Susan Tedeschi,
originaria di Boston, è una musicista dal carisma
totale, vocalist eccellente capace di dare forma
e contenuto a qualsiasi cosa vada a cantare, che
si tratti di brani originali o che siano cover.
Dal vivo è una potenza totale, sciolta e rilassata,
chitarra in mano a darsi le linee guida, ma completamente
nel controllo della situazione sul palco. Derek
Trucks è il bambino prodigio della slide, originario
di Jacksonville (Florida), ma vissuto sotto l’ala
protettiva dello zio Butch Trucks, quindi di casa
nella famiglia Allman Brothers. Tecnicamente mostruoso,
sopratutto per aver sviluppato una sua tecnica particolarissima,
chitarra accordata in “Open E”, uso astrale del
pollice e dell’indice, come non si è mai visto fare
a nessuno, mutuando e forse ampliando quello stile
che fu solamente di Duane Allman.
A detta di molti, e condivido, il disco della maturità
della Tedeschi Trucks Band è Let Me Get
By, perfetta evoluzione e anche sintesi del
loro stile, forgiato da influenze che partono dalla
fine dei 60 e primi 70, incluso il periodo d’oro
del southern rock, e arriva alla resa ottimale in
virtù di dosi stechiometriche di blues, soul e rhythm
and blues. Nonostante siano passati diversi anni
e numerosi ascolti, il disco sprigiona ancora sensazioni
piacevoli di riscoperta e freschezza, come se fosse
un’arancia succosa che ad ogni spremuta libera profumi
ed essenze sempre frizzanti e vitaminiche. Let
Me Get By è stato scritto sulla scia di
numerosi concerti che seguirono i dischi Made
Up Mind e Revelator, esibizioni che videro
la band cimentarsi in tour ricchi di ospitate di
alto livello (Herbie Hancock, Blackberry Smoke,
Clapton, Black Crowes...), i quali hanno dato alla
comune non solo amalgama e coscienza dei propri
mezzi, ma sopratutto scioltezza nello scrivere i
propri pezzi, confortati dalla comodità di passaggio
di tanti illustri musicisti che hanno suonato con
loro, lasciandosi influenzare a vicenda.
La bravura di Susan come interprete è tangibile
in brani rock come Anyhow, brano di altissimo
livello compositivo, che avrebbe potuto essere scritto
dall’Allman Brothers Band, per la somiglianza di
stile (periodo Eat a Peach), melodiosa ,
ricca di armonie anche soul, che cresce fino ad
esplodere in un crescendo di fiati e cori. Un canovaccio
che ascoltiamo per l’intero lavoro. Ci sono brani
scritti dalla band al completo, ma caratterizzati
sopratutto dai fraseggi della magica Gibson di Derek
Trucks, come Laugh About It, e dal lavoro
al piano elettrico di Kofi Burbridge come in Don’t
Know What it Means, che mischiano alla perfezione
tutti gli elementi musicali della numerosa family
TTB, dimostrando come l’affiatamento tra i vari
membri sia in grado di far evolvere la crescita
stilistica del progetto, mai soltanto identificata
con la slide di Derek o la voce di Susan, ma un
mosaico dove tutti mettono il loro mattoncino.
La seconda voce solista della band, Matt Mattison,
è un ottimo songwriter, oltre che validissimo vocalist,
e lo possiamo sentire in Right On Time, pezzo
in modalità New Orleans, o In Every Heart,
dove ritornano alla mente le armonie di The Band
e anche del soul periodo d’oro Stax, ma sopratutto
nella lunga suite Crying over You /Swamp Raga,
il mio brano preferito del disco, che assembla con
coraggio melodia e fraseggi strumentali di slide,
jam e assoli intercalati da arrangiamenti corali
e orchestrali di geniale sfacciataggine. La title
track è uno spettacolare scambio di frasi tra chitarra
e tastiera, dove la brava Susan si trova completamente
a suo agio nel disegno melodico, spezzato da un
passaggio di organo Hammond, dolce e piccante allo
stesso tempo, fino al coro finale che timbra a fuoco
il ritornello. Anche l’amico Doyle Bramhall contribuisce
a dare spessore allo script dell’album con diversi
episodi, innanzitutto con la pregevole Just A
Strange, magicamente interpretata da Susan e
rinforzata dai cori e dal contributo dello stesso
Doyle al basso e alla chitarra acustica. Poi lo
spazio per una dolce canzone d’amore, una ballata
senza tempo e genere che è Hear Me, scritta
a quattro mani con Derek Trucks, e la frizzante
I Want More, potente rhythm and blues, cavallo
di battaglia nelle scorribande live.
Nella versione deluxe l’album è arricchito anche
di versioni live di alcune tracce e di un bonus
con i classici I Pity the Fool, con una straripante
interpretazione della Tedeschi, che si lancia in
gorgheggi alla Joplin, Keep On Growing, cover
di Derek & The Dominos, a loro molto vicina come
ispirazione, con il duetto di voci tra Susan e Matt
che ricantano le parti che furono di Eric Clapton
& Bobby Whitlock. Infine, per gli amanti del vivile
come il sottoscritto, non c’è niente di meglio che
sfogliare le facciate del disco, leggerne i testi
e tutte le note, insieme alle belle foto che lo
compongono.
A mio parere Let Me Get By rappresenta
e descrive tutte le tonalità di colore che questa
superlativa band ha nel DNA, e nell’arco temporale
dei vent’anni che hanno dato il via al nuovo millennio,
è una delle espressioni artistiche più preziose
che io possa consigliare. Un disco senza tempo,
per tutti, per sempre.