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old man in the mirror di
Fabio Cerbone (03/12/2012)
Dovessimo
paragonarlo ad un brandello di letteratura, questo nuovo lavoro discografico di
Kris Kristofferson potrebbe essere una raccolta di asciutte short stories,
dritte al punto e senza una sola parola sprecata. Un romanzo breve eppure lungo
una vita, che è valsa la pena spendere fino in fondo, guardando oggi in faccia
la morte con un sorriso più che con la disperazione. Feeling Mortal,
bellissimo e disarmante titolo, è il terzo capitolo di quella che a tutti gli
effetti si dipana come una trilogia sotto l'egida del produttore Don Was,
completando un percorso di rifioritura inaugurato con This Old Road e proseguito
attraverso lo scheletrico suono acustico di Closer to the Bone, sempre sottraendo
fino a mettere in evidenza le indecisioni delle voce di Kristofferson.
In
Feeling Mortal è più indifesa che mai, un gracchiare spezzato dalla fatica che
mostra tutti i 76 anni del protagonista: il paragone con gli ultimi scampoli artistici
del vecchio compare Johnny Cash si farà dunque ancora più pesante, con tutti i
distinguo stilistici del caso sia detto. Il nuovo corso di Felling Mortal è in
verità oggi più mosso e speziato del previsto (nel paragone con gli American recordings
potrebbe essere l'Unchained della situazione...), con il pigro sobbalzare ritmico
del basso Sean Hurley e dei tamburi di Aaron Sterling a fare capolino in Bread
For The Body e Stairway To The Bottom,
country rock dagli accenti duri e puri, cui fanno da contorno le chitarre di Mark
Goldenberg, la pedal steel del maestro Greg Leisz, le gradazioni di piano e accordion
di Matt Rollins, e non ultimo il violino di Sara Watkins. Onesto fino in fondo,
Kristofferson non ha rimostranze da inoltrare all'esistenza, sembra grato di quello
(tanto) che ha avuto e di quello che si è preso: più risate che lacrime, afferma
lui stesso, e sarà per questo che è andato a ripescare una vecchia canzone scritta
con il re indiscusso dell'ironia country, Shel Silvestein (l'autore di A Boy Named
Sue per Johnny Cash), intitolata My Heart Was The Last
One To Know, mentre un'armonica svogliata distende la melodia della
road song You Don't Tell Me What To Do, suggerendo
un ponte con i suoi esordi alla fine dei sixties.
È l'intero Feeling Mortal
ad essere un rapido (mezz'ora e poco più), spietato, sincero racconto country
folk che ha come protagonista "that old man there in the mirror", come recita
il testo della title track. Dal ritratto commovente dell'anziana Mama
Stewart alle cadute umane di Just Suppose,
dai ricordi giovanili di Castaway al malizioso
amore racchiuso in The One You Chose, scorrono
in sequenza le confessioni del narratore: che siano scritte in prima persona o
piuttosto quelle di un autentico storyteller, con i suoi personaggi dai tratti
peculiari, Kristofferson dimostra una volta di più di essere uno degli originali,
monumento al songwriting che oggi trova un chiaro punto di unione con un'altra
leggenda americana come Ramblin' Jack Elliott, a cui dedica la conclusiva Ramblin'
Jack, rutilante ballata country che danza sul border, identificando
le loro vite e le loro anime in un viaggio comune.