File Under:
folk, indie rock di
Fabio Cerbone (12/03/2012)
"All'ombra
di Woody Guthrie" intitola in queste settimane il magazine americano Paste: nell'anno
delle celebrazioni per il centenario della nascita dell'icona per eccellenza del
folk americano, New Multitudes compie il primo passo (speriamo di
una lunga serie, purchè tali omaggi risultino tutti originali come quest'ultimo)
in direzione di una riscoperta del Guthrie più inedito, soprattutto quello degli
anni in California e infine del crepuscolo e della malattia. Non è un caso che
contemporaneamente sia prevista anche la riedizione (naturalmente ampliata e corretta,
come richiede la discografia moderna) di Mermaid Avenue, il primo progetto che
scosse le acque alle fine degli anni 90, grazie alla collaborazione fra Billy
Bragg e Wilco. Il destino vuole che al centro di questo New Multitudes sieda invece
l'altra metà del cielo alternative country, Jay Farrar, seppure coinvolto
in prima persona e non affiancato dalla creatura Son Volt.
Resta sicuramente
il comune denominatore della figlia Nora Guthrie, che apre generosamente gli archivi
del padre alla nuova generazione di folksinger, mostrando testi incompleti, vere
e proprie liriche, piccoli appunti di vita e di viaggio, sui quali il citato Farrar
e i suoi compagni di viaggio - Will Johnson (Centro-matic, South San Gabriel),
Anders Parker (Varnaline) e Yim Yames (My Morning Jacket) - lavorano
di sponda, confrontandosi reciprocamente a distanza, prima di riunire tutte le
carte e partorire in studio la sequenza che abbiamo oggi fra le mani. La caratteristica
quasi paradossale di New Multidues è il suo presentarsi come opera corale e collaborativa,
ma al tempo stesso di fermare esattamente su disco le singole sensibilità di ciascun
protagonista, tanto che stili e approcci sono assai isolabili al primo ascolto.
Nei poli opposti di apertura e chiusura, Jay Farrar si misura allora con il suo
stile austero e malinconico (Hoping Machine e
la stessa title track), così come il collega più affine Anders Parker (non a caso
i due diedero vita al connubio Gob Iron...) rimugina su ballate agresti (Fly
High) e scintillanti folk rock (Old L.A.),
mentre il ruolo più trasognato resta a pannaggio di Yames (basterebbe la fragilissima
My Revolutionary Mind o meglio ancora la
solitaria Talking Empty Bed Blues) e Will Johson si ritaglia il suo spazio
cupo e nervosamente elettrico (VD City).
Dunque
limite e pregio di New Multitudes è proprio questo intervallarsi delle personalità,
dove suggerimenti reciproci non cancellano l'impronta della voce principale. È
al contempo l'unica via di uscita per non risultare banali: se Jay Farrar è in
fondo il più ligio al canone originale (Careless Reckless
Love, commovente), è pur vero che l'apporto di Johnson nella marziale
No Fear e di Yim Yames nella stranita e terzomondista
Changing World (Paul Simon in forma indie?)
offrono all'album una visione meno scontata. Per chi volesse comunque respirare
un'aria più dimessa e folkie restano sempre le undici tracce del secondo cd, previsto
nella immancabile deluxe edition (all'interno anche riproduzioni dei testi originali
di Guthrie): i soli Farrar e Parker, sulla linea dei citati Gob Iron, infilano
un folk blues scuro e secco (Jake Walk Blues, Old Kokaine) che passa
attraverso la desolazione americana con scatti di ira rock (I
Was a Goner, Dopefiend Robber). C'è insomma un'abbondanza
di materiale attraverso cui godere a pieno dell'eredità di Woody Guthrie,
senza per questo abbandonarsi alla pura nostalgia.