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roots rock di
Fabio Cerbone (25/10/2013)
L'essere un po' ondivaghi e sempre pronti a sporgersi sull'orlo del precipizio
è stata la caratteristica che ha contrassegnato i Deer Tick fin dagli esordi:
band con suoni e background tutto sommato ben identificabili, dentro quella grande
tradizione di american rock'n'roll che guarda tanto alla lezione delle radici
quanto alla rabbia del punk, eppure desiderosi di spiazzare di disco in disco,
seguendo l'istinto anche a costo di prendere sonore cantonate. Era quello che
capitava al precedente Divine
Providence, album "sulla strada" che tra schiamazzi elettrici e rock
da bettola metteva in fila brani confusi e troppo rattoppati per confermare il
talento intravisto in Born on a Flag Day, a tutt'oggi il loro sforzo più coerente.
D'altronde John J. McCauley, songwriter e portavoce dei Deer Tick, non è personaggio
semplice da decifrare, spesso e volentieri deciso a gettarsi a capofitto in nuovi
progetti, dall'avventura criticamente apprezzata dei Middle Brother ai più sfuggenti
e riottosi Diamond Rugs.
Negativity, che nasce sotto la
cattiva stella di un matrimonio fallito, porta forse con sé una saggezza e una
malinconia di fondo che acquieta le pulsioni della band, risultando infine il
disco più adulto e ponderato della loro breve produzione. Il rock'n'roll dalla
spinta alcolica e roots si incontra con un romanticismo che sembra figlio del
migliore rock urbano degli anni Settanta, mettendo d'accordo Replacements, Uncle
Tupelo e Bruce Springsteen, gettando nel piatto anche inserti di fiati e melodici
intermezzi di pianoforte che addolciscono in parte quel canto sempre così straziato
tipico di McCauley. Lui parte lancinante e convinto in The
Rock, ma presto si alterna tra le pennellate sentimentali di Just
friends e un rock quadrato e ammiccante che in The
Curtain e The Dream in the Ditch
ricorda persino i migliori Soul Asylum e tutta quella scuola ignorata di rock'n'roll
band cresciute tra inferno e paradiso.
La
produzione di Steve Berlin (già coinvolto nel progetto Diamond Rugs) smussa
le asprezze e mette ordine e disciplina: i Deer Tick non hanno mai suonato così
"mainstream", offrendo il loro volto più riflessivo e aggraziato in ballate quali
Mr. Sticks e Mirror
Walls, tornando lentamente anche sui passi Americana del passato, tra
la graziosa In Our Time in duetto con Vanessa
Carlton e il finale folkie di Big House, sorprendendo di tanto in tanto
con l'impeto soul di Trash, i fiati curati
dall'ospite Mark Gonzalez. Ciò detto Negativity non manca di zigzagare e perdersi
tra gli stili come è consono per McCauley, qualche volta di graffiare, altre di
abbandonarsi ad un rock dal passo pesante (Pot of Gold, eccessiva in tutto),
ma è innegabile che il mood dell'album sia più inquieto e scuro del solito, lasciandosi
dietro la dolciastra nostalgia di una ballata quale Hey
Doll come segno del cambiamento.