File Under:book-rock
di
Nicola Gervasini (12/10/2012)
La
dipartita di Jason Isbell dai Drive-By Truckers non è stata affatto indolore.
Se Brighter From Creation's Dark nel 2009 aveva dato questa illusione, il seguito
ha evidenziato come l'assenza di uno degli elementi portanti del gruppo (oltretutto
già titolare di una carriera solista decisamente al di sopra dell'ultima fase
del gruppo) stia pesando sul lungo periodo. Corretta dunque la mossa di Patterson
Hood di rinverdire una mai troppo sviluppata storia solista (due album di
abbozzati esperimenti casalinghi) per riordinare le idee in assenza di compagni
che si erano forse fatti troppo ingombranti. Perché potrebbe essere proprio l'eccessiva
democrazia che vige nella band il suo nuovo tallone d'Achille, visto che una volta
libero di esprimere il proprio songwriting in solitaria, Hood ha riacquistato
freschezza e voglia di lavorare con più attenzione agli arrangiamenti.
Heat
Lightning Rumbles in the Distance nasce concettualmente da un abortito
progetto letterario dello stesso Hood, non certo nuovo a verbose carrellate di
letteratura americana con accompagnamento di rock sudista. Il pretesto è raccontare
i suoi turbolenti anni 90, quando essere una "rockstar" era lontano dai suoi progetti
e la realtà era fatta di amici poi persi per strada, donne abbandonate per troppo
bisogno di solitudine e ambiti famigliari tutt'altro che accomodanti. Passare
attraverso questi dodici brani senza un libretto dei testi alla mano vuol dire
perdersi il senso di tutto, ma stavolta fortunatamente Patterson non si è perso
nei meandri dei suoi dolorosi ricordi e ha lavorato bene anche in studio di registrazione,
nonostante la scelta di una presuntuosa auto-produzione (ma il lungo elenco di
tecnici e aiutanti da l'idea che abbia chiesto aiuto alle persone giuste "visti"
gli ottimi suoni dell'album). Alla fine quella in studio non è altro che un'edizione
rimaneggiata dei Drive-By Truckers, con le tastiere di Jay Gonzalez a farla da
padrone assieme al violino di Scott Danbom dei Centro-Matic e l'immancabile pedal-steel
di John Neff.
I brani sono generalmente lenti, dove alla ricerca della
melodia di Leaving Time o Disappear
fanno da contraltare i suoi classici brani/racconto come Depression
Era o After The Damage. Anche l'unico
brano che esula dal racconto (Come Back Little Star,
scritta e cantata con Kelly Hogan) alla fine si amalgama perfettamente nel plot,
visto che l'omaggio a Vic Chesnutt del testo rende bene l'idea di come gli anni
90 abbiano riscoperto quella vena malinconica e intimista (che costituisce la
caratteristica principale di questo album) proprio grazie a personaggi come lo
sfortunato cantautore di Athens. Ma Betty Ford,
straordinario affresco dedicato alla first lady che traghettò l'America fuori
dalle paludi del Vietnam (scomparsa lo scorso anno), è esattamente uno di quei
piccoli gioielli di new-indie-southern-rock che continuiamo imperterriti a cercare
nei dischi dei Truckers. E sapere che ne sa scrivere ancora consola moltissimo.