File Under:rock
ballads di
Silvio Vinci (25/05/2012)
John
Mayer è un ragazzo che riempie gli stadi, va in televisione, piazzando al
numero uno delle classifiche di vendita i suoi dischi, suona con session men del
calibro di Pino Palladino e Steve Jordan, una delle migliori sezioni ritmiche
in circolazione, è innegabilmente dotato di fascino e talento, scrive e compone
straordinari pezzi coniugando il sacro verbo del blues e del soul con il rock
apparentemente di facile presa, ma mai stucchevole o banale. Talento , punto e
basta. Non è giusto incensare artisti che per due o tre brani pur di ottima fattura
ci fanno ingoiare interi album noiosi e facilmente accantonabili, e snobbare uno
come John Mayer che ha pubblicato ottimi lavori, magari anche commerciali , ma
spesso godibilissimi. Per chi non avesse grande familiarità con la sua discografia,
ricordo in sintesi che ha alle spalle cinque lavori come John Mayer ed uno come
John Mayer Trio. Try (2007) e Continuum (2005) sono stati i dischi
della consacrazione, Battle Studies del 2009 l'ultimo lavoro in studio,
e giusto per darvi un'idea del successo del nostro amico, questo signore ha collezionato
tutti i premi possibili per un artista rock: miglior disco rock, miglior voce
maschile, miglior assolo, #1 in classifica negli USA...(su Wikipedia c'è il suo
palmares aggiornato ad oggi, ndr).
E' chiaro che ho notevole stima
di questo 36enne della provincia americana, artista a tutto tondo, grande voce,
ottimo chitarrista di matrice blues rock, sopratutto a mio parere valido songwriter.
John Mayer è uno dei più importanti artisti americani del nuovo millennio e la
sua carriera ne è la testimonianza. Esce in questo pigro mese di maggio Born
and Raised e si capisce dal primo ascolto che, messe da parte le preoccupazioni
per il denaro, che certamente non sarà un suo problema per il futuro, la mano
scorre leggera, ma consapevole, sulla sei corde della chitarra, per darci una
serie di meravigliose ballate, dall'incredibile profumo di deserto, praterie,
Gran Canyon e Delta del Mississippi. Queen of California
apre con il caratteristico tocco, ballata bluesy, affascinante. The
Age Of Worry sembra uscire dai polverosi archivi di The Band, melodiosa,
southern rock. Shadow Day è l'hit single,
piacevole e orecchiabile, ottima produzione (insieme a Don Was, ndd)
e certosino lavoro di studio alle spalle, l'avrebbero voluta scrivere centinaia
di rockers perdenti dell'ultima ora.
Il disco fila liscio che è un piacere,
è una straordinaria sequela di ballate, suonate e cantate a briglia sciolta (tra
i musicisti Chuck Leavell e Greg Leisz, oltre ai camei vocali di Graham Nash
e David Crosby, ndd), con misurati innesti di organo Hammond, slide,
e qualche coro femminile ad accarezzare la cima di brani quali
Born and Raised, a mio avviso il pezzo più bello del disco (mi ricorda
tantissimo gli ultimi lavori di Black Crowes o The Band Of Heathens). Delizioso
anche If I Ever Get Around to Living e poi
Whiskey Whiskey Whiskey che tradisce l'amore per Neil Young periodo Harvest. Chiude il disco un'altra
ballad intensa, A Face to Call Home, pochi
accordi facili facili, ma gran bella melodia, e sopratutto ottima voce. Dischi
come questo, delizioso connubio di rock, country, blues e ballad, anche di facile
ascolto, ma suonato come si deve, dio ce ne mandi uno al mese, e sarei felice.
Per chi avesse di John Mayer l'idea del belloccio che scrive pop per adolescenti,
questa è l'occasione giusta per cambiare opinione.