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Bonnie 'Prince' Billy
The Purple Bird
[No Quarter/ Domino 2025]

Sulla rete: bonnieprincebilly.bandcamp.com

File Under: Will goes to Nashville


di Fabio Cerbone (01/02/2025)

Per chiunque abbia seguito con una certa attenzione la carriera di Will Oldham e della sua principale “maschera” musicale, quella di Bonnie 'Prince' Billy, il suo amore nei confronti della cosiddetta country music dell’età dell’oro non risulterà un fatto inedito. E dunque non rappresenterà neppure una sorpresa venire a conoscenza del nuovo viaggio compiuto a Nashville, dove le canzoni di The Purple Bird hanno preso forma con la complicità decisiva dell’amico produttore (musicista e ingegnere del suono) David Ferguson, insieme al quale Oldham intrattiene un rapporto di collaborazione costante da diversi anni.

A ulteriore dimostrazione di questa sensibilità basterebbe scavare nel passato della ricca, spesso labirintica produzione di Bonnie 'Prince' Billy per ricordare lo splendido (e alquanto incompreso all’epoca da chi amava il lato più “alternativo” del nostro protagonista) Sings Greatest Palace Music (2004), quando una parte del canzoniere dei Palace Brothers, prima apprezzata creatura dell’autore di Louisville, Kentucky, era riletta e stravolta proprio in chiave country rock extra-lusso, o ancora ripensare all’omaggio di Best Songwriter (2007), allor quando decideva di ripercorrere la figura leggendaria di Merle Haggard. The Purple Bird si inserisce perfettamente in questo percorso di corrispondenza di amorosi sensi con il linguaggio country, ma lo fa questa volta con materiale inedito e sulla spinta di una ritrovata vena compositiva, in particolare il ritorno di fiamma di I Made a Place.

Ferguson, che ha lavorato al fianco di Johnny Cash, ma ha anche presenziato al lancio di talenti come Sturgill Simpson e Tyler Childers, ha firmato insieme a Will Oldham sette dei complessivi dodoci episodi dell’album, e ulteriori brani sono stati condivisi con altri autori tra cui il giovane figlio di John Prine, Tommy, mentre in studio lo stesso produttore Ferguson si è premurato di rintracciare affermati turnisti di area roots come Stuart Duncan al violino, Russ Pahl alle chitarre, Steve Mackey al basso, Fred Eltringham alla batteria e il celebrato mandolinista e songwriter Tim O’Brien. Quest’ultimo è l’ospite che dà slancio al primo singolo Our Home, scelto in verità come chiusura della scaletta, un gioioso country rurale dall’afflato comunitario che insieme al valzer dai forti sapori irish tradizionali di Downstream, in coppia con la voce di una vecchia volpe come John Anderson, rendono bene l’idea che sostiene l’intero The Purple Bird.

Si tratta in tutto e per tutto un disco di Bonnie 'Prince' Billy, che adatta come un guanto la sua poetica al suono elegante e classico costruito da Ferguson e dalla band: è country rock d’eccellenza con addentellati folk, che anela fieramente nella voce (mai così perfetta nel ruolo) e con gusto sublime negli arrangiamenti alla stagione dei Settanta, a giganti come il citato Merle Haggard, Glen Campbell, Tom T Hall, certamente anche al Bob Dylan di Nashville Skyline. Un’ambientazione rurale ma al tempo stesso piena di finezze strumentali che esalta la scrittura insolitamente più solare, rappacificata e matura di Bonnie 'Prince' Billy, così come annuncia la dolcezza ricreata da chitarre, fiddle e voci (Brit Taylor e Adam Chaffin al fianco del protagonista) in Turned to Dust (Rolling On).

Tra la schiettezza di un suono amabilmente agreste e un’eleganza più affettata, The Purple Bird apre il suo cuore musicale: London May possiede un passo drammatico e volge alla catarsi del suo finale; Tonight With the Dogs I’m Sleeping e The Water’s Fine sono giocose filastrocche imbrattate da violini honky tonk e fiati southern; Guns Are For Cowards è in apparenza il momento più “scanzonato”, con il suo incedere bislacco da polka sul confine messicano, ma che in realtà nasconde un testo contro la violenza delle armi; mentre il soffice candore di One of These Days (I’m Gonna Spend the Whole Night With You) sembra uscire dalla penna del migliore Don Williams e Boise, Idaho è senza indugi la perla dell’album, quella che sfoggia la melodia più struggente. Il matrimonio non è dunque posticcio, perché Bonnie 'Prince' Billy a Nashville sa esattamente quali corde solleticare e dove invece non andare a infilarsi: se ne esce senza rinnegare il suo volto lirico ed etereo con Sometimes It’s Hard to Breathe, quello rabbuiato e dall’impronta dark folk nell’intensa Is My Living In Vain? e permettendosi persino una carezza da cantautorato soft primi anni Settanta con il languido dialogo di violino, piano e fiati in New Water.

Un campionario di abilità, conoscenza e affettuoso rispetto della materia trattata che molti presunti nuovi ambasciatori del verbo Americana neppure si sognerebbero di raggiungere in un’intera carriera.


    



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