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Don
DeLillo
Great Jones Street
Il Saggiatore p.270 |

Great Jones Street è un tuffo al cuore nel linguaggio del rock'n'roll
business e un'incursione ad alzo zero sui clichés, sui luoghi comuni e sulle deviazioni
dello stardom system. La trama è irrilevante: nel suo minuscolo e bucolico rifugio
di New York Bucky Wunderlick, una rockstar che ha percepito il suo
destino riceve in continuazione visite più o meno interessate, ed ogni incontro
è lo specchio di personalità frammentarie, confuse, spesso totalmente deliranti:
manager, promoter, agenti segreti, scrittori falliti, chitarristi e pazzoidi.
Le voci sul suo destino proliferano con un ritmo esponenziale mentre lui, Bucky
Wunderlick, continua a nascondersi e a tenersi alla larga dal culto della personalità
di cui è oggetto. Lettura non del tutto facile perchè la claustrofobica scelta
di Bucky e la straordinaria attenzione linguistica di Don DeLillo tendono
in cerchi concentrici sempre più fitti che non lasciano spazio per distrazioni
o per interpretazioni superficiali: il rock'n'roll è dissezionato con abilità
chirurgica e con una lucidità tale da renderlo ancora oggi attuale (ricordiamo
che la prima edizione di Great Jones Street è del 1973) e perfettamente credibile.
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Greil
Marcus
La Repubblica Invisibile
Arcana Editrice p.207 |

La Repubblica Invisibile è una ricerca densissima e curiosa che
parte dai famosi The Basement Tapes di Bob Dylan per ricostruire un'identità
credibile della musica folk americana e probabilmente anche un ritratto avvincente
di una nazione, appunto quella Repubblica Invisibile del titolo che soltanto le
canzoni, i songwriter e gli storyteller sanno raccontare. O come meglio spiega
lo stesso Greil Marcus all'inizio de La Repubblica Invisibile: "un'America
aperta alla domanda di chi e che cosa gli americani sarebbero potuti diventare
e non da chi e che cosa provenivano. I meccanismi del tempo, nella musica, non
sono consolanti. In quella cantina il passato è vivo nella misura in cui il futuro
è aperto, e ciò accade solo quando si è portati a credere che il paese sia incompleto
o addirittura ancora da fare: quando il futuro è precluso, il passato è morto.
Ancora più misterioso è il modo in cui il futuro dipende dal passato". Non è soltanto
l'ambito di un disco fondamentale per il rock'n'roll, The Basement Tapes, quello
che scandaglia Greil Marcus, ma tutto il background culturale ed umano che gli
sta dietro, davanti, sopra e sotto. E' l'America stessa, o quello che scorre nelle
sue vene, per dirla con William Carlos Williams, la protagonista de La
Repubblica Invisibile, un mondo che solo Bob Dylan poteva portare alla luce con
The Basement Tapes e che probabilmente soltanto Greil Marcus poteva cogliere così
bene. | |
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Kinky
Friedman
Elvis, Gesù, Coca Cola
Feltrinelli p.212 |

Crudo, moderno, ironico, Kinky Friedman dipinge un mondo picaresco
e caotico, dove spesso i sogni nascondono quanto c'è di irreale e irrazionale
nella vita comune. Ambientato a New York, dove un gruppo di amici di Kinky Friedman
(gli Illegali del Village) seguono un caso di duplice omicidio, immischiati con
mafia, F.B.I, loschi individui dell'ambiente gay, belle e slanciate donne, gatti
e gangster, Elvis, Gesù e Coca-Cola è un romanzo dove il noir, il
thriller serve soltanto a dare un senso alle giornate di quell'armata Brancaleone
che frequenta il loft dell'autore e personaggio principale. Il resto è tutto nella
sua scrittura, capace di iperboli linguistiche assolutamente irresistibili, di
battute brillanti e di colpi di scena ad ogni angolo della città e del romanzo.
Per questo, già dal titolo, Elvis, Gesù e Coca-Cola può diventare un modello di
lettura per chi cerca in un romanzo il ritmo, la suspense ma anche la qualità
letteraria, il gusto della citazione (Emily Dickinson sembra essere la prediletta
da Kiky Friedman), l'approccio non qualunquistico alle parole e alla scrittura.
Vale a dire, la capacità di far sognare attraverso la narrazione, prerogativa
che Kinky Friedman sa mettere in atto dalla prima all'ultima parola di Elvis,
Gesù e Coca-Cola. | | |
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Jonathan
Raban
Bad Land, una favola americana
Einaudi p.316 |

Bad Land raccoglie le vestigia di James Agee, poi la discrezione
del reporter in viaggio tipica di William Least Heat-Moon e lo scrupolo
teorico di un Greil Marcus: trovato un territorio, lo si delimita e si
parte per un'indagine che va in profondità nei temi e in lungo e in largo nei
tempi. Bad Land non è quindi soltanto la storia di una truffa ben organizzata,
una delle tante cattive variazioni del sogno americano, ma è anche un modo per
percepire attraverso i dettagli o le nozioni più elementari lo scorrere della
storia e, soprattutto, delle esistenze di uomini, donne e famiglie dentro la storia.
Curiosamente, se in superficie è un libro tutto americano nelle sue profondità
mostra un'attitudine per la memoria troppo precisa, svelando così i tratti inglesi
di Jonathan Raban e quell'attitudine a capire l'America meglio degli americani
che è prerogativa degli europei. Lo scomodo gioco di parole serve ad introdurre
il cuore di Bad Land, il ganglio vitale attorno a cui si sviluppa la ricerca raffinata
e puntuale di Jonathan Raban che sintetizza così la scoperta fondamentale di questo
libro: "Per due anni avevo vissuto una storia così americana che alcuni Americani
l'avrebbero ritenuta insignificante. Emigranti falliti che avevano abbandonato
la casa e si erano trasferiti altrove: e allora? Quella era l'America, il paese
in cui tutti avevano diritto di fallire: era scritto nella Costituzione".
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