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rock, folk di
Marco Restelli (19/07/2012)
Ci
sono artisti che iniziano il loro percorso lanciati da una canzone radiofonica
di livello mondiale, una major come casa discografica, un album trainato da un
paio di ulteriori singoli più o meno di buon livello, per poi veder lentamente
svanire la gloria mediatica negli anni successivi e perdersi nel dimenticatoio,
mantenendo magari solo quel pubblico più affezionato che ne giustifichi l'appellativo
"di culto". La storia di Sophie B. Hawkins, di origini newyorkesi, certamente
appartiene a questa categoria, avendo letteralmente sfondato nel 1992 con il singolo
pop Damn I Wish I Was Your Lover (oggi riproposto in una versione acustica
rallentata), e con il suo album d'esordio Tongues and Tails che conteneva una
bella cover di I Want You, di Bob Dylan e contribuì a regalargli una nomination
ai Grammy. Seguirono altri due cd con la Columbia (Sony), di buona qualità ma
dal riscontro commerciale progressivamente in calando, fino all'inevitabile passaggio
ad una etichetta indipendente nel 2004 (l'intrigante e difficilmente reperibile
Wilderness); dopo di che il silenzio totale, fino ad oggi.
È facile che
questo lungo vuoto temporale che ha portato alla gestazione di The Crossing
sia verosimilmente dovuto al fatto che la musica della nostra Sophie è sempre
stata autobiografica e forse lei desiderava maggiormente vivere la propria vita,
piuttosto che sforzarsi di raccontarla. Nonostante lo iato, esiste un fil rouge
che in qualche modo unisce la sua intera discografia, e la parola che a mio avviso
riesce meglio a definirlo è: "sensualità". Infatti, nelle sue canzoni, spesso
ricche di riferimenti erotici indirizzati a delle donne - non ha mai nascosto
la propria orgogliosa omosessualità - l'elemento chiave resta l'ammirazione estasiata
per la bellezza, sia della natura che del corpo, nonché l'esaltazione dei gesti
dell'amore più carnale (si pensi alle molto espliciteYour Tongue Like the Sun in My Mouth e 32 lines, entrambe
dall'album Timbre). In questo nuovo lavoro la cantautrice non si smentisce, dipingendo
come dei quadri le sue emozioni (belle a proposito anche le sue tele a olio, con
le quali ama arricchire il lay out del libretto) e, nel farlo, utilizza tutti
gli svariati "pennelli musicali" che da anni porta nella valigetta, primo fra
tutti le ballate melodiche.
L'emblema di quanto sopra è ben sintetizzato
in The Land, The Sea and The Sky, incantevole
mid-tempo concepita come vero e proprio inno di ringraziamento per il posto in
cui l'artista vive ora, ma sopratutto per quello da cui proviene. Decisamente
frequenti i pezzi low-tempo fra i quali spiccano Missing
(lacerante richiamo a un vecchio amore del tempo che fu) impreziosito dal suono
di una tromba che ne acuisce la profonda intimità, Life
is a River, ma soprattutto Miles Away
(dolce nostalgia per un amore lontano, accompagnato dal suono di un piano veramente
da brividi). Con un piacevole accenno di blues, in Heart
and Soul of a Woman da una parte ed il desiderio di maternità delicatamente
evocato in A Child dall'altra, la Hawkins
finisce di puntellare al meglio il suo ritorno, che piacerà a chi la ama per il
suo stile così diretto e pieno di sanguigna passione. Chi si aspetta di trovare,
invece, qualche hit da classifica senz'anima e ben confezionata, lasci stare The
Crossing e si butti su qualche altro nome sfornato dalla industria discografica
moderna, sempre pronta ad accontentare i gusti del popolo sovrano.