Che
il sesto album degli Okkervil River sarebbe stato quello di una nuova svolta
per il gruppo era nell'aria già da tempo. Contando che The
Stand Ins era un disco nato insieme al precedente The
Stage Names, era dal 2007 che Will Sheff e compari non entravano in
uno studio di registrazione (a parte il bellissimo disco con Rory Erickson), e
le dichiarazioni dell'ormai incontrastato leader del gruppo (all'indomani del
definitivo abbandono di Jonathan Meiburg, comunque presente in queste sessions)
erano tutte volte a preparare il terreno a qualcosa di inedito e rivoluzionario.
Abbiamo scaramanticamente stretto un po' i denti, gli occhi e forse anche qualcos'altro
prima di ascoltare I Am Very Far e abbiamo invocato gli dei perché
non ci facessero recitare l'epitaffio anticipato per una delle band che più abbiamo
amato e sostenuto negli anni 2000, ma alla fine le nostre preghiere sono state
ben ripagate.
Sconvolgetevi pure per il fatto che il singolo Piratess
è un brano più vicino alla lounge-music anni 80 che al loro freak-folk trasversale
(wurlitzer, batteria elettronica, basso in evidenza…), che l'iniziale The
Valley si basa su un pesantissimo big-drum-sound anni 80 che farebbe
invidia al Max Weinberg di Born In The Usa (con l'unica differenza che in questo
caso l'effetto è ottenuto facendo suonare la batteria del nuovo arrivato Cully
Symington in sovraesposizione ad una seconda suonata dallo stesso Sheff). E basta
anche leggere l'ultima frase per trovare subito qual è il denominatore comune
tra queste canzoni: gli anni 80, che tornano prepotentemente sottoforma di un
rinnovato (e ovviamente più saggio) utilizzo delle tecnologie, di sampler, esperimenti
con nastri riavvolti e svariati tipi di tastiere, e di grandi produzioni mai troppo
scarne (vi diamo un paio di dati per rendere il concetto: per realizzare l'album
sono stati utilizzati 31 musicisti, per un totale di circa 35 strumenti diversi
tra vari tipi di tastiera, archi, chitarre e diavolerie elettroniche). I Am Very
Far nasce dunque come prodotto di un lungo percorso creativo in studio di registrazione,
ma senza l'assillo delle vendite che regnava negli eighties, senza l'idea che
la musica debba essere adattabile ad un immagine, senza soprattutto produttori
imposti dalle case discografiche e con gusti lontani da quelli della band.
Se
l'album non fallisce l'obiettivo come è accaduto al recente Celebration, Florida
dei Felice Brothers è semplicemente perché Will Sheff sembra davvero non
aver mai perso di vista il fine di tutto: scrivere grandi canzoni. E così godiamoci
brani che in verità non sono per nulla così lontani dagli Okkervil River che furono,
come ad esempio White Shadow Waltz, un pezzo
che 6 anni fa la band avrebbe registrato nello stile dark-folk di Black Sheep
Boy, e che invece oggi presenta in un tripudio di batterie tuonanti, archi maestosi,
cori unisoni e tastiere martellanti. Godiamoci Rider,
puro roots-rock mainstream, oppure il tema da colonna sonora di Mermaid,
il folk-pop leggero di Lay Of The Last Survivor,
il crescendo di Your Life Past As A Blast,
la marcia pop di Wake And Be Fine. Difetti?
Sheff stesso ammette di non aver ancora capito bene quale sia il risultato ottenuto,
e forse nell'essere ancora un oggetto indefinito e indefinibile sta tutto il limite
di I Am Very Far, che non sarà mai il primo disco degli Okkervil River che consiglieremo
ai neofiti, ma che ha già raggiunto l'incredibile risultato di evitare che qualcuno
un domani possa dire "Ah, gli Okkervil River, mi sono piaciuti fino a The Stand
Ins, poi quando hanno cambiato stile non li ho più seguiti…". (Nicola Gervasini)