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rock di
Marco Restelli (31/10/2012)
Jakob
Dylan è uno degli esempi più brillanti di così detto "figlio d'arte" e - considerando
che si tratta di portare sulle spalle un cognome così pesante (roba del tipo:
"la storia della musica") che pochi al mondo sarebbero in grado di reggerne il
peso - la questione merita ancora più ammirazione. Dopo aver abbandonato per ben
sette anni il progetto dei suoi "Fiori del muro" ed essersi dedicato alla propria
carriera solista, pubblicando due splendidi album praticamente in versione stripped
down, il nostro capitano ha deciso che era tempo di richiamare all'appello
la ciurma, riattaccare la spina delle chitarre e lasciare da parte, almeno per
un po', le coste sicure fatte di dolci ballate agresti, per salpare verso il più
agitato mare del rock.
Oltre ai soliti marinai della band, ha voluto sulla
nave anche uno skipper d'eccezione per aiutarlo nella navigazione in un paio di
itinerari sonori. Il nome è di quelli che contano (un certo Mick Jones)
e lo strepitoso singolo apripista (Reboot the Mission),
che hanno confezionato insieme, risulta la perfetta sintesi fra l'anima dei Wallflowers
e quella dei Clash. Il sound è decisamente fresco, radiofonico ma nel contempo
ricercato e degnamente proposto in un gradevole video che sembra calzare a pennello
con lo spirito del brano (vedere per credere). Una curiosità: nel testo viene
citato anche il compianto Joe Strummer, con l'occasione omaggiato con il lusinghiero
appellativo di "The mighty". Il resto dell'album è senza dubbio all'altezza dei
loro momenti migliori. A dire il vero, mancano all'appello le canzoni low-tempo,
che in passato hanno svolto l'importante funzione di solide scialuppe di salvataggio
(ne cito una fra le tante: From the Bottom of my Heart), ma come implicitamente
indica il titolo del disco, l'urgenza del momento è stata quella di trasmettere
un ritrovato stato di grazia artistico così che, probabilmente, non era il caso
di rallentare lo scafo e fermarsi a meditare.
Ascoltando Glad All
Over si capisce il ritrovato feeling e l'amalgama che lega i membri del
gruppo, con effetti evidenti sulla qualità musicale. Tanto per essere concreti:
una sessione ritmica così incisiva non si sentiva dai tempi di One Headlight e
anche le tastiere suonano veramente alla grande. Se cercate conferma di quanto
sopra, vi consiglio di ascoltare pezzi come la melodica Love
is a Country (siamo nella miglior area rock d'America, direi fra Tom
Petty e lo stesso Springsteen, compresivo di E-street band.), perfetta per gli
amanti della musica in auto ad alto volume, oppure Have
Mercy on Him Now uptempo dal piglio più rockeggiante, o ancora l'intensa
e solida Constellation Blues nel finale, certamente
fra i frutti più prelibati del disco. Unico scoglio da evitare, direi la trascurabile
The Devil's Waltz. Concludendo direi un "ben tornato!" a Jakob & C., con
la speranza di non doverli aspettare ancora così tanto per fare un altro viaggio
insieme, a vele spiegate, e sentire la piacevole brezza sul viso, ringraziando
di essere di nuovo… "totalmente sereni".