream
del pensiero culturale.
In più di quattrocento pagine che scivolano via con intensità (qualche
refuso nella traduzione italiana, speriamo migliorabile alla prossima
ristampa) e attraverso continui incastri e connessioni da una civiltà
all’altra, da un’epoca storica alla successiva, Ted Gioia traccia una
linea interminabile che muove dai primi uomini cacciatori all’hip hop,
dai Greci e Romani al rock’n’roll, passando in mezzo ai trovatori del
Medioevo, ai grandi compositori dell’Opera e della musica classica,
non dimenticando l’Africa, New Orleans e quello che è giunto in America
sulle navi degli schiavisti. In apparenza l’argomento fa venire le vertigini
e invece è tutto molto chiaro e consequenziale, perché Ted Gioia non
manca mai di ribadire l’assunto di fondo del suo enorme lavoro di indagine:
la musica ha connessioni strette con la magia, anzi, è magia essa stessa;
la musica riflette sessualità, addirittura violenza, e porta naturalmente
(fin dai suoi esordi nell’esistenza umana) verso la trance e le alterazioni
della coscienza; la musica è suono e non solo (o non tanto) un insieme
di note e di regole matematiche (che pure restano importanti); la musica
è infine una “scoperta” e non un’invenzione, qualcosa che c’è sempre
stato e noi eravamo solo chiamati a portarla in superficie.
Compresi questi concetti, deriva tutto il resto: quella voglia irrefrenabile
di ribadire che la “storia sovversiva” della musica è molto più interessante
di quello che solitamente ci hanno raccontato (e soprattutto nascosto),
una forza che spesso è stata minimizzata, se non proprio taciuta dal
potere costituito, e che con lo scorrere del tempo e le dinamiche di
rivoluzioni e controrivoluzioni viene sempre accettata e istituzionalizzata,
portando quelli che erano i fuorilegge ad essere rispettati, quando
non proprio consacrati: come è successo a Robert Johnson, a Elvis, ai
Sex Pistols (ma persino a Bach e Beethoven, anche se oggi nessuno lo
direbbe). Così, pagina dopo pagina capiamo che, nonostante tutti gli
sforzi fatti da quel potere (dai Re ai Papi, arrivando all’FBI) per
restingerne la portata, la musica e le canzoni hanno mantenuto nei secoli
la loro origine di sfida, dando un apporto enorme all’espansione delle
libertà individuali e della personalità, rompendo le barriere del proibito
fin dall’antichità, arrivando all’illusione di una rivoluzione permanente
e di un rifiuto della legittimazione con la stagione del rock.
Ted Gioia si avvale per questa analisi di un costante rimando
a elementi di etnomusicologia, sociologia, storiografia e filosofia,
offrendo pagine molto illuminanti (soprattutto nella prima parte del
libro, per forza di cose la più “sconosciuta” e intrecciata con gli
studi delle prime civiltà umane) e preziose rivelazioni su come sono
nati nel tempo i concetti di business e industria della musica, di fabbricazione
di una “star” e del suo estremo sacrificio, di contrapposizione fra
musica colta e musica folk, ma non perdendo mai di vista la meta finale,
quella affascinante parabola che dalle prima ossa di animali suonate
come strumenti porta all’avvento dello strapotere della tecnologia dei
giorni nostri (un altro passaggio sostanziale del libro), quella più
recente (e un po’ inquietante) rivoluzione imposta dai vari Apple, Google,
Spotify e algoritmi annessi. Di fronte all'attuale frammentazione in
nicchie di mercato e di presunti stili di vita venduti ad hoc,
Ted Gioia sembra suggerirci fino all’ultimo la consapevolezza di una
scelta dirimente: che la musica resti in noi una forza sovversiva.