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alt.contry, country-soul di
Yuri Susanna (01/08/2012)
Forse
è solo una percezione ingannevole, ma quello attuale ci pare di nuovo un buon
momento per l'alt.country. O per quello che ne resta, nelle sue incerte derive
dentro un decennio ancora più frammentato di quello che l'ha preceduto. MC
Taylor non è il nuovo ragazzo in città, ha fatto in tempo ad acchiappare per
la coda gli anni d'oro del movimento con i Court & Spark di San Francisco (ottimo
il loro Bless You, anno domini 2001), per poi fare le valigie verso la Carolina
del Nord, laurearsi in antropologia e andare a nascondersi dietro la sigla Hiss
Golden Messenger, continuando saltuariamente a collaborare con l'ex collega
nei Court & Spark Scott Hirsch, anch'egli transfuga ma in quel di Brooklyn. "Nascondersi"
è la parola giusta, visto che dei 4 dischi messi insieme finora, nessuno ha avuto
- prima di questo - una distribuzione regolare.
Stavolta il destino ha
voluto che William Tyler dei Lambchop segnalasse Poor Moon - uscito
in tiratura limitata di 500 copie in vinile lo scorso novembre - alla Tompkins
Square, etichetta specializzata in bluegrass e old time, che l'ha ripubblicato
degnamente a fine primavera. Non che la proposta di Hiss Golden Messenger rientri
nella categoria old time: le canzoni di Poor Moon hanno l'indolenza sorniona e
laid-back dei primi dischi di JJ Cale (Call Him Daylight),
la flemma british degli album di Richard & Linda Thompson (Super
Blue), l'intenso afflato panamericano della Band (Westering,
l'invocazione di O Little Light). Anche -
ascoltate gli scrosci di pioggia su cui scivolano le canzoni nella parte centrale
- il gusto scenografico di Mickey Newbury. Al disco partecipano 16 musicisti,
tra cui il solito Hirsch con le sue varie chitarre: non si può dire che Taylor
si sia risparmiato nel curare e dare senso ai dettagli (e troviamo viole, violini,
banjo, pump organ, pedal steel, anche un sassofono...). In contrasto con un orizzonte
musicale rilassato - immaginate un tramonto sbirciato da una sedia a dondolo nel
patio - le storie di Taylor schizzano caratteri in bilico sul baratro della dannazione,
tracciano la traiettoria di una ricerca spirituale che anela alle stelle ma non
riesce a liberarsi del fango. L'apice lirico è, da questo punto di vista, Jesus
Shot Me in the Head: "He loves us all but the ones who fall hold a
chosen place in his ranks/least I hope this is how it goes/cause I'm just 'bout
out of breath/So hey everyone did you hear the news?/Jesus shot me in the head."
Molto "sudista", questo immaginario apparenta la Weltanschauung di Hiss
Golden Messenger a quella di altri consumati peccatori, come David Eugene Edwards.
Ma, invece delle tessiture gotiche dei 16 Horsepower o di Wowen Hand, qua abbiamo
una musica che respinge le tinte fosche e paga i suoi debiti alla Californa dei
'70 (l'assolata Drummer Down, la riflessiva,
jacksonbrowniana Under All the Land) e al soul di Curtis Mayfield e Al
Green (Blue Country Mystic). La Tompkins Square
c'ha visto lungo, il disco ha fatto girare il nome di Hiss Golden Messenger in
ambienti impensati, sono arrivate recensioni positive anche dai templi della stampa
"di tendenza" (e i complimenti di David Bowie, pensa te). Non vorremmo quindi
farci fregare sotto gli occhi questo piccolo miracolo country-rock dal primo indie-snob
che passa, no? Questa è roba nostra: ed è una delle sorprese dell'anno.