Athens, Georgia
non si smentisce neppure questa volta, città musicale accogliente e “alternativa”
per eccellenza del rock americano, luogo ideale per far maturare talenti
in cerca di identità. È ciò che è accaduto anche a Spencer Thomas,
giunto qui nel 2020 dalla sua Jackson, Mississippi, dopo un girovagare
incerto che dalle iniziali avvisaglie soliste (Hanging Tough l’esordio
del 2019, in precedenza batterista e autore per la band locale Young Valley)
lo ha trascinato per mezza America prima che la pandemia bloccasse tour
e “carriera”.
Ci sono voluti tre anni per mettere insieme i pezzi del puzzle, solo dieci
canzoni in tutto, ma non c’è una tessera fuori posto in questo The
Joke of Life, dove tira aria di rock d’autore settantesco, lì
dove ballate da grandeur pianistica si incontrano con visioni elettriche
urbane, dove una scrittura pop raffinata si spalleggia con un atteggiamento
più irriverente e sopratutto dove un songwriting dallo sguardo ironico
sulle intemperie della vita si traduce in canzoni intelligenti, curate
nei dettagli sonori, evocando qualche nume tutelare ma senza mai scadere
in una replica senz’anima. Thomas riesce nel piccolo miracolo chiamando
in studio uno stuolo di musicisti non indifferenti, tutti figli di Athens
e dintorni, membri di My Morning Jacket, Drive-By Truckers, e di quei
Futurebirds, piccola sensazione cittadina con quattro dischi di studio
e svariati ep e live all’attivo, dei quali lo stesso Spencer fa parte
in qualità di tastierista.
Il protagonosta mena le danze, suonando di tutto e di più, gli altri lasciano
il loro gettone di presenza quando serve, soprattutto nella sezione ritmica,
in qualche chitarra assortista, pedal steel e violino, oppure un sax,
quello di Carl Broemel (My Morning Jacket) che colora di pioggia e strade
bagnate l’apertura della stessa Joke of Life,
biglietto da visita invidiabile che detta l’umore dell’album, nostalgia
e colpi bassi della vita che Spencer Thomas ribalta con un sorriso e un’alzata
di spalle. Da qualche parte Billy Joel gradisce, siamo pronti a scommetterci,
e con lui potremmo scomodare lo spirito di Warren Zevon, specialmente
quando il gioco si fa più spietato in Desperate
Man, un titolo che gli sarebbe piaciuto senz’altro, mentre
qualche chitarra più imbizzarita (Lars Hefner) prende al gancio tutta
la band, oppure ancora Randy Newman, quando si alza quell’aria da West
Coast adulta e agrodolce in Fake Rain,
una della ballate più riuscite dell’intero repertorio e tra le migliori
intepretazioni vocali di Thomas.
Perché il nostro ragazzo possiede anche la voce giusta, e quando non indovina
per forza la melodia vincente o esagera un poco con l’enfasi (ma non è
certamente il caso dei profumi americana che accarezzano Little Gold,
della maestosità rock sinfonica di Unwanted Son o delle irresistibili
leziosità pop di una Misty Eyes che chiude la scaletta con il santino
di Paul McCartney posato sul banco del mixer), riesce comunque a trasi
d’impaccio con sufficienti idee e stratificazioni sonore da tenere alta
l’attenzione: Always Never You è pop sofisticato e leggero al tempo
stesso, l’acustica (solo chitarra e sintetizzatore) Dream Lilac
svela il cuore del songwriter e How Come Heartbreak esattamente
il polo opposto, sfarzo pop rock con falsetto, piano e sax che ritornano
alla New York di Billy Joel.
Resta da dire soltanto di Woman Who Smokes Cigars,
canzone che fa storia a sé nella sua semplice bellezza pop che si colora
di sensibilità soul, raccontando di una notte alcolica a Decatur (in Georgia?
Vai a saperlo...) in cerca di un fugace incontro d’amore che faccia dimenticare
l’altra. Se, come ha dichiarato, la musica è per Spencer Thomas soprattutto
“un modo per difendere se stesso”, con The Joke of Life è riuscito
benissimo a restituirne tutta la forza e il gesto.