Loudon Wainwright III
Older than My Old Man Now
[
Proper records 2012
]

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di Gabriele Gatto (15/05/2012)

Potremmo definirlo un autoritratto dell'età matura, questo nuovo album di Loudon Wainwright III, songwriter in circolazione da oltre quarant'anni e titolare di una delle penne più bizzarre, ironiche e commoventi del panorama americano. E che questo Older than My Old Man Now sia un lavoro volto ad una sorta di racconto di se stesso e della propria storia esistenziale si può cogliere già dal titolo e dalle foto del libretto allegato al cd, che a prima vista potrebbe dar l'idea di essere un piccolo album delle foto di famiglia. "Ora sono più vecchio di mio padre": questa è l'intuizione che Wainwright pone a fondamento di questo nuovo progetto. Questa constatazione, unita allo scorrere inesorabile del tempo e ad alcuni eventi dolorosi come la morte dell'ex-moglie, musicista e madre dei suoi figli Kate McGarrigle, costituisce il fulcro delle quindici canzoni. Scavando all'indietro fra i lavori del cantautore, non è difficile tratteggiare più di una similitudine fra Older than My Old Man Now e quell'History che, uscito nel 1992, rappresenta forse il capolavoro di Wainwright. Si tratta infatti di due facce della stessa medaglia e se History rappresentava uno spaccato della vita "adulta", questo nuovo disco è un vero e proprio "autoritratto dell'artista da vecchio".

Le tinte sono talvolta quelle della malinconia e della memoria mentre altrove è l'ironia (o, meglio, l'autoironia) a dominare il campo. E, per meglio chiarire la natura intimamente personale di questo lavoro, Wainwright ha chiamato attorno a sé la propria famiglia (i figli Rufus, Martha e Lucy, tutti e tre musicisti, la seconda moglie Suzzy Roche, nonché lo spirito di Kate McGarrigle, co-autrice di Over the Hill) e alcuni fra gli amici di una vita. Così ecco fare capolino Ramblin' Jack Elliott, definito dallo stesso Wainwright nelle note "il mio principale padre musicale" nell'esilarante talkin' blues di Double Lifetime e Chris Smither nell'amara ballata folk Somebody Else, o la chitarra di John Scofield nell'apertura della briosa The Here & the Now, una sorta di "autobiografia in una canzone di tre minuti e mezzo". Tutte le canzoni del disco dunque viaggiano fra una scrittura fortemente ironica, come My Meds, sorta di auto-parodia della propria ipocondria, sorretta da un pianoforte da saloon, o la cabarettistica I Remember Sex, dove, con l'aiuto del noto trasformista Dame Edna Everage, Wainwright ricorda i bei vecchi tempi in cui ancora "ce la faceva", ed un piglio intimista e profondo.

E questa malinconica profondità traspare qua e là fra gli sbuffi rootsy della title-track, dai duetti con la figlia Martha in Over the Hill e con l'altra figlia Lucy in All in a Family e soprattutto col figlio Rufus nella struggente The Days that We Die, introdotta da un breve recitato scritto dal padre di Wainwright, ossia uno dei brani più belli ed intensi del cantautore di North Chapel. Se proprio vogliamo trovare un difetto a questo disco, si potrebbe contestare a Loudon una eccessiva autoreferenzialità (come per esempio nella eccessivamente prolissa In C). Peccati veniali, tutto sommato, a fronte di un album in cui l'arma dell'ironia unita a doti poetiche fuori dal comune, oltre ad una produzione sempre misurata ed equilibrata nell'insegna delle tinte acustiche e della semplicità, mostrano un autore vivo e vegeto, che a 66 anni suonati regala uno dei più bei dischi della sua carriera.


   


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