Justin Townes Earle
Nothing's Gonna Change The Way You Feel About Me Now
[
Bloodshot  
2012]

www.justintownesearle.com


File Under: songwriter, country-soul

di Nicola Gervasini (26/03/2012)

Non so…c'è che forse dopo sei anni e cinque album ho finalmente colto cosa non va in Justin Townes Earle. Perché, c'era qualcosa che non andava? Diranno i fans accaniti. Che sono tanti oltretutto, e qui so e di andare controcorrente, perché questo figlio d'arte ha mietuto consensi ben al di là dell'orticello angusto e vetusto della country-roots-folk-oldstyle music che produce. E allora uno si chiede perché mai tra i nuovi ascoltatori "lui sì" e "altri no", visto che è difficile pensare a qualcosa di più "classic" e adult-oriented della sua musica. E soprattutto noi, che su queste pagine la sua musica la mastichiamo quotidianamente, recensione dopo recensione abbiamo sempre evidenziato che il ragazzo ci sa fare, "è bravo", ma…appunto…c'è sempre un ma e un non so. Nothing's Gonna Change The Way You Feel About Me Now, oltre a rispondere ai nostri dubbi fin dal titolo (sarò maligno, ma mi suona come un se qualunque cosa io faccia non vi farà cambiare idea, allora beccatevi ancora sta minestra riscaldata!), ci aiuta anche a finire la frase. Ma. Non so.

E allora ecco cosa c'è: c'è che Justin Townes Earle è freddo. Tranquilli, forse la colpa è di quelli della mia generazione, nati vedendo il padre sputare sangue e sudore su ogni nota che ha prodotto, o quel Townes Van Zandt, di cui lui porta pure il nome, piangere per ogni parola scritta, e non ci fa piacere sapere che la loro tradizione viene poi ripresa da uno che canta ogni singola canzone con compostezza e precisione, ma anche con un trasporto pari allo zero. Pare uno che registra le canzoni pensando che alla fine della session di registrazione deve correre al bar a farsi l'aperitivo con gli amici. Non so. Poi magari mi viene anche da pensare positivo, e realizzo che, grazie a lui, a nuove piccole schiere di giovani ascoltatori arrivano i fiati soul di Look The Other Way, o un bell'honky-tonk blues da balera come Baby's Got A Bad Idea. Insomma, si studiano l'ABC del buon american-songwriter. E me lo vedo il giovane strafottente che mi fa notare che Lyle Lovett fa lo stesso identico disco da anni, e se vogliamo con maggior impostazione e freddezza (e aggiungiamoci che è pure più brutto) ma…appunto…non so…Lovett quando swinga pigramente ti fa sentire a casa al caldo, Justin quando country-jazzeggia con stile in Lower East Side ti lascia in maniche corte in mezzo ad una strada.

Manca il cuore in mano che sanguina, mancano le palle, manca l'anima. Ci sono invece i suoni molto black-oriented creati dal produttore Skylar Wilson (la nerissima Memphis in The Rain è guardacaso uno dei brani più interessanti), il bel violino di Amanda Shires (che dona profondità alla piatta Won't Be The Last Time). Non so, forse sono io che mi sbaglio, sono io che penso che un artista al quinto album dovrebbe essere ancora nella fase in cui ribalta le sue canzoni con cattiveria, sperimentando e magari anche sbagliando. Non so, sarà che per me il rock and roll, inteso come filosofia di far musica, è un'altra cosa rispetto a questo compitino. Queste probabilmente sono le altre storie...


   


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