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inserito
il 03/06/2005
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"Canzoni di poca importanza", almeno che qualcuno non voglia
restituire a Graham Parker quanto la storia del rock'n'roll non
gli ha mai attribuito, ovvero sia un ruolo tra i più caustici e
intelligenti songwriters apparsi sulla scena negli ultimi trent'anni.
Con la solita pungente autoironia e la consapevolezza che il treno per
il successo gli è sfuggito sotto gli occhi ormai da parecchio tempo,
Parker ritorna al rock'n'roll nudo e crudo e lo fa con un piccolo combo
di affiatati e sconosciuti compagni. I Figgs (già al suo
fianco nel live The Last Rock and Roll Tour) non saranno i Rumors, questo
è vero, ma nemmeno Songs of No Consequence ha la
pretesa di essere un nuovo Howlin' Wind o Squeezing Out Sparks: semplicemente
un disco di Graham Parker nel 2005, infarcito di grandi chitarre, ritornelli
che ti si appiccicano addosso ed una voce che sa ancora graffiare. Non
si spiegherebbero altrimenti titoli come Vanity Press, Suck'n'Blow, There's
Nothing on The Radio e via di questo passo. A brevissima distanza dalla
parentesi riflessiva e orientata alle radici di Your
Country, peraltro commevente, il rocker "britamerican",
come ama definirsi egli stesso, riprende la via dello storico pub rock,
di un rhythm'n'blues imbastardito dalle chitarre di Mike Gent e
dalle tastiere di Scott Bricklin, senza tralasciare le amate soluzioni
reggea (Vanity Press, Evil) che da sempre vivacizzano il
songbook di Parker. Pete Donelly, bassista dei Figgs e co-produttore
del disco, ha lasciato che la "sporcizia" venisse a galla, in
nove giorni di registrazione guidati da un vero e proprio entusiasmo giovanile.
Introduce Vanity Press e lo senti l'odore di questo entusiasmo:
la canzone potrebbe appartenere ad uno qualsiasi degli album storici di
Parker, come d'altronde Chloroform, rutilante ballata che avrebbe
fatto la sua figura su Mona Lisa's Sister. Il rock'n'roll recita da protagonista
in questo giro: Bad Chardonnay regala riff a profusione ed un'aria
stracciona alla Stones; Suck'n'Blow segue di una lunghezza; There's
Nothing on the Radio scalpita con un ritmo nervoso; Go Little Jimmy
vira al blues con l'armonica dell'ospite G Love; Local Boys
rispolvera un clima da ruggenti anni cinquanta. Sul versante ballate
Dislocated Life mostra uno dei testi migliori della raccolta, insieme
alla disullusa Did Everybody Just get Old? ("Those rockers
with dirty pictures in their lockers/ now have 'em on their compurer screens"),
mentre Ambivalent conserva i tratti della classica ballata alla
Parker, con quell'immancabile brivido soul nella voce. Non è tutto
oro colato forse, ma non ci aspettiamo altro da Graham Parker se non che
continui a scrivere con questa sana schiettezza Tutto questo, beninteso,
avendo fatto finta di non aver visto l'orribile grafica che domina copertina
e libretto...ma si sa, qui si bada alla sostanza |