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modern folk di
Fabio Cerbone (18/01/2012)
Ani
DiFranco riparte da un mondo a soqquadro e da un'America in rivolta con una
domanda perentoria: da che parte stai? Which Side Are
You On? recupera e rivede, riscrivendo in parte il testo originale,
un traditional entrato di diritto nella storia della canzone politica e civile
americana, quei versi scritti da Florence Reece nel 1932 all'indomani della durissima
battaglia dei minatori nella contea di Harlan, Kentucky, passata alla stroia come
uno degli atti di repressione più duri operati dal governo americano in combutta
con la potente lobby dell'industria mineraria. Brano divulgato nel tempo da Pete
Seeger, oggi lo ritroviamo nella veste cruda, elettrica che Ani imbastisce, colorandolo
però di tonalità bluesy nell'uso dei fiati, riportandoci alle marce funararie
di New Orleans. Il banjo del vegliardo Pete - la bellezza di novantadue anni -
è presente al fianco della protagonista, per un brano che è un piccolo capolavoro
di rivelazioni, dalla tradizione al presente. Naturale pensare che la scelta di
intitolare lo stesso album partendo da questa canzone sia anche un messaggio preciso
dell'attuale corso dell'artista: la quale resta scomoda, sincera, "impegnata"
certo, ma mai risultando ordinaria.
Il rischio evidentemente è sempre
quello di anteporre le dichiarazioni, l'indignazione e le rimostranze prima della
musica. Non accade certo per Ani DiFranco, che dopo più di venti anni di carriera
e infiniti album indipendenti possiede ancora la forza per non scadere nella banalità
dei gesti. Ciò considerato, ¿Which Side Are You On? non è solamente
il segno dei tempi (dall'onda emotiva del movimento Occupy Wall Street alla crisi
economica alle imminenti elezioni americane), ma anche un disco complesso che
unisce la cantautrice politica da una parte e la donna Ani DiFranco dall'altra,
con il suo privato, la condizione familiare e la maturità. In questo senso probabilmente
l'album "soffre" di alti e bassi, di contraddizioni e umori musicali che sono
tuttavia il segno di come l'artista si sia presa i suoi rischi: ad una prima parte
generalmente intensa e vibrante, con le riflessioni personali di Life
Boat, il folk obliquo che le è proprio di Unworry,
il dolcissimo calypso di Splinter fino alla
irrinunciabile esposizione dei temi sulla sessualità di Promiscuity,
ballata che rilegge alla maniera dell'artista il talkin' blues, corrisponde poi
un finale che sembra un po' affievolirsi, non tanto nelle istanze, ma proprio
nella vitalità della musica, lì dove Hearse,
la lunga Amendment (tema: i diritti individuali
e le libertà personali, con riferimenti all'aborto) e Zoo
appaiono sbiadite nei colori.
Da questo punto di vista ¿Which Side Are
You On? sembra essere opera più "azzaradata" nel mix fra parole e musica dei pur
ottimi Reprieve e Red Letter Year e quando si rischia e ci si espone sono da mettere
nel conto le insicurezze e persino i passi falsi. Nell'insieme tuttavia è indiscutibile
che momenti intimi quali Albacore, le gradazioni
reggea che aprono J (sguardo alla decadenza
americana dalla sua vista "privilegiata" di New Orleans, dove vive da diverso
tempo) e ancora gli sbiechi rintocchi dei fiati in If
Yr Not (ancora nella direzione dell'amata Lousiana, e ricordiamo che
al disco partecipano fra gli altri Cyril e Ivan Neville) siano la prova provata
di un'ispirazione che ancora smuove l'artista, con lo sguardo rivolto alle emozioni.