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southern soul rock di
Fabio Cerbone (19/03/2012)
Apoteosi
del loro southern rock virato verso le radici soul di Memphis, città per eccellenza
dei Lucero, 1372
Overton Park è stato il disco della svolta e al tempo stesso della
consacrazione (disco dell'anno 2009 su RH) di questa piccola band di sopravvissuti
e combattivi emarginati del rock'n'roll. Partiti con le luci al neon e la malinconia
del suono alternative country, hanno incrociato strada facendo la leggenda di
Elvis (hanno pure registrato nella palestra dove si allenava il King...), gli
studi della Stax e i fantasmi di Otis Redding, finendo per assomigliare ad una
versione rozza e provinciale dei Big Star. Questo loro innamoramento per l'epica
e la storia di Memphis sembra averli catturati a tal punto da non volersi più
schiodare: se al centro del citato 1372 Overton Park stazionava una dettagliata
carta stradale dei luoghi di crescita del leader Ben Nichols, come dire "the sound
of our town", oggi ritroviamo i Lucero seduti sul marciapiede di un incrocio cittadino,
ancora intenti a parage il dazio per gli influssi musicali che hanno respirato
nel quartiere.
Una lettera d'amore per Memphis dunque, con tutte le conseguenze
del caso: nuovamente prodotti da Ted Hutt (Gaslight Anthem e dintorni)
i Lucero firmano l'atto secondo, inevitabilmente facendo scemare l'effetto sorpresa
e vivendo di rendita sul passato. Ci sono ancora i fiati condotti da Jim Spake,
grassi e grondanti sudore, il piano saltellante di Rick Steff e quel gran sferragliare
di chitarre che mette insieme Chuck Berry, il punk rock giovanile e le radici
"confederate". L'effetto però è meno dirompente e anche la voce di Ben
Nichols, sempre così ringhiosa e ai limiti dell'incrinatura, appare oggi più
addomesticata, quasi coscienziosa: i riflessi sono visibili nel trittico iniziale,
aperto da un breve stacco strumentale intitolato Downtown (Intro) e poi
confluito in On My Way Downtown e dalla stessa
Women & Work, scatenato boogie che scolora
nel soul di It May Be Too Late, ballata per
fiati, steel e pianoforte, risalendo infine la china con le pulsioni r&b di Juniper.
Tutto molto gradevole e trascinante, eppure l'anima resta l'elemento essenziale
di una musica come quella dei Lucero: Nichols deve essersi distratto un attimo,
occupato persino a fare l'attore per la serie $5 Cover prodotta da MTV
americana, nonostante non sia la concentrazione in fondo a mancare in Women
& Work.
La band dice di aver preso ispirazione dai dischi un po'
downhome di Delaney&Bonnie e dalle produzioni di Leon Russell, mettendo insieme
un album che guardasse alla lezione del Memphis country soul (Who
You Waiting On? è uno degli episodi più classici usciti dalla loro
penna), ma ciò che difetta davvero al disco per farsi amare alla follia non è
tanto una base solida o un riferimento nobile, quanto un briciolo di coraggio.
Soprattutto il secondo atto di Women & Work sembra perdersi in qualche clichè
di troppo e ballate già sentite (When I Was Young,
Sometimes), trovando solo nel finale una
via di uscita salvifica nelle gradazioni gospel di Go
Easy. Manca un po' di cuore questa volta e la differenza, nel caso
dei Lucero, si fa sentire eccome.