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roots rock, southern di
Emilio Mera (03/01/2012)
James
Jackson Toth, aka Wooden Wand cambia ancora una volta pelle. Dagli esordi
psichedelici alla ricerca della sua identità come nuovo menestrello nel mondo
del weird folk, nella sua immensa discografia - fatta di singoli, split e cdr
spesso introvabili o a tiratura limitata - ha esplorato un melting pot di generi
ma questo nuovo cambio di traiettoria è il suo più naturale spostamento verso
territori di rock classico, con forti spunti di matrice chitarristica. Il progetto
Briarwood (finanziato interamente dai fans attraverso Kickstarter) nasce
dall'invito dell'amico Daniel Duquette Johnson (ex Verbena) a registrare uno Split
7" con la sua band, i country rockers The Gum Creek Killers (Janet Simpson, Brad
Davis and David Hickox) negli studi di Birmingham, Alabama. Toth invece di pescare
una outtake dal suo archivio, ha deciso di accettare l'invito dell'amico e andare
direttamente in Alabama a registrare. Il newyorchese è stato talmente impressionato
dalla positiva esperienza e dal suono che sono riusciti a creare in quel piccolo
studio, da assoldare i Killers, insieme ad alcuni amici di lunga data (Brian Lowery
e Jody Nelson) e formare The Briarwood Virgins.
Ne scaturisce un
album intenso, chitarristico e immediato con un suono swamp e sporco che sa di
fango e di bourbon (chiari i legami con l'Alabama). Quello che più sorprende è
come JJT riesca ad adattarsi con la su voce a questo cambio. Il suono è espansivo
e potente, pieno di slide, feedback e assoli di chitarra, di organo e batteria
(a volte sembra di assistere a una jam tra i Crazy Horses e i Drive By Truckers)
e Wooden Wand risponde a questo sound tutto muscoli con una delle sue migliori
performance vocali. Le 9 composizioni possiedono un mood scanzonato, rilassato
e organico come quello respirabile in Whiter Away,
che possiede il giusto vibe della Band con armonie che ritornano e chitarre che
possono risultare disordinate e distorte, ma che danno uno charme particolare
all'intera raccolta. Lo stesso che si sente nell'iniziale Winter
in Kentucky, carico di hammond, chitarre e richiami stonesiani. Le
chitarre non cessano di gracchiare anche in Scorpion
Glow (che suona come George Thorogood dopo una aver ingerito uno sciroppo
per la tosse), anzi sono sparate al limite pur mantenendo un'atmosfera rilassata.
Be My Friend Mary sa di sudore e stivali infangati come una swampy
song dai forti sapori southern, mentre la lunga Motel
Stationary paga tributo a Neil Young (e come poteva essere altrimenti
quando uno ha tatuato sul braccio "What Would Neil Young Do?").
Big
Mouth Usa è l'unica cover della raccolta, una perla di Jim Ford (preso
dall'imperdibile e lost album "Harlan Country" del'69) rifatta in maniera pregevole
e arricchita dal controcanto femminile. Good Time Man
e Passin'Through scivolano via su territori
country polverosi mentre l'irresistibile e ultimo walzer DNR
Waltz (Dnr sta per "Do Not Resuscitate") ci lascia con il sapore secco
del bourbon sudista in bocca. Briarwood è la rock opera di Mr. Toth;
un amalgama di country rock e gospel, di cavalcate elettriche e ballate per tipi
solitari con una forte impronta sudista. I fans di vecchia data che si aspettano
un altro album di folk acustico intimo/minimalista come "Harem of The Sundrum
"o "2nd Attention", troveranno l'album troppo normale per gli standard della "Bacchetta
di Legno", ma gli amanti del roots rock stradaiolo lo troveranno ammaliante, affascinante
e a tratti irresistibile. Il passato sembra dietro le spalle caro James e il futuro
sembra splendere in lontananza, anche se rimane sempre "incerto".