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roots-rock di
Nicola Gervasini (23/02/2012)
In
occasione dell'uscita di Let
Freedom RingChuck Prophet aveva fatto notare che i suoi dischi
solisti vendevano sempre meno e non beneficiavano di adeguata distribuzione. Per
cui, visto che a seguirlo sono i soliti pochi aficionados, ora si sente
libero di produrre la musica che gli piace, quando gli piace. Si comprende così
la piega scanzonata, diciamo pure scazzata, presa da questo Temple Beautiful,
disco che fin dal primo ascolto sembra quasi più il parto di una improvvisata
session da cantina. D'altronde Prophet sa che la sua discografia non ha fatto
storia come la sua carriera con i Green On Red, e poche enciclopedie del rock
si ricorderebbero di quanto album come Balinese Dancer o Homemade Blood
abbiano riscritto i codici del roots-rock negli anni 90. Poco male, il nostro
sembra accontentarsi del ruolo di sparring-partner di Alejandro Escovedo e altri
eroi minori che si servono delle sue sei corde, mentre per la nuova sortita solista
stavolta si è divertito a confezionare una sorta di concept album dedicato a San
Francisco e ai suoi eroi passati ("un disco nato a San Francisco, fatto da uno
di San Francisco che parla di San Francisco" lo definisce lui stesso).
Ma
ancora più divertente è il metodo scelto per promuovere il disco in città, visto
che sul suo sito potrete trovare le informazioni di come partecipare al Temple
Beautiful San Francisco Bus Tour, con una vera guida turistica che vi commenterà
le vie di Frisco al suono della banda di Chuck che intratterrà tutti con 90 minuti
di musica (con ospiti a sorpresa). Visiterete così una delle più belle città del
mondo sentendo le storie di miti del baseball locali in Willie
Mays is Up at Bat (e la somiglianza del disco con i due album dei Baseball
Project di Steve Wynn e Peter Buck era già evidente prima di arrivare a questo
brano), omaggi al simbolo dell'orgoglio gay della città Harvey Milk (White
Night Big City) o al mitico Imperatore Norton (Emperor
Norton in the Last Year of His Life), un folle della città che nel
1959 si autoproclamò Imperatore degli Stati Uniti (arrivando pure a decretare
lo scioglimento del Consiglio di Stato) tra l'ilarità della stampa, ma, a sorpresa,
con un seguito talmente largo da divenire un simbolo del populismo ante-litteram.
Musicalmente l'album omaggia i tempi del garage-rock della West Coast,
e la presenza di Rob Loney, mitica voce dei Flamin' Groovies, in una title-track
che pare un pezzo dei Ramones, non è assolutamente un caso. Probabilmente rispetto
ai due precedenti lavori Chuck perde un po' di vista le buone regole del songwriter
e lascia troppo spazio all'improvvisazione, anche se in alcuni casi c'è di che
esaltarsi (Castro Halloween sta già mietendo
parecchi consensi in rete). Al di là del grande interesse dei testi, Temple Beautiful
non è il suo album migliore, eppure è già quello che sta avendo più successo:
a volte basta davvero solo trovare l'idea giusta.