File Under:folk
for old rockers di
Nicola Gervasini (30/05/2012)
David
Scarpe, vice presidente della Island, sognava una bella promozione nel 2009 quando
mise sotto contratto Tom Jones, e probabilmente già si vedeva su una spiaggia
a godersi le stock options mentre la radiolina mandava in onda la Sex Bomb del
2010, quando capì di aver preso una grande fregatura. La storia dice che non appena
sentì i demo di Praise
And Blame mandò una e-mail minatoria ai suoi uomini con un perentorio
"fermate subito questo progetto o ridatemi i miei soldi, spero sia uno stupido
scherzo". Invece Tom non scherzava affatto: Praise And Blame, una serie di azzeccate
cover prodotte con gusto rootsy da Ethan Johns, è stato il suo disco più applaudito
e solo sulla carta uno dei meno venduti della sua carriera, visto che l'onda lunga
dei complimenti lo ha portato faticosamente ad una certificazione come disco d'oro.
E se allora quel disco fu poi dirottato su un etichetta di nicchia come
la Lost Highway, è significativo che oggi la Island abbia deciso di riprendersi
la distribuzione di Spirit in The Room, secondo capitolo della nuova
saga di questo simpatico gallese di 72 anni. Al quale vanno i complimenti non
solo per il coraggio della scelta, ma anche per l'immensa classe con cui la sta
portando avanti. Perché Spirit in The Room è ancora meglio del suo predecessore,
ha una vena gospel in meno, ma vira più verso un folk alla American Recordings
di Cash o alla Neil Diamond sotto cura Rick Rubin, senza però eccedere in forzata
essenzialità. Al contrario presenta una serie di accurati e per nulla semplici
arrangiamenti (basta anche solo il piano alla Nick Cave di All
Blues Hail Mary di Joe Henry come esempio) che confermano Ethan Johns
come uno dei produttori sicuramente più validi sulla scena. Più interessante anche
la scelta del repertorio, che volge sì verso i soliti noti, ma esaltandone il
songbook più recente. Così vengono passate in rassegna la nuovissima Bad
As Me di Tom Waits, una Love And Blessings
dell'ultimo (abbastanza ignorato) Paul Simon, un Paul McCartney del
2009 (I Want To Come Home), e, se decidete di comprarvi la deluxe edition,
eccovi servito anche un Dylan degli anni 2000 con When
The Deal Goes Down.
Spazio ridotto quindi per i classici (una
Tower Of Song di Cohen da brividi e una
Dimming of The Day di Richard Thompson comunque convincente), solo una strizzatina
d'occhio alle nuove generazioni (una Charlie Darwin
dei Low Anthem decisamente azzeccata) e per il resto standard iper-noti come Soul
Of A Man di Blind Willie Johnson o recuperi del primo folk femminile
con Hit or Miss di Odetta e Traveling Shoes
di Vera Hall Ward. Non c'è una nota fuori posto o una interpretazione che non
sia meno che sentita, il limite di base resta ovviamente quello di qualsiasi cover-record,
ma trattandosi di un vocalist e non di un autore, il discorso qui viene meno.
Il futuro del rock - se mai ne esiste uno - di certo non passa di qui, ma intanto
questo Tom Jones in stato di grazia rende il presente decisamente più sopportabile.