File Under:rural
blues , hillbilly music di
Fabio Cerbone (20/07/2012)
La
copertina meriterebbe l'oscar (e nel caso è consigliatissima la versione in vinile,
il perché dovreste capirlo da soli), ma è l'intero album a riflettere quell'immagine
sgranata e di tempi sbiaditi, Old Times There… certo, come se l'orologio
dell'american msuic si fosse fermato. In una stagione di vacche magre, crisi economica
e nuova depressione, per giunta con un centenario da festeggiare di non poco conto
a livello simbolico (Woody Guthrie), la seconda prova discografica della South
Memphis String Band assume più significati di quelli che deve essersi prefissa
in partenza. In principio, infatti, era soprattutto un passatempo, una scampagnata
fra amici - tra i migliori talenti del nuovo folk sudista - che sulle ali dell'entusiasmo
del precedente Home
Sweet Home hanno preso coraggio, allargando la formazione e proseguendo
sul sentiero della ricerca, dal sapore un po' archeologico.
Il nuovo arrivato
si chiama Justin Showah (già con Afrissipi, Eric Deaton e Cary Hudson fra i tanti),
gli altri sono sempre gli stessi: il folletto Jimbo Mathus, il serioso e impegnatissimo
Luther Dickinson (tre dischi in contemporanea o quasi per lui) e il gigante (si
spera buono) Alvin Youngblood Hart, agghindati come pionieri in cerca dell'oro.
Il loro bottino è formato in prevalenza da tradizionali rivisitati, qualche brano
con una firma certa e un paio di episodi recenti (Stonewall
1863 e See the Uncle Sam di Mathus)
che suonano in tutto e per tutto datati come il resto. Di questo passo Old Times
There… è l'esatta fotocopia o quasi del predecessore, ma con molta meno sorpresa
e vivacità. Si svela però la stessa competenza nel maneggiare strumenti
acustici, banjo, mandolini e chitarre, senza abbellire una sola nota e lasciando
anche qualche imperfezione. Purismo folk all'eccesso insomma, e all'unisono aggiungiamo
noi, con buona pace del tempo che passa: l'operazione era intrigante in fieri,
ma a questo giro diventa veramente uno svago ricreativo per i musicisti, che incrociano
voci e chitarre davanti a microfoni rigorosamente vintage, senza chiedersi se
la tradizione vada fatta rivivere con una carica un po' meno museale.
Nulla
da recriminare sulla giocosità musicale di Turnip Greens,
Feather Bed o Jimbo
Jambo Land, passando dalla coralità Some of These Days al sentenzioso
incedere di Can You Blame The Colored Man?,
ma sfuggendo tra vecchi ragtime e blues, ballate folk e hillbilly music non si
capisce bene se la South Memphis String band voglia assomigliare ad una copia
calligrafica di qualche orchestrina da strada (magari la Memphis Jug Band, vista
l'assonanza o il palese omaggio, fate voi) oppure ad una rilettura aggiornata
ai nostri giorni. Nel secondo caso non ci siamo proprio: con tutte le qualità
strumentali che vanno riconosciute ai singoli musicisti coinvolti, Old Times There…
appare più come una caricatura, una gradevole cartolina da esporre in bella vista.
Se vi metterà voglia di riscoprire il songbook americano pescando in opere come
l'essenziale Anthology of Folk Music di Harry Smith avrà se non altro avuto un
merito, ma oltre l'evocazione non ci muoviamo.