File Under:dirty
funky blues rock di
Fabio Cerbone (31/10/2012)
La
calata nel profondo Mississippi di Ian Siegal è stata talmente fruttuosa
che il ragazzo terribile del bristish blues di questi anni ci ha preso gusto,
raddoppiando la posta in gioco. Candy Store Kid è dunque il secondo
capitolo di un'avventura affascinante, avviata con il precedente The
Skinny negli studi Zebra Ranch di Coldwater, quartier generale della
famiglia Dickinson, oggi passato definitivamente nelle mani dei figli Luther e
Cody (North Mississippi Allstars per tutti quanti) dopo la scomparsa del grande
papà e mentore Jim. Dal sound limaccioso e dall'inflessione fortemente southern
del citato The Skinny, oggi Siegal sembra avere naturalmente sintetizzato le più
disparate influenze che compongono la sua scrittura blues, mai troppo ligia ai
confini e ai conservatorismi di uno stile che necessita invece di apertura mentale
e curiosità per farsi "moderno", senza dimenticare le radici sia detto.
Rimesso
nelle mani e nella testa di un autentico istrione quale è Siegal, voce al catrame
e anima soul, metà Howlin' Wolf, metà Tom Waits, l'esito è un caleidoscopio di
umori che attaversano la black music in tutte le sue sfaccettature, per cui riesce
ormai difficile imbrigliare questo signore nelle canoniche dodici battute. Il
grondante calore emanato da Bayou Country
in apertura, con la spinta delle voci femminili di Sharisse e Shontelle Norman
è la quintessenza di questo percorso, subito pronto a infilarsi nel bollente boogie
da sordido juke joint di Loose Cannon e deviare
nel funky sudista appiccicoso di I Am The Train,
tra slide guitar che menano stilettate e un ritmo che ti prende al collo. Meno
caratterizzato forse del citato The Skinny, album al tempo più coinvolto nell'omaggio
ai propri collaboratori del Mississippi, Candy Store Kid rappresenta oggi una
lotta ad armi pari con i diversi musicisti coinvolti: dai citati fratelli Dickinson
che offrono sprazzi del loro talento strumentale, ma mai sopra le righe o protagonisti
ingombranti, all'anima gemella Alvin Youngblood Hart (qui anche al basso),
dai camei di Gary Burnside (che contribuisce alla stesura di una sferzante Strong
Woman, rock blues breve e indiavolato) alla firma di Lightnin' Malcolm,
altro bianco dal cuore nerissimo, sulla groovy So Much
Trouble, palese omaggio allo stile ossessivo del maestro Junior Kimbrough
che si intreccia ancora una volta con l'originale ostentazione dei cori (c'è anche
Stefanie Bolton, oltre alle sorelle Norman).
Si accennava tuttavia all'ecletticità
del personaggio Siegal e se la sua vocalità da lupo mannaro resta senza dubbio
un trait d'union dell'intero Candy Store Kid, l'efficacia del suo songwriting
lo porta indubbiamente a scartare di lato: non tutto riesce alla perfezione (il
lentaccio rock The Fear è un po' incartato
su se stesso, il martellante funky finale di Hard pressed
(what da Fuzz), con quel basso robusto in sottofondo e la ritmica vagamente
sintetica, scade in una forzatura), ma quando Rodeo
sceglie i toni appassionati della ballata country gospel pare di sentire una "waitsiana"
Jersey Girl aggiornata al 2012. L'howlin wolf della scena rock blues internazionale
è ancora saldamante al timone.