Due anni fa la conferma con un album 1861,
rigoroso e pieno di energia, il seguito maturo di due interessanti album
(l'acustico Caney Valley Blues - 2005 - e Floyd's Market - 2006 - più
orientato al North Mississippi Hill Country con la partecipazione di Richard
Johnston), oggi con il nuovo lavoro Flood si continua sulla
medesima lunghezza d'onda. In mezzo ce li siamo ritrovati nella recente
pubblicazione di T-Model Ford, The Ladies Man, per convincerci che Moreland
& Arbuckle ci sono e si sentono forte e chiaro, anche in questo quarto
episodio. Un lavoro che spazia con decisione e freschezza attraverso un
groove rivitalizzante, un mix di blues saldo allo spirito di Robert Johnson
e Sonny Boy Williamson, con tappa obbligata a Chicago, e tenendo sempre
presenti con il massimo rispetto Junior Kimbrough e RL Burnside, infine
mai perdendo di vista con la giusta moderazione un blues rock richiamato
a Zeppelin e Cream. Alla batteria ritroviamo aggiunto in pianta stabile
il rullo compressore Brad Horner, mentre l'etichetta stavolta è la Telarc
Records.
Flood scopre immediatamente le carte in tavola con la potente apertura
di Hate A See You Go, una juke joint
song ispirata, tenendo gli amplificatori a manetta, a Little Walter. Le
distorsioni dell'armonica di Arbuckle sono molto più presenti che in precedenza,
accompagnate dai riff energici di Moreland, che minacciano di prendere
fuoco. Analogie riproposte nella versione live di The
Legend of John Henry, offerta nel suo scottante e pieno crescendo
trascinato dall'utilizzo della sigar box di Moreland, costruita da un
amico a Memphis con quattro corde infilate in una scatola di sigari, di
cui una attraversa un amplificatore per basso e tre riprodotte attraverso
un ampli per chitarra. La potenza si ridimensiona nelle tracce successive,
ma non manca l'energia arricchita da un songwriting fatto di storie vere,
storie di inondazioni, esperienze personali che potrebbero accadere a
chiunque, come in 18 Countries, ispirata
a quanto accaduto al padre di Arbuckle durante la perdita della casa in
un tragico diluvio. Il brano è anticipato dallo strumentale Before
The Flood, che rappresenta la tempesta mentre 18 Countries
ci porta al diluvio che ne deriva. Sullo stile di molti classici (come
High Water Everywhere - Charley Patton e Black Back Water- Bessie Smith)
il brano descrive un momento di debolezza e la forte disperazione ("Mi
piacerebbe vendere la mia anima per un posto che è alto e asciutto").
Flood ha il suo punto di forza nella varietà delle interpretazioni, estesa
a diverse influenze e a differenti stili legati al blues. Si passa a bruschi
cambiamenti di direzione in cui il duo del Kansas, senza mai essere derivativo,
mette in mostra tutto il suo talento. Passaggi apparentemente pindarici
come tra l'acustica Your Man Won't Ever Know
e Don't Wake Me (una riformulazione
di Dust My Broom), uno spavaldo honky tonk tra piano e chitarre, che ti
puoi aspettare di ascoltare in qualche posto a sud est in Texas. Si possono
ancora menzionare Can't leave Well Enough Alone,
un acustico blues aromatizzato, Bound And Determinated,
blues dal ritmo irregolare in stile occidentale con cenni hillbilly, e
ancora l'ultraterrena In The Morning I'll Be
Gone, il tempo medio di Red Moon Rising
e infine la versione supplementare di Can't Get
Clear di Ryan Taylor con un minaccioso taglio banjo per chiudere
un album tra i più tonificanti di quest'anno. (Antonio Avalle)