Sempre
costretto a recitare il ruolo del sopravvissuto alla grande avventura degli X,
John Doe sembra quasi non avere il diritto di costruirsi una seconda carriera,
quella che di fatto ha già eretto in vent'anni di tentativi più o meno riusciti,
ma che proprio in tempi recenti pare avere trovato la giusta dimensione in casa
Yep Roc. Keeper segue a ruota l'incoraggiante A
Year in the Wilderness, formando un corpo unico dove la maturità dell'autore,
la vena più riflessiva, si intreccia al sacro fuoco del rock'n'roll che cova sotto
le ceneri. Certo, oggi è inutile chiedere a John Doe di bruciarsi sotto un "grande
sole nero", quello della Los Angeles decadente raccontata dagli X, meglio forse
accostarlo ad amici come Dave Alvin o Peter Case, con cui condivide un sorta di
percorso artistico verso il buonsenso dell'età adulta. In tale direzione Keeper
è un altro inattaccabile capitolo, non solo per una serie di collaborazioni stimolanti,
ma anche per una scelta oculata nell'intensità, nelle vibrazioni dei singoli episodi,
alternando ballate romantiche, pezzi di tradizione e improvvise smanie rock. John
Doe ci parla di una ritrovata confidenza e di un materiale in buona parte positivo,
che tratta con più familiarità temi amorosi e abbandona i luoghi oscuri della
sua vita.
L'esito per fortuna non è una colata di zucchero e smancerie,
ma soltanto un piacevole disco di rock'n'roll e Americana d'autore, in cui la
serenità di una luminosa Don't Forget How Much I Love
You si intreccia al baccanale r&b di Never
Enough, spinta dai fiati dell'amico Steve Berlin (Los Lobos), o dove
i tenui colori di Little Tiger si accompagnano
naturalmente all'aroma country di Sweetheart.
Nulla di rivoluzionario per la biografia musicale di John Doe, sia chiaro, soltanto
un momento particolarmente ispirato in cui tutto o quasi si allinea secondo il
suo volere. Merito anche dei musicisti, perché avere in sessione Smokey Hormel
e Don Was non è da tutti e per tutti, anche se un autentico mattatore si
rivela il pianista Jamie Muhoberac, che sparge note boogie di soppiatto in Waliking
Out the Door e Handsome Devil.
Sono le tracce più dissacranti ed energiche di Keeper, li dove John Doe non pare
scordarsi delle sue origini, rileggendole sotto la lente di un'età diversa.
Forse
per questo decide di riprendere nel finale un vecchio brano, Painting
the Town Blue: la voce femminile di Cindy Wasserman non sostituisce
la magia della vecchia coppia con Exene Cervenka, ma non cancella neppure l'anima
boogie blues del brano, quasi un omaggio all'epopea Sun fra un giovane Johnny
Cash e un ribelle Elvis Presley. Non è l'unica occasione nella quale Doe si serve
di un sostegno vocale: quasi a non volersi del tutto congedare dalle vecchie abitudini
degli X, oggi lo ritroviamo circondato da Patty Griffin in Lucky
Penny, altra pregevolezza in forma di ballata, e Giant
Step Backward, canzone che oscilla fra colori psichedelici ed esplosioni
pop rock, quindi da Jill Sobule e dalla citata Wasserman, già alla guida dell'interessante
combo Dead Rock West, la più presente ed efficace, non fosse altro per una appassionata
Cottage in the 'Dale da manuale. Ben ritrovato. (Fabio
Cerbone) www.theejohndoe.com